L'editoriale
giovedì 4 Settembre, 2025
Scuola prolungata, le obiezioni
di Maria Prodi
La domanda è: se non si vuole investire nulla nelle nuove generazioni, ma tenere a scuola bambini e maestre esausti, come possiamo pensare di affrontare il calo delle nascite?

Si sta facendo un’enorme confusione sulle scuole aperte a luglio. Alcune persone di scuola, per la verità, hanno spiegato con grande chiarezza le ragioni per cui la proposta di semplice prolungamento della scuola a luglio è inadeguata. Ma la proposta ha il sapore delle offerte speciali, paghi nove e due mesi in più te li regaliamo, e per l’opinione pubblica una promozione gratuita può sembrare imperdibile. Anche perché troppe famiglie si sentono strangolate fra i compiti di cura dei bambini e le esigenze lavorative.
E hanno ragione a chiedere soluzioni. Ma non al ribasso. Se «aperte» significa che gli edifici ospitano attività estive sono apertissime, già da ora. I centri estivi sono spesso ospitati negli edifici, nei giardini, negli spazi di pertinenza delle scuole. Se significa che si possa «fare scuola» fino a fine luglio (praticamente quasi due mesi in più rispetto al quadro attuale…) ricordiamoci alcune cose:
1) La scuola dell’obbligo è un obbligo. Salvo limitate e precise ragioni di salute o di accertata gravità la frequenza non è mai facoltativa. Quindi se la scuola si prolunga fino a fine luglio i bambini sono tenuti tutti ad essere presenti. Niente vacanze per nessuno. Neanche se i fratelli grandi che frequentano le medie o le superiori sono liberi dai primi di giugno.
2) La scuola integra anche momenti ludici e ricreativi, ma è centrata sugli apprendimenti. La progettualità è comunque finalizzata alla crescita delle competenze e anche gli aspetti più giocosi sono programmati, finalizzati, valutati. La scuola è un lavoro, per chi insegna e per chi studia. Non a caso quasi ovunque coinvolge circa 200 giorni effettivi all’anno. Di più i bambini non reggono. È vero che nelle scuole si fanno attività estive: da noi è appena finita la settimana di musica e matematica finanziata dal Pnrr, oltre a recuperi, sostegni, settimane linguistiche, percorsi vari. Ma sono attività su base volontaria, e limitate nel tempo.
3) Si potrebbe pensare a due mesi di scuola «vacanziera» come prolungamento dei mesi precedenti di scuola «seria». Provate ad immaginare, sul vostro posto di lavoro, con gli stessi capi e gli stessi dipendenti, nove mesi di lavoro e due mesi di briscola o freccette. Bene, se voi pensate di riuscirci sappiate che ai vostri bambini non sarebbe possibile. Le relazioni, i luoghi, i rituali della classe sono definiti ed esigono dal bambino uno sforzo di adattamento (a volte anche molto faticoso) non facilmente reversibile. I comportamenti, gli orari, la concentrazione tipici del contesto scolastico non possono essere attivati, disattivati, riattivati a comando, con l’insegnante che, dismessa la maschera da docente che si rimetterà a settembre, si trasforma in animatore o intrattenitore.
4) Ognuno faccia il suo mestiere. Osservo con grande gioia i giochi che gli educatori si inventano negli spazi verdi e nella palestra della nostra scuola. Nei giorni di pioggia anche nelle classi. La relazione con i bambini è allegra, ludica, da fratelli maggiori, non certo da insegnanti. Farei fatica a vedere quel tipo di fisicità, di leggerezza, di relazionalità un po’ da capo scout con le maestre. E non perché all’occorrenza non sappiano inventarsi giochi, danze, canti, uscite nella natura, recitazione… Ma perché la vacanza ed il lavoro hanno bisogno di approcci diversi, e possibilmente di relazioni diverse. Fra l’altro alcuni animatori sono volontari, ma ci sono anche posti di lavoro e formazione on the job per talenti da non sottovalutare. Cancellarli è certo un risparmio, ma impoverisce molto l’esperienza dei bambini oltre a togliere posti di lavoro a ragazze e ragazzi preparati ed entusiasti.
5) Qualcuno che la scuola la conosce poco insiste con il calo di competenze che si verifica nella pausa estiva. Certo, dopo due mesi di giochi qualcosa si è scordato. Bene lo sanno gli insegnanti che a settembre rinfrescano molti contenuti dell’anno precedente. Ma qualcosa si è anche guadagnato se le vacanze sono state ricche di belle esperienze. E a volte molto è maturato anche nella noia…
Ma se il tema è una diversa distribuzione dei 200 giorni non si tratta di un semplice prolungamento fino a fine luglio. Le due cose non coincidono affatto.
I miei nipotini in Baviera sono andati a scuola tutto luglio. Rientreranno a scuola dopo un mese e mezzo di vacanze il 16 settembre. Però hanno avuto vacanza la prima metà di giugno e prima ancora una settimana in autunno, due settimane a Natale, qualche giorno a marzo, dieci giorni a Pasqua. Salvo che per due settimane in agosto la scuola ospiterà centri estivi gratuiti in cui si fanno attività all’aperto, sport, giochi, passeggiate, gite.
Alla fine negli altri grandi Paesi europei i giorni di scuola annuale sono più o meno come i nostri, ma distribuiti molto più nel corso dell’anno, e quindi meno concentrati in estate. Ma ogni volta che la scuola si interrompe sono disponibili attività facoltative svolte con animatori.
Ma nessun tentativo serio di redistribuire il calendario scolastico è stato fatto in questi anni. Come ho più volte scritto anche diversificando le vacanze da Regione a Regione e diminuendo le stagioni morte del turismo ne guadagnerebbero tutti. Ma bisognerebbe investire nelle aule per il ricambio d’aria associata a climatizzazione e neanche la lezione del Covid è bastata ad imporre il tema. La valanga di soldi del Pnrr per le scuole è stata indirizzata a tutt’altro.
6) Ma se nel terzo settore ci sono ottime risorse per offrire centri estivi (o meglio: centri-vacanza, magari da offrire durante tutte le pause dell’anno) e se le scuole sono disponibilissime a mettersi in gioco con le loro strutture quale è il problema? Il problema è che bisogna metterci un po’ di soldi e offrire buoni per coprire le spese dei centri estivi.
E allora la domanda è: se non si vuole investire nulla nelle nuove generazioni, ma tenere a scuola bambini e maestre esausti, come se fossero l’unica soluzione al problema della conciliazione famiglia-lavoro, come possiamo pensare di affrontare il futuro, che è già presente, di drammatico calo delle nascite? A cosa serve moltiplicare impianti e rotatorie se si desertifica la popolazione?
*Dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo del Primiero
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