Ambiente
mercoledì 3 Settembre, 2025
Al via la caccia in Trentino: si potrà sparare a 14 mila tra cervi, caprioli e camosci
di Massimo Furlani
Il presidente dei cacciatori Matteo Rensi: «Dati che confermano il buono stato di salute della fauna trentina»

Poco meno di seimila cacciatori (5.977) pronti alla caccia di 14mila ungulati. Sono questi alcuni dei numeri relativi all’imminente apertura della stagione venatoria 2025-2026 in Trentino, che da domenica prossima 7 settembre durerà fino a fine dicembre: «L’apertura effettiva in realtà è già stata fatta qualche settimana fa con il camoscio – spiega il presidente dell’Associazione cacciatori Matteo Rensi – Ma da sempre la data più attesa è quella da cui è possibile cacciare cervo e capriolo maschio. Il numero di aspiranti e di soci effettivi è incoraggiante, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due anni e tenendo conto che l’iter burocratico per il porto delle armi è piuttosto lungo e complicato da attraversare. La maggior parte delle domande viene dalle periferie piuttosto che dai centri urbani, segno che nel nostro territorio questa rimane una passione radicata». Sarà quindi permesso l’abbattimento di circa 14mila ungulati a fronte di una presenza complessiva di 75mila esemplari.
I numeri
Nello specifico sono stati assegnati per il prelievo 4.328 cervi su un totale di 12.400, 5.856 caprioli su 32mila, 3.622 camosci su 30.100 e 159 mufloni su 390: «Negli anni ’70 gli ungulati in provincia erano circa 22mila esemplari ripartiti fra le varie specie – osserva Rensi – Queste quote comunque non vengono mai raggiunte del tutto e logicamente non c’è nemmeno il rischio che vengano superate. Si tratta di dati riferiti alle 209 riserve comunali che evidenziano sia il buono status di salute della fauna trentina sia l’attenzione e responsabilità dimostrate da chi mette in atto la pratica venatoria nel nostro territorio. Il calcolo degli esemplari da prelevare viene sempre effettuato sui censimenti annuali proposti all’amministrazione provinciale, che evidenziano numeri non in linea con quelli delle regioni vicine perché di molto superiori. Questo può causare disturbi non indifferenti anche per le altre specie, pensiamo al fatto che in 50 anni la popolazione è diventata dieci volte più grande». Altro dato monitorato dall’associazione è anche quello relativo alla presenza del cinghiale, recentemente oggetto di una interrogazione della consigliera provinciale Eleonora Angeli che ipotizzava la possibilità di misure straordinarie da parte della Provincia per il contenimento: «Si tratta di una specie che crea disagi soprattutto al comparto agricolo la cui presenza è particolarmente diventata problematica nel periodo pandemico – prosegue il presidente – Dopo il picco di 969 abbattimenti nel 2021, siamo scesi ai 479 dell’anno scorso e attualmente, al primo settembre, il numero si attesta a 242 esemplari prelevati». Rensi sottolinea anche quello che è l’impegno dei cacciatori al di fuori dell’attività per il mantenimento degli habitat e delle zone montane: «Mediamente i nostri associati investono 3500 ore all’anno in volontariato per miglioramenti ambientali come la pulizia di boschi e sentieri per rendere questi spazi fruibili al meglio per tutti – prosegue – L’Associazione inoltre sostiene economicamente le varie riserve comunali per quanto riguarda l’affidamento dei lavori alle ditte esterne: ad oggi abbiamo stanziato oltre 600mila euro per questo tipo di iniziative».
«Lupi, servono i prelievi»
Tiene banco infine, a livello nazionale, la questione relativa al declassamento dello stato di tutela dei lupi, che permette ai paesi europei di intervenire per il contenimento del numero di esemplari. In Alto Adige, a inizio agosto, un esemplare è già stato abbattuto, e anche in Trentino la richiesta di un intervento è sempre maggiore, come testimonia il corteo della settimana scorsa in Valsugana che chiedeva alla Provincia di agire sul tema: «Il numero di lupi (circa 27 branchi in tutto il Trentino, ndr) è davvero importante per quello che è il nostro territorio – conclude Rensi – Lo evidenziano i continui episodi di aggressione ai greggi. È difficile parlare di specie in pericolo di estinzione: l’ultimo dato utile in ordine cronologico è vecchio di qualche anno e stimava sui 3500 esemplari presenti su tutto il territorio nazionale, un numero fra l’altro stimato a ribasso. Credo ci debba essere un intervento a fini di prelievo legato al controllo di una specie che è presente in maniera massiccia: non vedo criticità a proporre gli stessi meccanismi presenti per altri animali, ovviamente senza che questo pregiudichi lo stato di salute e la sopravvivenza della specie».