Il caso

sabato 26 Luglio, 2025

Inchiesta urbanistica, l’archistar Boeri si difende: «Sono un architetto, non un cementificatore. Il warning a Sala non era una minaccia»

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In un lungo post, il celebre professionista spiega di essere stato «oggetto di una violenta campagna diffamatoria»

«Amo questa città. Sono un architetto e non un ‘cementificatore’. E ho fiducia nel lavoro della magistratura». Lo ha scritto sui suoi social Stefano Boeri, l’archistar presidente della Triennale coinvolto nell’inchiesta sull’urbanistica. In un lungo post, Boeri spiega di essere stato «oggetto di una violenta campagna diffamatoria dovuta in particolare alla diffusione di una serie di frammenti decontestualizzati di miei messaggi privati, trasmessi agli organi di informazione prima che ai miei legali e al sottoscritto. Una situazione incresciosa, non nuova in Italia».

 

Boeri parla di una situazione incresciosa che «sull’onda di un processo mediatico trasforma in colpevole chi, come nel mio caso, è semplicemente coinvolto in un’indagine preliminare». Il padre del Bosco verticale (foto) spiega in questi giorni di non aver voluto rilasciare dichiarazioni per la convinzione che «l’unica sede di un qualsiasi processo giudiziario debba essere il Tribunale». Però ha deciso di intervenire perché «mi sono reso conto che questo mio silenzio ha lasciato spazio a troppi dubbi e malevole interpretazioni». «Su molti media, dei frammenti di miei messaggi sono stati infatti pubblicati e tra loro ‘montati’ – accusa – in modo pretestuoso, senza alcun riferimento al contesto in cui erano stati formulati, così da suggerire un’immagine totalmente distorta della mia vita professionale e della mia storia privata».

 

E quindi il “warning” che aveva fatto al sindaco di Milano Giuseppe Sala scrivendoglielo in un messaggio whatsapp «non era una minaccia, ma invece un vivo allarme per l’operato della Commissione Paesaggio del Comune, che continuava a bocciare il progetto della nostra ‘Torre Botanica’ adducendo ragioni che non avevano nulla a che vedere con i compiti attribuiti alla Commissione stessa. Aggiungo che il nostro progetto per via Pirelli 39, dopo un anno di incontri e accese discussioni, è stato approvato dalla Commissione solo dopo la sofferta rinuncia all’idea originale di ‘Torre Botanica’ (un’architettura sperimentale e avanzata a cui tenevo molto e che ritengo avrebbe offerto a Milano un importante riconoscimento internazionale) e la presentazione di un progetto sostanzialmente diverso».

 

«Non serve all’Italia la demolizione di un modello, quello milanese, di governo della complessità urbana». L’archistar, assessore alla Cultura della città dal 2011 al 2013, ha ammesso che «certamente oggi serve una più incisiva politica di redistribuzione delle ricchezze che Milano attrae e troppo spesso concentra in spazi e ambienti ristretti ed esclusivi». «Ma certo – ha aggiunto -, al netto di una opportuna indagine su eventuali illegalità, non serve all’Italia la demolizione di un modello, quello milanese, di governo della complessità urbana. Un modello che da almeno venticinque anni ha saputo produrre, grazie ad una serie di straordinarie accelerazioni, ricchezza per un intero Paese».