Terra Madre
venerdì 18 Luglio, 2025
L’impatto della crisi climatica sul settore dell’energia: «Entro il 2070 produzione idroelettrica giù del 25%»
di Jacopo Mustaffi
I dati citati dal Rapporto sullo stato del clima in Trentino: cali significativi sia nel Brenta che nel Noce

I cambiamenti climatici influenzeranno profondamente sia la domanda che la produzione di energia. Oltre all’impatto sul fabbisogno legato all’aria condizionata (il T del 13 luglio), a preoccupare è anche il futuro dell’idroelettrico. Gli studi condotti sui bacini del Brenta e del Noce mostrano cali potenziali significativi: fino al 20% nel Brenta, più contenuti ma comunque rilevanti nel Noce. Questi alcuni dei dati citati dal Rapporto sullo stato del clima in Trentino, realizzato dall’Agenzia provinciale per la protezione ambientale.
Idroelettrico sotto pressione
La produzione idroelettrica, rischia di diventare meno affidabile. Le siccità estive, sempre più frequenti, e la crescente competizione per l’uso dell’acqua (soprattutto con l’agricoltura) ridurranno la disponibilità d’acqua nei mesi caldi. Al contrario, l’autunno e l’inverno potrebbero vedere un aumento dei deflussi grazie alla fusione dei ghiacciai, soprattutto nei bacini più piccoli ad alta quota. Nei bacini più ampi e a quote più basse, invece, si prevedono portate naturali in calo e, di conseguenza, una minore produzione.
Il Piano energetico ambientale provinciale (Peap) indica che nel breve periodo la domanda idrica per scopi idroelettrici resterà stabile, ma sul lungo termine – come mostrano le simulazioni del progetto OrientGate – si attendono cambiamenti importanti. Per i piccoli impianti, entro il 2070, si stima un calo del 20% nella produzione nel bacino del Brenta, più contenuta la riduzione prevista per il bacino del Noce, intorno al 10%, rispetto al periodo 1981-2010.
A livello stagionale, si prevede un aumento della produzione invernale, ma un calo marcato nelle altre stagioni, soprattutto in estate. Nel bacino del Brenta, dove manca la capacità di regolazione stagionale, la produzione estiva potrebbe diminuire fino al 50%.
Anche i grandi impianti subiranno cali tra il 20% e il 25% della produzione annua nel bacino del Noce, e di circa il 15% nel bacino del Brenta. Ma il Noce è più resiliente: grazie alle dighe di accumulo stagionale, riesce in parte a compensare i cali estivi. I maggiori afflussi invernali, tuttavia, non bastano a bilanciare completamente la perdita tra giugno e settembre.
Un caso simbolico è la centrale di Taio, in Val di Non, che sfrutta il lago di Santa Giustina, il principale invaso idroelettrico del Trentino. In un sistema energetico sempre più dominato da solare ed eolico, l’impianto potrebbe entrare in funzione soprattutto di notte, quando le altre fonti non producono. Per farlo serviranno nuove strategie e sistemi di accumulo in grado di gestire l’intermittenza.
Fotovoltaico: rischi e vantaggi
Anche il fotovoltaico è destinato a cambiare. Se da un lato la minor copertura nevosa in inverno può aumentare la produzione annua, dall’altro eventi estremi come grandinate, tempeste o vento forte potrebbero danneggiare gli impianti, causando costi di riparazione e interruzioni. Inoltre, le temperature troppo elevate riducono l’efficienza dei pannelli: un effetto controproducente proprio nei mesi in cui ce ne sarebbe più bisogno.
Quando si parla di energia, non bisogna dimenticare le infrastrutture. Linee elettriche, tralicci e cabine sono sempre più esposte ai fenomeni meteo estremi. Lo ha dimostrato la tempesta Vaia del 2018: le raffiche di vento abbatterono centinaia di alberi e tralicci, lasciando senza corrente decine di migliaia di utenti per giorni. Oggi, con eventi simili sempre più frequenti, queste criticità potrebbero diventare la norma. Come sottolinea il Rapporto sul clima, la gestione e la manutenzione della rete energetica saranno sempre più complesse e costose.
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