il caso
sabato 21 Giugno, 2025
Bimba grave dopo aver mangiato formaggio a latte crudo: tre indagati. Tra loro la sindaca di Coredo, Giuliana Cova
di Benedetta Centin
La Procura ha chiuso le indagini su acqua e formaggio contaminati: l'accusa è di lesioni e omissioni di atti d’ufficio e di commercio di sostanze alimentari contraffatte

Acqua e formaggio a latte crudo contaminati dal batterio dell’Escherichia coli e bimba trentina di poco più di due anni finita in ospedale a Padova in gravissime condizioni, dopo aver fatto tappa con i genitori in una malga di Coredo: la Procura di Trento, a distanza di due anni quasi esatti dalla terribile vicenda della piccola (era fine giugno 2023), ha chiuso le indagini preliminari a carico di tre indagati, e cioè Igor Rizzardi, in qualità di gestore della «Malga Nuova» di Coredo di Predaia, la sindaca Giuliana Cova e il suo predecessore, Paolo Forno, primo cittadino dal 2012 al 2020.
Le contestazioni
Il malgaro, che per gli inquirenti non avrebbe rispettato gli obblighi sulle condizioni igieniche e non avrebbe osservato il piano di autocontrollo aziendale Haccp, non procedendo a tutte le analisi sul latte, è accusato di lesioni personali colpose ai danni della bimba, la quale ora ha più di quattro anni ed è ancora in condizioni critiche. Risponde anche di commercio di sostanze alimentari nocive colposo, questo in riferimento alle caciotte a latte crudo risultate contaminate da ceppi batterici, alcune delle quali, prodotte il 17 e il 24 giugno 2023, proprio da quel determinato ceppo di Escherichia coli che ha fatto ammalare la bambina della sindrome emolitico-uremica (Seu). Per quanto non v’è prova certa che abbia consumato formaggio in malga. Per la verità la positività alla tossina era stata riscontrata anche nelle feci dei bovini (che avevano bevuto l’acqua), e non stupisce che anche il latte avesse carica batterica.
Per i restanti due indagati sono state invece contestate le ipotesi di omissione di atti d’ufficio e di commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate, delitti colposi contro la salute pubblica, in merito alle verifiche e analisi non fatte eseguire sulla qualità dell’acqua e ai mancati lavori di ristrutturazioni delle opere interessate alla sorgente «Presa Malga», da cui appunto «Malga Nuova» attinge l’acqua. Di fatto così avrebbero provocato – è la contestazione – la distribuzione di acqua non potabile, e della sorgente, e della malga stessa (in questo caso di acqua contaminata da germi patogeni ed Escherichia coli). Tutte ipotesi di reato dalle quali i tre avranno modo di difendersi. Il malgaro, assistito dall’avvocato Andrea de Bertolini, sindaca ed ex sindaco con i legali Monica Baggia la prima, Mirco Casari e Chiara Riello il secondo, ora avranno infatti venti giorni per farsi interrogare dal magistrato titolare dell’inchiesta, e cioè la pm Maria Colpani, o per depositare memorie difensive. Scaduto questo termine la pm potrà esercitare l’azione penale, formulando l’imputazione o sollecitando il rinvio a giudizio, così come anche l’archiviazione. «Va chiarita, dal punto di vista amministrativo, la competenza in campo al Comune sulla sorgente che era ad esclusivo servizio della malga, non si tratta di acquedotto» fa sapere l’avvocata Baggia che assiste la prima cittadina e che anticipa la necessità di fare le dovute precisazioni, di sgomberare il campo da possibili equivoci o malintesi. «Chiederò che la mia assistita venga sentita dalla pm e depositerò una memoria difensiva» ancora la legale.
Due anni di inchiesta
A fine anno saranno due anni di indagini, passate attraverso accertamenti delegati ai carabinieri del Nas, (Nucleo antisofisticazione e sanità), al sequestro di 450 tome in malga, e poi della sorgente «Presa Malga» che serve le strutture di montagna della zona (proprio per l’acqua di quella sorgente Cova, il 20 luglio 2021, aveva emesso un’ordinanza «contingibile ed urgente» per vietarne «l’utilizzo ai fini potabili»). Sono stati mesi e mesi di lavoro, da parte della Procura, che ha delegato tra l’altro analisi di laboratorio all’istituto zooprofilattico di Brescia e che ha «scomodato» anche l’Istituto superiore di Sanità di Roma. Ora si è arrivati a un primo, importante step, e cioè la chiusura delle indagini preliminari. Ma contestazioni e scenari di questo procedimento sono ancora suscettibili a cambiamenti.