l'inchiesta
giovedì 19 Giugno, 2025
Ictus non diagnosticato: l’Apss dovrà risarcire 2 milioni di euro
di Benedetta Centin
Querela ritirata ieri, si va verso il proscioglimento dei 5 medici indagati per lesioni gravissime a Rossella Nadalutti, 27 anni

Ictus «non diagnosticato», è destinato a chiudersi con un proscioglimento il procedimento penale a carico di cinque medici degli ospedali di Cles e Trento per i quali la Procura aveva chiesto il processo per l’ipotesi di lesioni personali colpose gravissime in ambito medico ai danni di Rossella Nadalutti, la 27enne di Cles che da agosto 2020 si trova quotidianamente ad affrontare le tremende conseguenze del presunto ritardo nella diagnosi. La trattativa sul risarcimento danni tra l’assicurazione dell’Azienda sanitaria e le parti civili è stata chiusa e l’offerta, della cifra di oltre due milioni di euro, è stata infatti accettata, tanto che ieri, in aula, davanti al giudice dell’udienza preliminare Gianmarco Giua, c’è stata la remissione di querela da parte di Rossella e dei suoi familiari, e cioè mamma Simonetta Tondon, papà Maurizio Tomasella e i due fratelli. Tutti, appunto, parti civili, assistite dall’avvocata Elena Valenti, che così sono uscite dal processo.
E senza più querela, in mancanza di condizioni di procedibilità, ecco che si arriverà presumibilmente alla chiusura del procedimento a carico dei cinque medici che avevano sempre respinto le accuse, assistiti dagli avvocati Roberto Bertuol, Claudio Failoni, Massimo Zanoni, Nicola Stolfi e Giuliano Valer. Imputati che quindi, c’è da aspettarsi, verranno prosciolti dal giudice nel corso della prossima udienza. E sarà la chiusura di un procedimento passato attraverso un incidente probatorio, consulenze di parte e una perizia, con la conclusione che solo il comportamento di un sanitario fosse «censurabile», mentre la gestione del caso dal 22 agosto fino alle dimissioni della giovane paziente non mostrasse «alcuna criticità».
I sintomi, la diagnosi
La giovane Rossella Nadalutti è rimasta parzialmente paralizzata a seguito dell’ictus che l’ha colpita ad agosto di cinque anni fa. Era esattamente il 21 agosto del 2020 quando si è presentata con i suoi all’ospedale di Cles con «formicolii, mal di testa e un dolore (e rumore) enorme all’orecchio sinistro». Ma secondo gli inquirenti quei problemi neurologici per i medici sarebbero stati di natura psichiatrica. E anche se trasferita a Trento per terapie e tac, la risposta arrivò solo il 24 agosto, dalla risonanza magnetica. Da allora la ragazza è costretta su una sedia a rotelle, ad abbandonare la vita che sognava e che si stava costruendo, prima con la scuola per interpreti a Trieste, poi con l’università a Manchester, dove stava per recarsi quasi cinque anni fa, per frequentare le lezioni e insegnare l’italiano agli inglesi. «Mia figlia Rossella è del tutto delusa» fa sapere mamma Simonetta Tondon che riferisce le parole della 27enne. «Nessuno dei medici si è mai fatto vivo finora con me, loro almeno continueranno ad avere la loro vita sociale, io invece rimarrò in carrozzina per il resto della vita, accompagnata da mamma e papà. Mi hanno strappato la vita, questa vita è chiedere la carità» quanto sostiene la giovane per il tramite della mamma.
«Basta, siamo stanchi»
Simonetta Tondon non fa mistero del suo stato d’animo, che è anche quello dei suoi familiari, gravati da tempo dal peso emotivo, ma anche economico della situazione. Determinati a lasciare il Trentino una volta incassato il risarcimento dell’Apss. Denaro, i poco più di due milioni di euro, «di fatto già speso — fa sapere la donna — Servirà a pagare i debiti che abbiamo, le spese legali e la consulenza medica, così come il furgone da attrezzare per gli spostamenti di Rossella, e la casa, un’umile casa adeguata alle necessità di mia figlia, così da garantirle un futuro. Ma per questo dovremo andarcene dal Trentino. Non possiamo permettercela qui visto i costi, troppo alti. I soldi che avanziamo? Rimarrà davvero poco, briciole..». Simonetta Tondon è esausta, delusa, avvilita. «Siamo stanchi, stanchi mentalmente, abbiamo combattuto abbastanza — chiosa la donna — Rossella è reclusa da quattro anni in casa e non ha diritto alla fisioterapia a domicilio, quanto agli assistenti sociali sono spariti da due anni. E nonostante gli appelli non hanno voluto trovare soluzioni per lei, sul fronte delle cure, ma anche di un alloggio adeguato per le sue necessità, noi che abitiamo in affitto in un’abitazione al terzo piano privo di ascensore. La Provincia una casa l’aveva individuata, peccato che gli spazi non fossero a misura per Rossella, nemmeno ci entrava in bagno, con la carrozzina». L’amarezza è tanta, per mamma Simonetta Tondon, che ora lascia. Pronta a trasferirsi in Friuli Venezia Giulia, di dove è originaria. E con lei tutta la famiglia. «Qui, evidentemente, non siamo i benvenuti. Chiudiamo tutto e andiamo via — dichiara, risoluta — Abbiamo già pagato abbastanza su tutti i fronti. Ora basta».
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