l'intervista
mercoledì 12 Novembre, 2025
Violenze e razzismo in campo, Grassi (Figc): «In arrivo un decalogo di comportamenti»
di Andrea Scalet
ll presidente della Federazione trentina: «Serve rispetto. Ora un incontro con le società e i giocatori coinvolti»
Dopo i fattacci che hanno contraddistinto la domenica del calcio locale, la Figc trentina con il presidente Stefano Grassi esprime rammarico, ma anche un invito a riflettere. Lo sport non può essere terreno di sfogo, bensì luogo di crescita e condivisione.
Grassi, quello che sta accadendo è un campanello d’allarme?
«Ogni volta che accadono fatti del genere è un colpo per tutti. Ma non possiamo trasformare casi isolati in un’immagine complessiva negativa. Il nostro è un movimento da oltre diecimila tesserati, sano nella sua essenza, ma dentro il quale esistono anche fragilità e comportamenti da correggere. Il punto non è nascondere i problemi, ma affrontarli con responsabilità e coerenza».
Cosa sta facendo la Figc trentina per contrastare queste derive?
«Il tema del comportamento è al centro del nostro lavoro da tempo. Il 27 ottobre, nella riunione di Consulta con dirigenti e presidenti delle società, il primo argomento trattato è stato proprio questo, il rispetto. Abbiamo chiesto a chi guida le società di essere parte attiva, di trasmettere il messaggio giusto, di educare attraverso l’esempio. Non basta rimproverare i ragazzi la domenica se durante la settimana non si lavora sui comportamenti, non si costruisce nulla. Per questo abbiamo chiesto di coinvolgere anche i genitori, che devono essere parte della soluzione».
Ha parlato di un documento comune, di cosa si tratta?
«Nei prossimi giorni presenteremo un documento che raccoglierà principi e regole di comportamento validi per tutte le società trentine. Non è un’iniziativa improvvisata, non ci siamo svegliati solo adesso. Già due anni fa avevamo inviato una lettera alle società, e poi ancora lo scorso anno, su questi temi. Ora vogliamo fare un passo in più, creando un modello comune. È un modo per dire che il rispetto non è un accessorio, ma una condizione di base per chi vuole far parte del calcio».
Come vi state muovendo in questo momento?
«Lunedì scorso abbiamo incontrato le società insieme al settore giovanile scolastico, proprio per impostare un lavoro tecnico ma anche comportamentale. Ogni società deve considerarsi un’agenzia educativa. Il calcio non può supplire a tutte le carenze del contesto familiare o sociale, ma deve contribuire a formare persone equilibrate e consapevoli. Non basta insegnare la tecnica. Bisogna insegnare come si sta in campo e come si sta con gli altri».
Torniamo al caso Alta Giudicarie–Gardolo. Come si comporterà la Federazione?
«Ho parlato con entrambi i presidenti (Oreste Bonazza dell’Alta Giudicarie e Corrado Paolazzi del Gardolo, ndr) che non erano presenti alla gara di domenica. Si sono già sentiti tra loro. Entrambi mi hanno chiesto di organizzare un incontro congiunto, che faremo, ma solo dopo la decisione del Giudice sportivo. Questo per rispetto delle procedure e delle istituzioni».
Nello specifico a cosa servirà?
«Non si tratta di puntare il dito, ma di riflettere insieme. Mi fa piacere che ci sia questa volontà di confronto. Se da un episodio del genere nascerà un momento di crescita, allora sarà servito a qualcosa. Saranno presenti i due presidenti, gli allenatori e i ragazzi coinvolti».
Come sta il calcio trentino, vista la gravità di alcuni comunicati e delle comunicazioni del Giudice sportivo?
«Sta bene, ma non può accontentarsi. Non dobbiamo pensare che il nostro movimento sia in crisi, ma neppure ignorare le situazioni da migliorare. Il nostro compito è educare, non punire. E lo possiamo fare solo con la coerenza, con la presenza e con la responsabilità: un lavoro quotidiano, che richiede pazienza e visione».
Che direzione deve prendere il calcio in Trentino?
«Il calcio deve tornare a essere un linguaggio di rispetto, inclusione e confronto. È un impegno che riguarda tutti. Dirigenti, allenatori, genitori, ragazzi. Solo se sapremo dare il buon esempio, potremo davvero dire di aver vinto la partita più importante, quella dell’educazione».
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