Il racconto

sabato 19 Luglio, 2025

Stava quarant’anni dopo: cinque alberghi a quattro stelle e prati in pieno sfalcio nel luogo della tragedia

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Reportage dove tutto è cominciato e tutto è finito. Nel giorno di Mattarella chi sfalcia e chi visita il museo

Stava, dove tutto è cominciato. Il presidente Mattarella è appena andato via dopo aver sostato sul cimitero di San Leonardo, a Tesero, giù nella valle. Dove tutto è finito.

A Pozzole, sull’ampio prato appena sotto il sito dove fino alle 12.23 del 19 luglio del 1985 c’erano i due terrapieni, le due discariche della miniera di Prestavèl, Luca Zeni, 58 anni, sta girando il fieno col trattore. Quarant’anni fa perse la mamma, Elvira Vaia che aveva compiuto 56 anni il 14 luglio; la sorella Giuliana (1959); i fratelli: Enrico (1960); Lorenzo (1963) e Massimiliano (1972). Non sono mai stati trovati. Luca Zeni si è salvato perché il 19 luglio di quarant’anni fa «ero giù a Tesero a fare il fieno assieme a mio zio». Anche due sorelle scamparono alla morte, impegnate altrove. «Eravamo in sette tra fratelli e sorelle», sospira.

 

Oggi Luca Zeni conduce il «Ranch El Zerilo», alleva cavalli, ha una scuola di maneggio. No, non è giù a Tesero perché gli animali non conoscono anniversari, feste o lutti. «La visita del presidente Mattarella? Sì, dai, se può servire a ricordare. A tenere desta la memoria. Chi ha avuto i morti, quelli non te li restituisce nessuno».

 

Stava, il villaggio che fu, con i prati per la fienagione, le baite e i tre piccoli alberghi (Erika, Stava e Miramonti) spazzati via dal fango e dai detriti, negli anni è diventato un centro turistico di pregio. Cinque alberghi, in luogo dei tre, tutti a 4 stelle. Ieri era giorno di cambio, ospiti in partenza, turisti in arrivo.

L’anniversario del disastro?
Qualcuno, alla reception del BergHotel Miramonti si informa più che altro sulla strada alternativa per scendere nel fondovalle: fino a mezzogiorno, questa la vulgata, a Tesero è tutto bloccato per la visita di Mattarella.
Tarcisio Borghesi, 65 anni, di Castel Bolognese, arrivato a Stava con il passaparola degli amici, racconta di ciò che accadde giusto 40 anni fa ha saputo in albergo. «Ho avuto qualche informazione, ma sono arrivato qui per caso».

Stefano Mich, 32 anni, contitolare con i fratelli del BergHotel dice che «la gente chiede, qualcuno ne ha sentito parlare; tanti visitano il museo poco sopra il nostro hotel. Qualche cliente stamattina è sceso a Tesero per la cerimonia commemorativa».
No, non c’è più un «turismo della strage» quello che, nei primi anni, aveva portato perfino a viaggi organizzati, come accadde con il disastro della funivia del Cermis. «Ogni settimana organizziamo per gli ospiti una visita guidata ai luoghi legati alla sciagura, su a Pozzole e alla miniera di fluorite di Prestavel».

 

Che lo stigma di Stava sia stato superato e rimosso lo dicono le prenotazioni alberghiere. «L’hotel è pieno, luglio e agosto non ci possiamo lamentare. Poi stiamo realizzando un nuovo albergo, giù a Lago di Tesero, un cinque-stelle che sarà pronto fra due anni. Si chiamerà AlbergHotel Diamantidi».

«C’è Mattarella?»
Un ciclista entra nel bar «Stradivari» di fianco al centro di documentazione di «Stava 1985»: «Viene qua il presidente, oggi?». «Se n’è già andato». Se ne va pure lui, deluso, senza pendere nemmeno un caffè. «Sarebbe stato bello se il presidente Mattarella fosse venuto anche qui», dice Manuela, alla cassa del locale.

«Importante ricordare»
Al centro di documentazione, aperto fino a mezzogiorno, una famiglia di turisti di Varese. Sara Broggi, la mamma, Davide Piccolo, il papà, e tre bambini: Anna, Tommaso e Jacopo. Chiedono informazioni, si aggirano tra i cartelloni e le gigantografie di quello che fu, di ciò che fa memoria. «È importante che non si dimentichi, perché tutto quanto è accaduto non abbia a ripetersi», osservano. «Se in questo la visita del presidente può servire, bene che sia arrivato anche se sono passati tanti anni. Peccato solo che non abbia fatto sosta anche qui».

Nel centro-museo della sciagura, una frase pronunciata dal presidente Mattarella dieci anni fa, il 19 luglio, trentesimo anniversario: «Stava è il simbolo di un modo gravemente sbagliato di concepire l’attività economica, il profitto, il rapporto con l’ambiente, la valutazione dei rischi».

«Ricordo tutto»
A Pozzole, il geometra Michele Bianchi Bosisio, 59 anni, di Milano, sta montando una telecamera sotto il poggiolo di casa. Una villetta di fianco alla strada e alla prateria dove c’erano i due terrapieni crollati. «Vengo qui da una vita perché sono innamorato della val di Stava. Ho comprato un appartamento qui nel 2007. Quel 19 luglio di 40 anni fa ero qui. Ricordo tutto». Tra i suoi amici di Milano, quando dice loro che vive in val di Stava, che reazione suscita? «Nessuna. Stava non sanno dov’è. Conoscono la val di Fiemme, Stava no».

Lei non ha seguito la visita del presidente Mattarella in streaming, perché? «Mi fa piacere che il presidente sia arrivato a Tesero a portare una corona di fiori. Mi avrebbe fatto maggiormente piacere se avessero attribuito le responsabilità a chi le aveva. Ma qui entriamo in un altro campo, tipo il Vajont. Dove non ha pagato nessuno o hanno pagato poco in pochi».
Pozzole, val di Stava. Quarant’anni fa nell’ampio catino dei prati scucchiaiati dal fango e dal vento era rimasto in piedi un larice solo. Rinsecchito, con i rami protesi verso il cielo come un crocifisso. Quel larice fu tagliato anni dopo. Poi venne Vaia a radere al suolo migliaia di abeti sui costoni della montagna che fa da catino alla valle di Stava. A fare memoria di una natura che si ribella. Le cicatrici luccicano al sole di questo sabato 19 luglio 2025. Come le ferite di chi ha subito, di chi c’era e oggi si rammenta nella Spoon River sulla collina del cimitero di San Leonardo, giù a Tesero. Quarant’anni dopo. Era ieri.