la reazione
giovedì 29 Maggio, 2025
Prati, l’altra verità di due studentesse: «Accuse ingiuste all’istituto, è una scuola selettiva che va rispettata»
di Due studentesse del Prati
La risposta alla lettera di una collega: «Aspettative alte che non tutti possono soddisfare. La cultura non deve essere comoda»

Pubblichiamo la lettera firmata di due studentesse del liceo Prati che prendono spunto dalla posizione espressa sul T Quotidiano di martedì 27 da una loro collega.
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Scriviamo questa lettera per rispondere a ciò che è stato scritto dalla nostra compagna di scuola riguardo al liceo Prati.
Innanzitutto ci permettiamo di dire che scrivere una lettera ad un giornale per lamentarsi di dinamiche interne alla scuola ai nostri occhi è una cosa alquanto irrispettosa, dal momento che esistono delle rappresentanti di istituto e una preside che ascoltano le nostre problematiche e prima di tutto bisognerebbe rivolgersi a loro.
Pensiamo che sia una cosa ovvia che il Prati è una scuola con determinate aspettative, che oggettivamente e senza alcuna volontà di giudicare non possono essere raggiunte da tutti. Il ruolo del professore è quindi giustamente quello di dirti se la scuola fa per te o no, nel momento in cui si accorge che quegli obiettivi da te non possono essere raggiunti.
Concordiamo, ovviamente, che ci sia modo e modo di dire le cose, e ammettiamo di aver sentito di storie che ci hanno lasciate perplesse, ma come ne abbiamo sentite provenienti dal Prati ci è capitato di sentirne uguali dal liceo da Vinci o dal Galilei, per cui ci sembra sbagliato demonizzare così la nostra scuola. Pensiamo sia ovvio che i ragazzi del Prati abbiano una sensibilità diversa: arrivano dalle medie magari con delle preparazioni non adeguate e si ritrovano catapultati in una nuova realtà, in cui le richieste sono maggiori e in cui le performance si abbassano di livello, e probabilmente è questa la cosa che più ci fa soffrire, perché noi siamo le prima ad aver avuto vari momenti di sconforto. Ma da qui ad arrivare a dire che non veniamo ascoltati o addirittura che non siamo visti come persone ci sembra eccessivo.
E lo diciamo da ragazze che hanno ricevuto le loro batoste, ma che non si sono mai sentite in alcun modo umiliate da nessun professore. Non neghiamo ovviamente che qualcun altro possa aver vissuto un’esperienza diversa dalla nostra, anzi, ne abbiamo sentite di storie, che magari è stato trattato con superficialità e che non è riuscito a superarlo, ma non riusciamo a non dire la nostra. Abbiamo paura che ora la nostra scuola sia vista come un inferno, quando la nostra esperienza è stata l’esatto contrario. Troviamo profondamente scorretto che alcune scuole medie scoraggino i loro alunni dal scegliere questo percorso. Sembra quasi che la cultura oggi debba sempre essere comoda, «accessibile», «facile», e che chi decide di mettersi seriamente in gioco venga guardato con sospetto. Ma la verità è un’altra: chi parla male del nostro liceo, molto spesso non lo conosce affatto. Non siamo robot, né vittime. Siamo studentesse che hanno scelto un percorso difficile, e lo rifarebbero. Perché ci rende libere.
Per quanto riguarda l’ispezione che è stata fatta il mese scorso, innanzitutto ci permettiamo di dire che l’abbiamo trovata alquanto offensiva nei confronti di tutti, dal momento che nessuno sapeva a cosa sarebbero servite quelle informazioni. Per rispondere alla nostra compagna vorremmo sottolineare il fatto che gli studenti sono stati «interrogati» come lo sono stati gli insegnanti e la preside e che comunque noi non sappiamo come le loro risposte siano state utilizzate.
Ci sentiamo in dovere di prendere posizione, non solo per difendere un’istituzione che ci sta formando come persone e come cittadine, ma anche per dare voce a chi, come noi, crede profondamente nel valore di questa esperienza, nonostante (o forse grazie a) le sue difficoltà.
Nessuno nega che il Liceo Classico sia una scuola impegnativa. Anche noi abbiamo avuto giornate difficili, voti bassi che sembravano ingiusti, interrogazioni finite male e momenti di stanchezza mentale. È vero, i professori sono severi, pretendono molto e non fanno sconti. Ma non è forse anche questo il ruolo della scuola? Insegnarci a resistere, a migliorare, a superare i nostri limiti? Parlare di «follia» o «squilibrio» in riferimento ai docenti è non solo irrispettoso, ma anche fuorviante. Quelli che sono stati accusati sono, in realtà, persone appassionate, a volte eccentriche, sì, ma sempre guidate da una profonda dedizione verso l’insegnamento delle loro materie e verso noi studenti. Professori che vivono per il Prati e la sua storia, che tramandano di persona in persona la loro immensa passione. Ci spingono a pensare, a leggere il mondo con spirito critico, a non accontentarci delle risposte facili. Ci trattano da adulti, anche quando noi stessi non ci sentiamo tali. Nel nostro liceo si soffre talvolta, come in qualunque scuola seria. Ma si cresce. E nonostante tutto, anzi, proprio per tutto questo, noi siamo fiere di essere delle studentesse del liceo Prati. Perché il disagio che si prova davanti a una versione difficile o a una lezione che mette in crisi non è malessere: è crescita. Il Prati non è un comodo rifugio ma è una sfida ed è autentico come liceo proprio per questo. Chi vuole davvero cambiare la scuola, deve prima imparare a comprenderla. E noi, questa scuola, abbiamo imparato a rispettarla.
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