La storia
mercoledì 13 Dicembre, 2023
di Redazione
Nato in sordina con il passaparola, fermato dal Covid e poi rinato a fronte di un numero sempre maggiore di richieste e oggi strutturato con una facilitatrice linguistica e uno stuolo invidiabile di volontarie. Questo è il laboratorio – scuola non è il termine più indicato – che un gruppo di volontari ha messo in piedi per dare risposta a un problema oggettivo: la forte presenza di stranieri che, per un motivo o per l’altro, non sa una parola di italiano. E il fenomeno riguarda soprattutto le donne, magari arrivate da poco attraverso il ricongiungimento familiare o che non hanno mai avuto possibilità di integrazione con la nuova realtà. «A Mori – spiega Rita Passerini – questa esigenza è emersa in diverse occasioni, evidenziata magari dalle insegnanti delle scuole che trovavano grande difficoltà nel confrontarsi con mamme straniere sull’andamento dei propri figli.
E infatti le scuole sono i nostri principali “promotori”». Se gli uomini stranieri hanno più occasioni di imparare la lingua, al lavoro o in momenti sociali, per le donne che non lavorano è più difficile: eppure spesso sono loro che quotidianamente si devono confrontare con la commessa del negozio, col medico, col farmacista, con l’insegnante e la barriera linguistica impedisce anche l’integrazione: un semplice saluto alla vicina di casa diventa motivo di imbarazzo. I corsi – ce n’è uno base e uno un po’ più avanzato – sono momenti di incontro, si imparano le frasi di uso quotidiano, ma emergono alle volte anche situazioni difficili a cui si cerca di porre rimedio coinvolgendo eventualmente i servizi preposti.
«Qui abbiamo realtà molto diverse – spiega la facilitatrice Chiara Montanari – e non solo dal punto di vista geografico, visto che sono rappresentate 12 nazionalità da quattro continenti diversi, ma anche da quello formativa: abbiamo avuto persone laureate nel loro paese come altre del tutto analfabete. Di certo in tutti abbiamo notato lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di imparare la lingua per integrarsi nella società». Perché lo scopo del laboratorio di Mori è essenzialmente questo, diverso invece dal Centro Eda di formazione per adulti del don Milani di Rovereto dove invece si frequenta per ottenere certificazioni e diplomi utili sia per proseguire gli studi che per trovare lavoro.
Una realtà, quella di Mori, unica, partita da un sentimento genuino di offerta di aiuto e integrazione e diventata un servizio prezioso, colpevolmente non finanziata dalla Provincia, ma che trova la giusta attenzione in sponsor come Comune, Cassa rurale e anche qualche azienda privata.
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