La riflessione
domenica 29 Giugno, 2025
Lo psicologo Lancini: «Si vorrebbero istituti scolastici aperti 24 ore come i supermarket, ma il sistema non funziona»
di Gabriele Stanga
Secondo l'esperto serve una riforma di sistema: «Basta voti e materie singoli, si apra all’uso dell’AI»

«La domanda giusta non è se abbia senso tenere aperte le scuole anche d’estate ma se abbia senso un modello scolastico come quello che abbiamo oggi in Italia. Si parte dai bisogni degli adulti e si trascurano quelli dei ragazzi».
A dirlo è Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e professore universitario, presidente della fondazione Minotauro di Milano. Nel suo ultimo libro, “Chiamami adulto”, parte di una trilogia completata dai volumi precedenti “Sii te te stesso a modo mio” e “L’età tradita”, Lancini analizza proprio il tema della relazione tra adulti e adolescenti. Un tema importante tanto all’interno del contesto familiare quanto in contesti sociali più estesi, a cominciare dalla scuola. E proprio sulla rapporto tra scuola e famiglia e in particolar modo sulla possibilità di tenere le scuola aperte anche in estate, si in Trentino che a livello nazionale.
Lancini, secondo lei, la scuola oggi deve avere anche un ruolo di conciliazione o fermarsi a quello di luogo dell’istruzione?
«Secondo me oggi la scuola non è più né istruzione né conciliazione. Dopo la pandemia ha cominciato a circolare l’idea che avremmo ricostruito il Paese intorno alla scuola, tenendole aperte 24 ore al giorno, compresi Natale, Pasqua e Pasquetta, un po’ come se fosse un supermarket. Invece non ci accorgiamo che il sistema non funziona».
Non ci va leggero, insomma.
«Per come la vedo io, abbiamo una scuola con enormi problemi a far vivere la socializzazione ma non solo. Abbiamo una scuola che non fa le domande giuste, che non insegna ad usare l’intelligenza artificiale, che non aiuta a stare nel mondo attuale e a capire cosa vuol dire contrastare gli algoritmi. Ma soprattutto parte dai bisogni degli adulti e non tiene conto di quali sono i bisogni delle nuove generazioni».
E quali sono questi bisogni? Che scuola serve ai ragazzi?
«Una scuola che come dicevo educhi alla società online, con prove open internet e aperte all’uso dell’intelligenza artificiale ma anche una scuola scuola che parta dalle domande e si basi sull’interdiscilpinarità. Non ha più senso oggi avere la chimica o la fisica come materie avulse dalle altre, bisognerebbe smetterla di ragionare per singole materie e ragionare per macro aree di apprendimento. E poi non esiste più la necessità di fare valutazioni numeriche».
Basta voti, quindi?
«Che le scuole numeriche siano finite lo sanno tutti i presidi. Che senso ha bocciare alle medie ragazzi che magari hanno la madre in un centro antiviolenza e il padre in carcere o vengono da altri contesti complicati? Un sistema scolastico che dopo 13 giorni da bollini rossi e bollini neri fa passare la voglia di apprendere. Quindi tornando alla domanda iniziale, sappiamo stare dentro un’apertura estiva delle scuole? Io credo di no, se intendiamo la scuola come quella attuale».
C’è anche un problema di equità nella scuola italiana?
«Il gap di competenze in nome della competizione lo ha creato anche la scuola, che ha fallito come luogo di riscatto sociale. Chi vive in contesti sociali avvantaggiati va meglio di chi non ha la stessa opportunità. Bisognerebbe ragionare su un futuro più pazzo, su apprendimenti più pazzi. Ma se da domani qualcuno dicesse basta voti, usiamo l’intelligenza artificiale e mettiamo al centro le esigenze dei ragazzi, entro 48 ore dovrebbe ritirarsi dalla politica. La scuola italiana è fatta per l’interesse degli adulti».
Tra i giovani sono anche in aumento gli stati depressivi, quali sono le ragioni?
«Non sono tutti depressi ma molti sono tristi e angosciati. C’è un aumento della qualità del dolore. Questo perché vogliamo figli e studenti che non esprimano emozioni che ci disturbano. La nostre società non protegge i ragazzi dalle nuove emozioni ma gli chiede di non provarle. Rabbia, tristezza e paura sono vietate per paura che gli adulti non si sentano adeguati».