L'editoriale

lunedì 17 Aprile, 2023

Il morto nascosto

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Il dibattito sull'orsa Jj4 ha sovrastato la morte di Andrea Papi. E anche i media, che ora danno patenti, in questi anni hanno offerto una rappresentazione del tema poco significativa

Il tribunale amministrativo di Trento ha sospeso la sentenza di abbattimento dell’orsa Jj4 decretata dalla Provincia autonoma di Trento. Manca(va) il parere dell’Ispra, tutto rinviato all’11 maggio perché la giustizia non ha mai fretta. Però l’esemplare di orso bruno che ha ucciso Andrea Papi – “facendo l’orso” come sottolineano tutti – può essere catturato. E anche ucciso “nel caso di comprovato pericolo per il personale impiegato nelle operazioni per la sua cattura”, quasi l’indicazione di uno scenario da avverare. Intanto l’Ispra ha emesso il suo verdetto su Jj4 (ma non su M62, è in corso “un’attenta analisi tecnico-scientifica”). Gli animalisti, ovviamente, esultano perché la pronuncia del Tar riapre l’ipotesi di un viaggio all’estero dell’orsa rea di due aggressioni.
Nel frattempo in un’intervista sul Corriere della Sera Fulco Pratesi, fondatore del Wwf Italia, ricorda che da giovane era cacciatore e che smise dopo aver incrociato un’orsa con tre cuccioli. Poteva essere Jj4. Le grandi star dei salotti televisivi adempiono al loro ruolo sacerdotale dispensando scomuniche a politici, partiti, boschi, fiori e forestali perché la vita degli animali è inviolabile. E il fatto che godano di diritti è assolutamente sacrosanto per rimanere nel perimetro ecclesiale-televisivo. Del resto le sentenze che hanno protetto jj4 lo confermano ampiamente.
Nel racconto quotidiano, nella cronaca che si sussegue e nelle rappresentazioni l’orso ha preso il posto dell’unica vittima, il ragazzo di 26 anni che correva nel bosco dietro a casa e ha incontrato su una curva Jj4. Forse non aveva il campanellino, forse si è dimenticato di accovacciarsi. O forse l’incontro è stato talmente ravvicinato che l’abc della bibbia che stabilisce come comportarsi razionalmente non poteva dispensare consigli utili. Nell’arco dei giorni Andrea Papi è diventato un morto nascosto perché il discorso ha virato altrove.
Alessandro de Bertolini, nell’editoriale che pubblichiamo, attingendo alla sua esperienza di viaggiatore solitario in luoghi al limite dell’umano, rappresenta un’area come il Nord America dove la vastità dell’assenza umana riduce la possibilità di imbattersi nell’orso, ma anche di una cultura e di un rispetto consolidati. Gli abitanti sanno che le aggressioni mortali fanno parte della vita, sporadiche ma reali, e che la replica è la soppressione dell’orso. Non per vendetta, non è occhio per occhio e dente per dente. Sciocchezze. È solo per evitare che uccida di nuovo. de Bertolini conclude anche con un’affermazione che può sembrare un’ovvietà: tutti sanno che la presenza dell’orso mette in conto la possibilità di attacchi mortali. Chi ha promosso Life Ursus lo sapeva e quindi lo riteneva socialmente accettabile oppure era un ignorante. Quasi peggio. Poi possiamo disquisire – e facciamolo – a lungo se questo progetto sia stato accompagnato dalle istituzioni come meritava, con tutte le accortezze, le forme culturali e le dotazioni necessarie. Sicuramente no.
Il papà di Andrea Papi, Carlo, pretende delle scuse dalle istituzioni. Qualcuno, come l’ex presidente Lorenzo Dellai, si è preso in carico una parte di responsabilità anche se nei suoi mandati non è mai accaduto nulla. Però va ricordato che la stampa, i media in generale, chi sta scrivendo, hanno agito spesso emotivamente di fronte ad un ferimento. A difesa dell’orso, delle sue prerogative (ne ha, eccome, e anche riconosciute), simpatizzando con l’uno e con l’altro, Papillon in testa. Che non a caso l’ex ministro Costa ha umanizzato in un tentativo di sottrazione dal verdetto. Chiediamo le scuse sempre alla politica, ma non guardiamo mai a quello che avremmo potuto scrivere noi e che non abbiamo mai scritto.