la storia

giovedì 29 Maggio, 2025

Il fotografo Salgado e il sonno sul divano della «Printer» a Gardolo in attesa dei libri. «Pacato e sorridente, di una semplicità disarmante»

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Il ricordo del fondatore della stamperia di Trento Nord (tra le più importanti ed esclusive d’Europa), Dario Martinelli: «Per noi è stato un grande onore e aver stampato le sue opere»

L’inseparabile macchina fotografica costantemente al collo; il suo fare pacato, affabile, dispensando sorrisi e battute; e i sonnellini sul divano attendendo di vistare nuove pagine del suo libro nel reparto stampa, sempre con accanto la moglie Lélia Wanick, da tenere per mano a ogni passo, da cingere con un braccio alla vita. Sebastião Salgado, tra i più grandi fotografi sociali e ambientali contemporanei al mondo, morto il 23 maggio a Parigi a 81 anni, aveva fatto più volte tappa alla Printer Trento di Gardolo. Quella che ad oggi è tra le stamperie più importanti ed esclusive d’Europa, alla quale editori di fama mondiale come Taschen e Contrasto hanno affidato nel tempo la realizzazione dei prestigiosi volumi fotografici che hanno reso famoso ad ogni latitudine l’ex economista franco-brasiliano. A partire da «Children», poi «Otras Américas», «Exodus», ancora il più noto «Amazônia», anche in edizione speciale limitata, quindi «Workers», e quest’anno, «Ghiacciai», (di qui il nome della mostra al Mart di Rovereto e dell’esposizione al Muse di Trento). «Per noi è stato un grande onore aver conosciuto Salgado e aver stampato i suoi libri: è tra i nomi di cui vado più fiero tra i tanti personaggi famosi nel panorama internazionale che in oltre quarant’anni di attività hanno affidato a noi le loro opere da stampare» fa sapere Dario Martinelli, fondatore di Printer Trento, che ha potuto godere della compagnia del grande fotografo e della moglie Lélia anche al di fuori dall’azienda, in alcune cene, pure con il noto regista Wim Wenders e consorte.

 

«Salgado è, anzi devo purtroppo dire era, una persona mite, solare, alla mano. Di una semplicità disarmante. Dimostrava grande disponibilità e capacità di interagire con gli altri, anche per questo riusciva a portare l’interlocutore ad accettare la sua cultura, fosse un ministro, un artista o una persona qualunque. Una prerogativa, questa, di chi ha grande forza comunicativa» riferisce il numero uno di Printer Trento, realtà in continua espansione, con oltre sessanta dipendenti, che ha saputo distinguersi soprattutto all’estero dove ha sviluppato oltre il 90% del suo business. Un imprenditore lungimirante, Dario Martinelli, che può contare sulla continuità grazie al contributo dei figli Massimo, Valentino e Riccardo. Un self-made man che ha cominciato da ex dipendente, affittando con Gianni Girardi le attrezzature dell’Industria Grafica Atesina per cui avevano lavorato fino al 1979, alla messa in liquidazione. Due vite, quella di Martinelli e quella del famoso fotoreporter, con elementi in comune. «Non avrei saputo dare un’età a Salgado – spiega l’imprenditore – Ho scoperto poi che eravamo quasi coetanei, lui classe 1944, io ‘45, ed entrambi avevamo studiato dai Salesiani, per quanto in contesti diversi».

 

Un dialogo, il loro, che andava oltre il lavoro. «Mi aveva raccontato della fondazione costituita per ridare vita a una foresta di migliaia di ettari, nei luoghi della sua infanzia, in Brasile, e ci eravamo confrontati sul tema della riforestazione. Il Trentino? Piaceva molto a lui e alla moglie, erano stati a Riva passando per la Valle dei Laghi e mi aveva detto di essere rimasto colpito dall’aspetto del paesaggio che cambiava a ogni chilometro. Avevamo proposto loro anche un percorso in Paganella ma avevano rinunciato. “Troppo per la nostra età” avevano detto sorridendo». Perché di tempo, Salgado, ne ha passato allo stabilimento di via alle Ròste a Gardolo. L’ultima volta era il 2023, per dare alle stampe «Workers». Due anni prima, quando imperversava la pandemia, c’era stato addirittura due settimane di seguito, per la titanica «Amazônia».

 

E sembra proprio che il tempo non abbia sbiadito i ricordi, le sensazioni di chi allora aveva avuto a che fare con la coppia, di chi l’aveva incrociata tra corridoi e reparti, scambiandoci anche qualche parola, azzardandosi a chiedere un autografo, chi anche un selfie, al grande fotografo che non si era mai sottratto, che anzi si intratteneva in chiacchiere e battute con il personale. «Sì, è stato qui due settimane: il record di permanenza di un artista per la stessa opera – conferma Martinelli – E sì, capitava dormisse sul divano al primo piano attendendo di essere chiamato per vistare le nuove pagine che uscivano di volta in volta. Ricordo che Salgado scendeva le scale per andare alla macchina stampa con la moglie costantemente sotto braccio o per mano. Si accompagnavano sempre assieme, dimostrazione di affetto reciproco: una coppia nata per condividere qualunque cosa, lui attento a sottolineare che le foto scattate erano le sue, lei che decideva il percorso espositivo ed organizzava le ambientazioni». Sempre in simbiosi. «Salgado avrebbe potuto fare tutto da solo ma ci teneva che ciascuno, compresi gli stampatori, fossero partecipi alla realizzazione dei suoi lavori. Se c’erano da chiedere modifiche – riferisce Martinelli – lo faceva sempre con pacatezza e ogni qual volta lasciava l’area stampa si congratulava con i macchinisti che con lui decidevano le accortezze, le mosse, per rendere la stampa offset a cinque colori (non un semplice bianco e nero ndr) più attraente e pastosa possibile, creando così atmosfere diverse. Tutto per raggiungere l’effetto desiderato, per interpretare al meglio il risultato dell’opera come da suo volere. E la firma, a piè pagina, per il “si stampi”, era sempre di entrambi: di Salgado e consorte». Accanto a loro, nell’attento lavoro di visione e revisione delle pagine fresche di colore, sputate dall’imponente macchinario – quelle che venivano fatte scorrere nel grande leggio verticale creato per il maestro – c’era il caporeparto stampa Carlo Clementi. «Salgado? Ogni volta si mostrava pacato e sorridente. Un uomo che, era chiaro, andava a cercare le radici, le origini, in ogni contesto. Anche per questo l’ho sentito vicino a noi trentini e non mi sarebbe dispiaciuto fargli visitare la mia val di Cembra. Come si arrivava al visto stampa? Lui chiedeva alla moglie “allora firmi’?” e in caso affermativo faceva altrettanto. Se capitava invece che lei si soffermasse sulla pagina, Salgado le sorrideva e diceva “va bene così”, più che soddisfatto della qualità del lavoro».