l'intervista

sabato 31 Maggio, 2025

Disagio psicologico a scuola: in Trentino pazienti aumentati del 39%, Pizzini (Apss): «Al Prati un atto di coraggio degli studenti»

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Casi in aumento dal 2018, la psicoterapeuta e responsabile dell’Area adolescenza all’interno dell’Unità operativa di Psicologia dell’Azienda: «Questi ragazzi e ragazze non sono rammolliti»

Il caso dell’ispezione al liceo classico Prati di Trento ha acceso i riflettori non solo sulla scuola di via Santissima Trinità ma anche sul malessere vissuto da molti altri studenti in tutta la provincia. E infatti «dal 2018 al 2024 abbiamo registrato un aumento di nuovi pazienti del 39%», spiega Monia Pizzini, psicoterapeuta e responsabile dell’Area adolescenza all’interno dell’Unità operativa di Psicologia dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss).
In questi giorni è esploso il caso «Prati» con gli stessi studenti che hanno denunciato attraverso la stampa condizioni di disagio. Deve essere colto come un segnale di allarme?
«Gli studenti stanno segnalando un malessere all’interno dell’istituzione scolastica e sembra che stiano descrivendo una scuola prestazionale. Non includerei questa protesta nel disagio giovanile, mi sembra piuttosto un’esigenza di esprimere e un atto di coraggio. Ed è importante che gli studenti possano esprimere il loro pensiero critico, soprattutto in un’epoca in cui spesso ci affidiamo alla tecnologia per risolvere i problemi. Per noi adulti, invece, è cruciale intercettare e comprendere i segnali di disagio per intervenire precocemente per evitare che ci siano dei blocchi nello sviluppo, in particolare in questo periodo evolutivo che è l’adolescenza. Non dobbiamo polarizzare la questione: o i giovani non sono forti oppure è la scuola che non funziona».
Quali sono i principali segnali di disagio manifestati dagli adolescenti?
«Rileviamo aspetti di ansia sociale, difficoltà di confronto con i pari. Spesso gli adolescenti sono bloccati da un senso di vergogna o di inadeguatezza. Poi ci sono ragazzi che descrivono una scuola faticosa, con un elevato livello di complessità e con periodi caratterizzati da una maggiore pressione dal punto di vista delle valutazioni. C’è anche chi riporta reazioni ansiose e attacchi di panico al momento dell’interrogazione: se queste reazioni diventano troppo impattanti possono portare a evitare l’esperienza, quindi a ridurre la frequenza a scuola. C’è poi chi si trova più in difficoltà a investire nello studio. Ma l’aspetto principale è il senso di inadeguatezza legato alla prestazione, come se il voto diventasse un giudizio sul valore della persona, anziché sulla singola prestazione».
Negli ultimi anni avete registrato un incremento dei pazienti?
«Dal 2018 al 2024, nella fascia 13-18 anni, i dati evidenziano un aumento del 39% dei nuovi pazienti (773 solo nel 2024), che hanno beneficiato di un trattamento psicologico nei consultori familiari e negli ambulatori di Psicologia. L’incremento è più marcato nei consultori, anche a fronte di risorse dedicate (Progetto benessere adolescenti): da 54 nel 2018 sono diventati 141 nel 2024. I consultori in Trentino sono un servizio attrattivo per gli adolescenti perché lavora a livello preventivo. Anche i pazienti in carico evidenziano un trend in crescita: ciò significa che le prese in carico sono più lunghe. La popolazione femminile, in particolare, ha aumentato di molto la richiesta di aiuto psicologico (+52%)».
E nella fascia 19-25 anni?
«Si registra un aumento del 38,5% dei nuovi pazienti (da 400 nel 2018 a 554 nel 2024)».
Si è rilevato, nello specifico, un aumento di pazienti con attacchi di panico, ansia, forme depressive e autolesionismo?
«Sicuramente si osserva un aumento di queste forme di insofferenza, che sono modalità di esprimere il disagio internalizzanti. Noi adulti dobbiamo tener conto di questa modalità e pensare adeguate forme di prevenzione. Ci sono comunque anche forme esternalizzanti, dove la manifestazione del disagio avviene verso l’esterno con problemi comportamentali».
Quali sono le principali concause di questo disagio?
«Bisogna analizzare i cambiamenti sociali che influenzano gli adolescenti, le famiglie, e che modificano stili di vita, stili educativi e aspettative. Sicuramente la fragilità adolescenziale è strettamente legata alla fragilità adulta: siamo in un periodo in cui gli adulti faticano a identificarsi con gli adolescenti, ad accettarne le emozioni negative e gli insuccessi, e a comprenderne le modalità comunicative ed espressive. Dopodiché l’instabilità economica, i problemi ambientali e le guerre sono altri fattori che aumentano lo stress e incrementano il senso di incertezza, alimentando sfiducia e una visione negativa del domani».
Molti studenti sembra stiano dicendo: ascoltateci, guardateci, coinvolgeteci. Ragazzi fragili e lamentosi e improvvisamente rammolliti come qualcuno sta dicendo, o reale disagio su cui interrogarsi a più livelli?
«È semplicistico dire che sono rammolliti. Noi adulti dobbiamo avere uno sguardo protettivo e stimolante l’emancipazione. L’adolescenza è una fase cruciale per il processo di costruzione della personalità. Sì, dobbiamo interrogarci a più livelli. All’interno dell’Uo Psicologia ci stiamo interrogando su come sostenere al meglio gli adolescenti, su quali strumenti e servizi è importante potenziare per fare prevenzione e intercettare il disagio. Come sanità, invece, stiamo cercando di riflettere sul modulare i servizi in base ai disagi per far sì che siano più flessibili e multidisciplinari. Stiamo partecipando ai tavoli in Provincia sull’adolescenza complessa fortemente voluti dall’assessorato, dove ci sono sanità, servizio sociale, terzo settore, scuola e altri attori».
Qualcuno sta anche dicendo che il Prati è sempre stato una scuola severa, i ragazzi di oggi non sono più strutturati a reggere queste richieste?
«La società è completamente cambiata rispetto a quarant’anni fa. Dobbiamo ascoltare questi giovani. Perché dire che non sono strutturati? Guardiamo questo malessere e interroghiamoci, anziché fare paragoni con il passato».