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martedì 5 Settembre, 2023

Cresce l’Università di Trento: «40 nuovi docenti in 2 anni»

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In arrivo 12 milioni da Roma. Il direttore generale Pellacani: «Premiata la qualità». Nel 2023 altri 3 milioni per le maxi-assunzioni, Il dg: «Aree scientifiche ancora da individuare. Quota base? Aperto un tavolo con la Provincia»

In arrivo maxi assunzioni all’Università di Trento. Da qui al 2025 saranno assunti 40 nuovi docenti ricercatori. Le risorse arriveranno dal piano straordinario di reclutamento deciso dal ministero dell’Università e della Ricerca (Mur). Per l’ateneo trentino Roma ha stanziato 3 milioni sul Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) 2023. «È stata premiata la qualità della ricerca», spiega Alex Pellacani, direttore generale dell’Università di Trento.
Il piano straordinario era stato previsto nella prima e ultima legge finanziaria (2021) del governo Draghi, con la finalità di favorire il graduale raggiungimento degli standard europei riguardo il rapporto fra il numero di docenti (e del personale tecnico-amministrativo) e quello degli studenti. «La ripartizione dei fondi — spiega il dg Pellacani — avviene in base alla qualità scientifica, la qualità del personale reclutato e soprattutto in base agli esiti della valutazione della qualità della ricerca (Vqr). Noi figuriamo molto bene dagli esiti della Vqr e per questo motivo abbiamo ricevuto una quota importante di assunzioni: 40 nuovi docenti ricercatori». Le aree scientifiche devono essere ancora individuate. «L’ateneo dovrà decidere come gestire i finanziamenti e poi bandire i concorsi», aggiunge Pellacani. Le assunzioni dovranno essere completate entro il 2025, altrimenti si perde il finanziamento.
Il ministero dell’Università e della Ricerca ha stanziato mezzo miliardo in più sul Ffo 2023. Per Trento sono stati destinati 12,4 milioni di euro, 3 milioni in più rispetto all’anno precedente (+32%). E visto che l’ateneo trentino, a differenza delle altre università, riceve i fondi per il funzionamento delle attività, non dal ministero, ma dalla Provincia, la quasi totalità dei fondi stanziati riguarda il piano straordinario di reclutamento. Da un lato è una buona notizia per l’ateneo, perché le maxi assunzioni permettono di rafforzare la qualità dell’università, ma dall’altro lato «bisogna poi sostenerle queste assunzioni». «Il personale accademico — spiega il direttore generale dell’Università di Trento — è uno dei rari casi, insieme ai magistrati, per cui è previsto l’adeguamento automatico degli stipendi al costo della vita. Ecco il problema è che l’indicizzazione non è coperta da finanziamenti statali. E questo è un problema di quadratura del bilancio non marginale. Per il 2024 — prosegue — noi sappiamo già che dobbiamo riservare 2,8 milioni per l’adeguamento del costo del personale». Il problema non è affatto marginale, se si pensa che l’Università di Trento ha chiuso l’ultimo bilancio con una perdita di 4 milioni di euro.
Il buco di bilancio pone in realtà anche un’altra questione, sollevata nei mesi scorsi dal rettore Flavio Deflorian. Ossia l’adeguamento della quota base erogata dalla Provincia all’Università per le spese di finanziamento. La quota (111 milioni) è rimasta invariata negli ultimi dieci anni, cioè da quando Piazza Dante ha ottenuto la delega dallo Stato. «Su questo abbiamo aperto le interazioni con gli uffici competenti della Provincia — dice Pellacani — Quando furono fatti i conti per capire la componente di finanziamento ordinario si fece una fotografia del triennio 2007-2009, ma rispetto a quel triennio il mondo è cambiato. Ed è logico che se la Provincia ci chiede di aumentare studenti, offerta formativa e servizi, noi abbiamo bisogno di maggiori fondi. Questo sarà sicuramente uno dei temi principali con la prossima giunta provinciale. Dall’altra parte la stessa Provincia ha aperto una discussione più istituzionale con lo Stato per le compensazioni».