il diario

lunedì 8 Aprile, 2024

Allenarsi con niente, la Federazione ostile: «Non spederemo soldi per la squadra femminile». Il dilemma che torna: mollare

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Rabbia, tristezza e la voglia di mandare tutto all'aria. Ma da domani partirà una raccolta fondi per finanziare lo stage in Italia. La nuova puntata della rubrica di Alessandra Campedelli, allenatrice della nazionale del Pakistan

Ho passato la notte insonne. E ora, mentre scrivo, ho un fortissimo mal di testa.
Gli ultimi giorni sono stati davvero faticosi: sono accadute alcune cose che mi hanno fatta perdere la fiducia in questa Federazione. È vero, sono davvero poveri e non solo in termini di ‘quantità di risorse’, ma…sbagliando avevo avvertito di potermi fidare di loro…o forse un senso di compassione, mai positivo in questi ambienti…
Proprio come già successo in Iran…anche qui hanno trovato dei cavilli per non rispettare il mio contratto. Alla fine anche questa volta tornerò più povera in termini di ricchezze materiali…ma sicuramente arricchita sotto il profilo umano ed esperienziale.
Chissà se però stavolta, una volta tornata a casa, alla mia vita di tutti i giorni, riuscirò a considerare un errore da non ripetere ‘il provare a darmi da fare’ per provare a cambiare qualcosa ‘di sportivo’ all’interno di culture tanto distanti dalla mia. Che io stia lottando contro i mulini a vento?
Oltre a non rispettare i termini del contratto…credo stiano davvero tentando di farmi perdere l’entusiasmo.
Ma…ciò che ha veramente fatto traboccare il vaso…ciò che mi ha fatto perdere completamente la fiducia in loro è stato questo:
da un mese sto lavorando da qui con tanti amici italiani per riuscire ad organizzare un campus tecnico in Italia per questa nazionale. Da un mese sto mobilitando mari e monti in Italia per chiedere aiuto per ‘regalare un sogno’ a queste ragazze…e per permettere loro di vivere un’esperienza sportiva da cui poter imparare e da provare poi a riprodurre anche in Pakistan. Da un mese chiedo favori (che poi chiaramente in qualche modo mi sento in dovere di restituire) e preventivi…
Da un mese chiedo alle istituzioni di velocizzare tutto per darci la possibilità di stare nei tempi per la richiesta dei visti che qui in Pakistan è davvero molto complessa. E la federazione lo sapeva.
Sono stata anche all’ambasciata Italiana qui ad Islamabad per chiedere il loro aiuto per accelerare le pratiche per i visti…e la Federazione lo sapeva.
Il problema è che qui almeno metà delle ragazze non ha il passaporto e lo deve fare…ma non può fare il passaporto senza carta di identità …e la maggior parte di loro non ha nemmeno la carta di identità…
Da un mese sto provando a smuovere le montagne…per queste ragazze…per aiutare questa Federazione a crescere, per dare loro un modello e le idee sui cui porre le basi per ‘costruire’. E il nostro viaggio in Italia rappresenterebbe un mattoncino importante.
E la federazione lo sapeva.
Solo stanotte ricevo un messaggio dalla presidente di Empower sport Academy (la onlus americana che lavora per lo sviluppo della pallavolo femminile in Pakistan e più in generale per lo sport femminile nel Paese) dalla quale io sono stata contattata per questo incarico. Un messaggio in cui mi inoltra le parole del Presidente della Federazione: «Se volete andare in Italia dovete trovare voi gli sponsor anche per i biglietti aerei. Noi non spenderemo soldi per la squadra femminile».
Sono stata assalita da una fortissima nausea. E poi…credo di essere stata sotterrata da un pesante masso.
Che tristezza…che delusione…che rabbia quelle parole.
E dentro di me il solito frullato di domande: ma chi te lo ha fatto fare??? Perché ti sei fidata anche questa volta??? Perché hai accettato di tornare a lavorare in un Paese con una cultura spesso incomprensibile per te…e comunque con usanze e tradizioni tanto difficili da accettare…nonostante gli sforzi di comprendere?
Ecco…questo è uno dei momenti bui in cui mi sento tanto sola. E svuotata.
Meglio mollare tutto e tornarmene a casa…pur consapevole che scappare dai problemi non fa parte del mio modus operandi…e finire poi con la profonda insoddisfazione già provata per non aver portato a termine ciò che avevo promesso a queste ragazze…e a me stessa?
Meglio stare qui…provare a racimolare tutte le energie possibili…per provare a cambiare qualcosa…e a costruire un primo mattoncino…pur sapendo che la da Federazione non lo meriterebbe…ma solo per queste ragazze che si fidano e confidano in me? …e nel dubbio che quando me ne sarò tornata a casa…questo mattoncino, come accaduto in Iran, potrebbe essere facilmente e velocemente divelto?…
ma non nei cuori di queste ragazze e delle loro famiglie…non nei cuori dei miei due assistenti allenatori che pendono dalle mie labbra e confidano in me…
Questo è il dilemma…
Il dilemma che non mi permette di chiudere occhio…che, per come sono fatta io (ed è sicuramente un mio grosso difetto) non mi permette di apprezzare fino in fondo i toni di voce…gli sguardi… i miglioramenti…i sorrisi…e le vere risate che ci concediamo in palestra…
Non sto cercando comprensione …ne tantomeno compassione: ma nemmeno attacchi gratuiti come spesso accade da parte di chi, privo di empatia (e talvolta di cultura) sputa giudizi e sentenze senza conoscere. Sto solo cercando di rendervi partecipi di una situazione…della mia delusione nel constatare purtroppo che spesso le culture diverse provocano dolore anche senza esserne consapevoli…senza probabilmente volerlo…ma per la sola ragione di mettere in evidenza gigantesche incomprensioni, crepe e differenze difficilmente superabili… nonostante la buona volontà e nonostante il rispetto.
Una lezione importante per me. Un insegnamento da cui partire nella vita di tutti i giorni…e a scuola… una volta tornata in Italia.
Per ora mi prenderò il tempo per sbollire e per riflettere. Finalmente lunedì il mio compagno verrà a trovarmi e come sempre mi aiuterà a fare un ‘punto della situazione più oggettivo’… Come dice lui: «mai prendere decisioni importanti quando si è arrabbiati…o tristi…o delusi».
E comunque…domani partirà una raccolta fondi per tentare di trovare aiuto per i biglietti aerei. Non posso starmene a guardare: io non sono così. Io devo provarci.