la storia

martedì 30 Maggio, 2023

A piedi da Mori a Santiago: il viaggio di Marina lungo 2632 chilometri

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Sarta mancata, la venticinquenne ha deciso di intraprendere il lungo cammino partendo dalla frazione di Sano: «Ho realizzato il mio sogno»

È la rivoluzione del tempo che scorre lento in barba alle autostrade digitali, della solitudine come compagna di viaggio, della goccia continua che scava e va a toccare e rivitalizzare l’anima, dell’abbandonarsi al quotidiano, fatto anche di «no» e di porte chiuse. C’è qualcosa di ascetico nella scelta di una ragazza di 24 anni di mettersi uno zaino in spalla – tredici chili in tutto, tenda compresa – per raggiungere Santiago di Compostela. Vero, non ci sarebbe granché da stupirsi: ogni anno centinaia di migliaia di persone percorrono l’antico tragitto che porta i pellegrini nel capoluogo galiziano. E, detta proprio tutta, il fascino che un tempo accompagnava questo viaggio fisico e spirituale – solo 20 anni fa molto meno affollato di oggi – è stato un po’ annacquato dalla ricerca di performance sportive, dal servizio di trasporto bagagli e da comodissimi alberghi a quattro stelle che spesso hanno sostituito i vecchi ostelli dove convivono tra i letti a castello varie umanità.
Nella storia di Marina Colpo, sarta mancata e viaggiatrice quasi per caso, c’è un «però» piuttosto evidente a margine di questa premessa. Marina ha fissato il punto di partenza non a Saint-Jean-Pied-de-Port, tradizionale avvio del frequentatissimo cammino francese, ma nella piazza di Sano, di fronte all’ingresso della chiesa dedicata a Sant’Antonio Abate, fondatore del monachesimo cristiano. A salutare Marina nella minuscola frazione di Mori (più o meno 130 abitanti), non c’erano evidentemente le folle, ma mamma Antonella e papà Renzo. Era l’8 giugno dello scorso anno: di fronte a lei, il muro di 2.632 chilometri che separa appunto Sano di Mori da Santiago di Compostela. Non proprio due passi.
Così, la prima domanda è quasi obbligatoria: perché?

«Non avevo aspettative, giuro, se non quella di uscire dal loop della quotidianità. E non avevo neppure chissà quale predilezione per le lunghe camminate: io prendevo la macchina anche per fare i 500 metri che separavano casa dal supermercato – ammette Marina – però sin da bambina ho coltivato il sogno di fare il Cammino di Santiago».

Studi alle Canossiane, Marina ha abbandonato presto l’idea di dedicarsi alla sartoria. Il lavoro da Mc Donald’s alla stazione di Mori, qualche mese a Maastricht e poi a Liverpool, poi di nuovo in Olanda a rispolverare un inglese sbiadito dalla scarsa pratica:

«Ecco, è stato in quel momento, quando ero sulla via del ritorno dai Paesi Bassi, che ho deciso di partire». A sostenerla quello spirito d’avventura e di adattamento coltivato in tanti anni con la divisa scout.

Marina assicura che a spingerla, non almeno all’inizio, non c’è stato alcun afflato religioso.

«Non ci ho minimamente pensato, anzi. Però tre-quattro giorni prima di partire sono stata investita da un’inquietudine interiore che mi ha portato a pregare nella chiesa di Sano: mi sono rivolta a Dio e gli ho chiesto se davvero esiste…». Marina è certa che la risposta le sia arrivata poco dopo la partenza: «Ero a Torbole e ho incontrato una donna di una sessantina di anni. Le ho detto che stavo andando a Santiago, lei in lacrime mi ha raccontato la sua storia, una guarigione miracolosa avvenuta dopo un pellegrinaggio a Medjugorje. Mi ha donato il braccialetto che si portava dietro da quel viaggio in Bosnia».

Un viaggio di suo impegnativo, affrontato da sola e in tenda, in un’estate – quella del 2022 – torrida come non mai:

«Se fai quest’esperienza in gruppo, rischi di chiuderti in quel gruppo, di perderti la relazione con le altre persone: dopo questa esperienza, posso dire di avere una grande famiglia allargata in Italia e in Francia. Ho messo in pratica gli insegnamenti di Baden Powell: ho bussato alle parrocchie, ho sfruttato la rete scout per trovare un pezzo di prato dove mettere la mia tenda e usare il fornelletto, in cambio mi sono messa a disposizione per piccoli lavoretti da sarta, per le pulizie».

Tanti incontri, ma anche tante porte chiuse:

«È successo, sì, soprattutto con le canoniche. Ma c’è anche chi mi ha ospitato in casa, mi ha dato un letto, una doccia, un pasto. Anche per più giorni quando ho avuto bisogno di una pausa».

In Francia Marina ha seguito la Costa Azzurra, dove era più facile trovare un campeggio:

«Ma dopo dieci giorni ho detto basta, perché stavo perdendo quello spirito di servizio che aveva segnato la prima parte del cammino. Ho ricominciato a bussare alle porte delle canoniche ed è stato davvero sorprendente, perché dopo un po’ è iniziato il passaparola tra una parrocchia e l’altra e quando arrivavo a destinazione spesso trovavo già qualcuno ad accogliermi».

Ad Arles, quando ha incrociato il tracciato del Cammino di Santiago, è iniziata un’altra storia:

«Il “vero” cammino, quello delle porte su cui bussare, per certi versi si è concluso nella città provenzale. Poi è iniziata la via dei pellegrini, con i suoi ostelli. Altrettanto bello, ma diverso».

Il 7 ottobre del 2022 Marina è arrivata a Santiago, con gli ultimi cento chilometri percorsi – per scelta – in totale solitudine. Eri la stessa persona che aveva lasciato la piazza di Sano quattro mesi prima?

«No. Sono cambiata molto: mi sono ritrovata coraggiosa e costante, più mite e serena anche con chi mi sta accanto. E le persone che mi conoscono hanno percepito questo nuovo atteggiamento interiore».

E quella scintilla con il divino scoppiata nella chiesa di Sant’Antonio Abate?

«L’ho ritrovata, pregando spesso durante il Cammino, abbandonandomi a Dio. Di questi quattro mesi, ciò che più mi è rimasto è proprio l’esperienza spirituale. Ora, quando devo prendere una decisione, non penso solamente a me ma anche agli altri».

Hai capito cosa farai da grande dunque?

«Ho camminato molto da sola, una dimensione in cui mi sono trovata molto bene, serena. Ecco, in questi momenti non ho capito cosa voglio fare da grande. Ma ho capito ciò che voglio essere: coraggiosa, integra, aperta al prossimo. Questa esperienza mi ha anche aiutato ad avere il giusto rapporto con il denaro, ho capito che si può vivere con poco».

Mai avuto momenti di cedimento?

«Momenti di fatica, soprattutto mentale, ne ho avuti. Ma non mi sono mai detta: “Torna indietro”».

Altri viaggi, interiori e non, in agenda?

«Ora inizio la stagione estiva a San Valentino di Brentonico. In futuro vorrei andare in India, passare del tempo in un Ashram (luoghi di meditazione ndr), e visitare anche il Nepal e lo Sri Lanka».