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lunedì 8 Dicembre, 2025

Vitalizi: bocciato il ricorso di 17 consiglieri provinciali trentini: cosa dicono le motivazioni della Cassazione

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Per la suprema corte ci sono «esigenze di equità, ragionevolezza e contenimento della spesa pubblica»

Un’articolata ordinanza di 46 pagine: così la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha respinto il ricorso presentato da 17 ex componenti dell’Assemblea regionale che contestavano la richiesta di restituzione delle somme percepite a titolo di assegno vitalizio «attualizzato». Gli ermellini hanno tra l’altro condannato gli ex consiglieri «sconfitti» a pagare le spese.
Questa della Corte Suprema è stata l’ultima parola, quella definitiva, dopo che il tribunale civile di Trento aveva già rigettato le domande, rilevando come nelle more fosse intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in sede di merito. Una decisione, quella di primo grado, confermata poi dalla Corte d’Appello di Trento.

Ora la corposa ordinanza della Cassazione dopo più di dieci anni mette la parola fine sul lungo contenzioso intentato allora da una settantina di ex consiglieri regionali (divisi in tre gruppi) contro la legge 4 del 1994 che tagliava le famigerate attualizzazioni degli assegni vitalizi. Una legge che, aumentando la speranza di vita e migliorando il tasso di attualizzazione, aveva assicurato agli ex consiglieri degli assegni più che generosi.

Nello specifico la sentenza impugnata «dopo aver dato atto che il cumulo dei vitalizi era già stato limitato dall’ex articolo 4 della legge regionale del 1995 — si legge — escludeva la possibilità di riconoscere un affidamento tutelabile degli ex consiglieri in ordine alla conservazione “a vita” di un dato importo numerico dell’assegno erogato dalla Regione». Gli stessi giudici ricordano come la Corte Costituzionale avesse già ritenuto «prevalenti le necessità di risparmio in un contesto di crisi economica grave e in linea con interventi statali analoghi, individuando nell’intervento legislativo due obiettivi: equità e ragionevolezza da un lato e contenimento della spesa pubblica dall’altro». La finalità, scrive la Corte, è «perseguire il giusto equilibrio tra diritti della ricorrente e interessi della comunità».