il lutto

lunedì 1 Dicembre, 2025

Stroncato da un infarto a 37 anni, la madre di Gabriele Frizzera: «Trattori, ruspe e camion erano il suo mondo»

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Anna Maria ripercorre i momenti passati assieme al figlio ne racconta la storia: «Fin da piccolo era molto silenzioso ma un genitore non vuole vedere la realtà che può essere dolorosa. Poi la diagnosi»

Una vita piena e una dolcezza che ha lasciato un segno profondo nel cuore delle persone che lo hanno conosciuto. È questo il ricordo più autentico di Gabriele Frizzera, il trentaseienne che si è spento a Trento il 20 novembre, a seguito di un arresto cardiaco. Il prossimo 27 dicembre avrebbe compiuto 37 anni. La sua dolcezza e purezza hanno conquistato tantissime persone, che il giorno del funerale non sono volute mancare per dargli l’ultimo saluto. Il trentaseienne aveva una grande passione per i trattori, le ruspe e i camion» racconta mamma Anna Maria Casagrande. «Proprio l’ultimo giorno, la sera prima, mi ha chiesto il cellulare e io gli mettevo video dei trattori e delle ruspe. Era il suo mondo».

Gabriele era un ragazzo al quale, all’età di due anni e mezzo, è stato diagnosticato l’autismo. «Il mio primo figlio, Alberto» ricorda Anna Maria «da piccolo era un chiacchierone, Gabriele invece è stato fin dalla nascita molto silenzioso. Ho lasciato passare un po’ di tempo, qualcuno mi diceva: “Guarda che ognuno ha dei tempi per quanto riguarda il linguaggio”. Al tempo io lavoravo all’asilo nido e le mie colleghe che erano più lucide, perché un genitore probabilmente non vuol vedere la realtà che può essere dolorosa, si erano accorte che lui cercava di stare per conto proprio».

Da qui mamma Anna Maria e Gabriele hanno iniziato un percorso che ha portato alla diagnosi. Una risposta a quei dubbi che, però, è stata un’opportunità per tutti quelli che lo hanno accolto. «Ho avuto la fortuna di avere una maestra di sostegno alle elementari che era eccezionale, lei faceva vedere la presenza di Gabriele come un’opportunità, tanto che i bambini chiedevano di poter giocare con lui» ricorda Anna Maria. «Era visto come un premio. Le basi sono partite nella maniera migliore. Poi ho fatto sì che lui partecipasse a tutte le colonie e le opportunità, oltre che fargli frequentare la scuola».

Gabriele aveva studiato all’istituto d’arte, non tanto per il risultato, ma per l’importanza che ha lo stare a contatto con gli altri. In questi anni il giovane ha frequentato il centro Anfass, tutte le settimane saliva sul pulmino e andava a fare qualche attività. «Quella mattina Gabriele è partito, come sempre, con il pulmino» spiega Anna Maria, «Nel pomeriggio ho ricevuto una telefonata del centro che frequentava, dove venivo avvisata del fatto che era diventato pallido e sentivano un rumore dal respiro, così hanno chiamato la Croce Rossa che lo ha portato in ospedale. Non sappiamo se durante o all’arrivo al Pronto soccorso, Gabriele ha avuto un arresto cardiaco». Arrivata in Pronto soccorso, la famiglia ha ricevuto subito la notizia che la situazione era drammatica. «Ci hanno spiegato che quanto era accaduto, avrebbe creato qualche danno cerebrale e ci è stata prospettava l’ipotesi che in futuro che Gabriele potesse essere nutrito attraverso una cannuccia, un sondino, nella pancia e nella gola».

Nell’ultimo periodo il trentaseienne mangiava meno del solito, stava facendo dei controlli, ma non era stato trovato alcunché di sospetto dai medici. Quanto gli è accaduto rimane ancora avvolto in un’incertezza. E la famiglia ha scelto di non indagare oltre. «Non sappiamo niente e non ha importanza – conclude mamma Anna Maria – perché quello che conta, è ciò che Gabriele ha lasciato nei rapporti della sua vita, ha seminato tanto ed è quello che mi è ritornato, che ho vissuto io». Attorno a Gabriele e Anna Maria, ci sono sempre stati il fratello Alberto, che ricorda il loro rapporto «intenso anche se non c’era la parte verbale. Voleva sempre sapere come stessero i miei figli, i suoi nipoti». E poi, al fianco di Anna Maria, da qualche tempo c’è Albino Gasperetti, che con Gabriele aveva costruito un grande rapporto e che oggi, a distanza di quattordici anni, si trova a rivivere un nuovo, immenso dolore. «Mio figlio Andrea» ricorda «è morto nel 2011, dopo essere precipitato con la carrozzina elettrica mentre si trovava sulla strada sterrata che da passo Durone arriva a Malga Stabio. Mi sono buttato per salvarlo, ma non ce l’ho fatta. Aveva 26 anni. Questo è un dolore grande, anche per me».