Il protagonista
domenica 26 Ottobre, 2025
Alessandro Michieletto: «Restare in alto è più difficile che arrivarci» – la sfida infinita del talento della Trentino Volley
di Jacopo Mustaffi
Dopo la spedizione d’oro con la Nazionale italiana il laterale è pronto per una stagione da protagonista: «Contro l’Itas Trentino tutti daranno il massimo»
«Credo che noi sportivi viviamo di sfide. Restare in alto è difficile, forse più difficile che arrivarci, perché sai che tutti proveranno a farti scendere». Gli stimoli, però, non mancano mai: «Ogni stagione porta nuovi obiettivi». E come dargli torto. Alessandro Michieletto, il wonder boy della Trentino Volley, ha fatto della crescita costante la propria cifra. Da quando nel 2019 ha esordito in Superlega, il talento trentino non ha mai smesso di superare se stesso: 187 punti al primo anno, 477 al secondo, 587 al terzo, 590 al quarto e ben 671 nella scorsa stagione. E anche al Mondiale le cifre non mentono: 93 punti complessivi, con 12 ace e 9 muri, e un’efficienza in attacco del 45%. Numeri che gli sono valsi il quinto posto nella classifica dei migliori realizzatori – a pari merito con il polacco Leon -, il quarto tra i migliori battitori (insieme al compagno azzurro Mattia Bottolo) e il decimo tra i ricevitori, considerando anche i liberi.
Michieletto, dopo tutti questi successi, qual è il suo stimolo per continuare a vincere?
«Credo che noi sportivi viviamo di sfide. Restare in alto è difficile, forse più difficile che arrivarci, perché sai che tutti proveranno a farti scendere. Ci saranno sempre squadre e giocatori pronti a darti battaglia, e la vera sfida è non permetterglielo. Gli stimoli non mancano mai: ogni stagione porta nuovi obiettivi, nuove motivazioni, nuove persone con cui condividere il percorso. Adesso con Trento ricominciamo un nuovo capitolo, con un gruppo in parte rinnovato e con tante competizioni da affrontare. Personalmente ho voglia di dimostrare a me stesso e ai miei compagni che posso ancora crescere e migliorare. È questo che mi spinge ogni giorno».
Negli ultimi mesi usa sempre più spesso la finta di schiacciata con alzata da seconda linea: da chi l’ha imparata?
«Ormai la fanno un po’ tutti, a me piace perché è una giocata che unisce spettacolo e utilità. O si tira, o si alza, e in entrambi i casi il muro avversario spesso resta spiazzato. Ci ho messo un po’ a farla bene, serve tempismo e lucidità, ma adesso mi viene abbastanza naturale. In allenamento la proviamo spesso, capita quando il palleggiatore difende e quindi non può alzare, e tocca a me improvvisare. Preferisco attaccare, ovviamente, ma se vedo che il muro salta sulla finta, allora alzo e il gioco diventa ancora più divertente».
Chi ha chiamato subito dopo la vittoria del Mondiale?
«Ho fatto una videochiamata con la mia ragazza e la mia famiglia, le prime persone a cui volevo far vedere quella medaglia. Anche se ho riscontrato un po’ di difficoltà visto che il segnale in quel palazzetto non era proprio il massimo. È comunque durata poco come videochiamata, perché poi c’è stata subito la premiazione, ma non potevo non condividere quel momento con loro. Appena rientrato nello spogliatoio ho preso subito il telefono».
Pochi giorni dopo è stato anche ospite a Verissimo: com’è andata questa nuova esperienza televisiva?
«Diciamo che sono più bravo in campo che in televisione (se la ride, ndr). Però è stata un’esperienza diversa e positiva, anche perché portare la pallavolo in programmi dove di solito non se ne parla tanto fa bene al movimento. Mi piace l’idea di poter far conoscere questo sport anche a chi non lo segue abitualmente. È un piccolo modo per dare visibilità a tutto il nostro mondo».
Ha aperto la strada anche a un altro compagno: adesso a Verissimo è andato pure Mattia Bottolo, giusto?
«Sì, 15 giorni fa è andato anche lui. In realtà abbiamo registrato insieme: io sono andato in onda prima, lui qualche giorno dopo. Mi ha fatto piacere perché mi ha rassicurato molto prima di entrare in studio, perché ero un po’ agitato: mi ha detto che l’ambiente era tranquillo, che sarebbe stato tutto naturale».
Al Festival dello Sport ha raccontato che alle Olimpiadi di Tokyo e Parigi ha preso un pallone come ricordo. Dal Mondiale invece, si è portato a casa qualcosa?
«Eh sì, quella volta avevo portato via un pallone. Ma ormai a casa non ho più spazio. Stavolta ho deciso di limitarmi a qualcosa di più simbolico, ma decisamente più importante: la medaglia d’oro. Diciamo che rispetto al pallone vale un po’ di più».
La sua è una famiglia di sportivi: li prende un po’ in giro per aver vinto più di loro?
«No, assolutamente. Anzi, sono molto contento per tutti loro. In famiglia siamo molto uniti, ci sosteniamo a vicenda e c’è sempre grande orgoglio reciproco. Se posso dare qualche consiglio alle mie sorelle, Francesca (spiker in A2 alla Millennium Brescia, rivale dell’Itas femminile) e Annalisa (spiker in Serie C al Torrefranca), che giocano anche loro a pallavolo, lo faccio volentieri. Mi seguono sempre con tanto affetto, e questo mi dà forza. Mio fratello invece è più un calciatore (punta dell’Atalanta Under 20), quindi con lui parliamo di altre cose».
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