L'intervista
lunedì 1 Settembre, 2025
Marco Rizzo e il libro che racconta l’Italia: «Bertinotti fingeva di litigare con Prodi. Il sovranismo popolare unisce ceto medio e lavoratori»
di Francesco Barana
Nella sua biografia ripercorre una vita nella politica. «La sinistra ha abbandonato la questione sociale per salire sul carro del Gay Pride. Con Cossutta criticavamo aspramente la cosiddetta sinistra fucsia, la sinistra arcobaleno. Quella sinistra che quando parla di periferia, lo fa senza connessione con la realtà»

Il salto del Rubicone, Marco Rizzo, 67 anni, lo ha fatto ufficialmente qualche settimana fa. «Non sono più di sinistra», l’ammissione definitiva alle centinaia di migliaia di follower che lo seguono sui social, dove colleziona milioni di visualizzazioni e dove si è rifatto una vita (politica) da influencer sovranista. Il cambio d’identità però era nell’aria da un anno e mezzo, quando Rizzo ha fondato Democrazia Sovrana Popolare (Dsp); ma da qualunque parte la si guardi è comunque una svolta forte per chi è stato per una vita militante e dirigente della corrente più oltranzista del comunismo italiano, quella cossuttiana (da Armando Cossutta, il dirigente del Pci più vicino all’Urss).
Rizzo, torinese di stanza a Rovereto, ha appena pubblicato il libro Marco Rizzo – Una biografia di periferia: «C’è la mia storia, che è anche un po’ la storia dell’Italia. Ci sono gli anni 70, il terrorismo, il calcio delle curve – ero un ultras – la Prima Repubblica. E ci sono aneddoti interessanti e mai svelati sulla caduta del governo Prodi, con Bertinotti che in realtà fingeva di litigare con Prodi. E racconto l’oggi e il nostro progetto politico di Dsp». Rizzo tiene unito il filo tra passato e presente perché, puntualizza, «non sono cambiato io, ma gli altri: la sinistra ha abbandonato la questione sociale per salire sul carro del Gay Pride. Non provo rabbia, ma estraneità».
Rizzo, non è che è diventato di destra?
«Non sono più di sinistra, ma non sono neanche di destra. La verità è che destra e sinistra sono categorie ormai assolutamente irrilevanti. Oggi la lotta è del basso contro l’alto, popolo contro élite. Il sovranismo popolare che noi teorizziamo supera i concetti di destra e di sinistra».
«Chi dice di non essere né di destra né di sinistra, è sempre di destra». La frase è di D’Alema, suo ex compagno nel Pci di Berlinguer…
«Ciò che dice D’Alema non mi interessa. Ma quello, appunto, era il Pci di Berlinguer…».
Sui social lei ha postato una foto di Berlinguer ai cancelli Fiat con gli operai, accanto a quella di Elly Schlein al Gay Pride.
«La sinistra ha abbandonato i diritti sociali e le classi lavoratrici, per sposare solo i diritti civili. Un errore gigantesco, ma che parte da lontano, frutto di un percorso che è stato costruito scientemente. Anche la destra dice una cosa e ne fa un’altra, ma il tradimento della sinistra è stato più profondo».
Nel libro però anche lei sostiene che la lotta di classe è superata…
«Il sovranismo popolare che noi portiamo avanti è una nuova teoria politica che parte da un elemento: unire i due grandi blocchi sociali che per decenni si sono combattuti: ceto medio produttivo e classi lavoratrici. Quindi piccoli e medi imprenditori, commercianti, artigiani, partite iva da un lato e impiegati e operai dall’altro devono stare tutti dalla stessa parte. Il nemico è la grande finanza e il grande capitale, è questa Unione europea».
Dalla quale lei vorrebbe andarsene…
«In un mondo multipolare come il nostro, l’Italia dovrebbe sfilarsi da questa Europa e dalla Nato e rimanere autonoma, pacifica e neutrale. Dovremmo tenere rapporti privilegiati sia con gli Usa che con la Russia, per comprare l’energia a basso costo, ma avere relazioni anche con Cina, India, Brasile, Argentina e ovviamente i Paesi europei. Ma da posizione autonoma».
Quanto afferma è la vulgata della destra sovranista e filo-russa in tutta Europa: da Afd in Germania, ai sovranisti in Slovacchia e Romania…
«In Germania la pensa così anche la sinistra di Sarah Wagenknecht. Se si mettesse insieme alla Afd salterebbe l’attuale potere in Germania. Come le dicevo, la lotta oggi è popolo contro élite, al di là dei vecchi posizionamenti destra e sinistra».
Ma lei sui social ha follower soprattutto “di destra”.
«In realtà pesco dal vasto mondo del non voto, poi adesso ho raggiunto una parità sostanziale tra quelli che provengono da sinistra e quelli di destra. È vero però che chi è di destra oggi mi segue».
Non è che il suo padre politico, Armando Cossutta, si rivolta nella tomba?
«Nel Pci ci insegnavano ad analizzare concretamente la realtà. ‘Va costruita un’azione politica che cambi lo stato presente delle cose’. Sa chi lo diceva? Karl Marx e Lenin».
“Non sono cambiato io, ma gli altri”, afferma…
«Già ai tempi dei Comunisti Italiani con Cossutta criticavamo aspramente la cosiddetta sinistra fucsia, la sinistra arcobaleno. Quella sinistra che quando parla di periferia, lo fa senza connessione con la realtà, per pura passerella. Pensano che la periferia sia un set per videoclip, una categoria socioculturale, non il cuore del Paese reale».
Lei nella periferia torinese ci è cresciuto.
«Papà era operaio Fiat a Mirafiori. A quel tempo le periferie erano fabbriche, piazze, bar, calcio, lotta politica e militanza. La sinistra di oggi pensa al marketing. Fassino era mio segretario nel Pci di Torino, oggi si occupa di… profumi (il riferimento è al noto caso del Duty Free, nda) e qualche anno fa festeggiava per avere una banca. Io mi sarei vergognato. Chi è davvero cambiato?».
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