L'intervista
venerdì 22 Agosto, 2025
Serrande giù per i negozi a Trento, Pedrotti: «Mancano fascia medio alta, ricambio generazionale e parcheggi»
di Gabriele Stanga
Il titolare del negozio di calzature in via Manci: «Fenomeno che si sta verificando in tutta Italia, anche le vendite online influiscono. I clienti? Più attenti, cercano il low cost»
«Il fenomeno delle chiusure dei negozi storici purtroppo si sta verificando un po’ in tutta Italia, un po’ per via delle vendite online e l’espansione delle catena di fascia bassa, un po’ per difficoltà nel passaggio generazionale. Il brutto è che così, diventa tutto omogeneo e ci perde il centro storico». A dirlo è Raffaele Pedrotti, titolare dell’omonimo negozio di calzature in via Manci, uno che l’anno prossimo festeggerà i 50 anni di attività e che nel tempo ha visto la città cambiare volto, e negozi, più e più volte. E che si è dato una ricetta semplice per rimanere competitivo: «Continuare ad offrire qualità, gentilezza ed esperienza nel dare consiglio».
Ma secondo lei Pedrotti, quali sono le principali difficoltà che trovano i commercianti trentini e che a volte portano alla chiusura?
«Molti piccoli imprenditori, come dicevo, hanno difficoltà nel passaggio generazionale. Non tutti riescono a lasciare l’attività ai figli, come avvenuto per Incontro, e questo sicuramente è uno degli aspetti più problematici. Io stesso vedo che a 65 anni lo sprint non è più quello di prima… ma mi difendo bene e vado avanti con entusiasmo. Poi un altro problema è che manca la programmazione dei parcheggi in città».
Ossia?
«Bolzano ha un parcheggio in Piazza Walter, Verona in piazza Bra, noi non ne abbiamo o almeno non nel centro e questo porta via qualche cliente. Ne servirebbero in piazza Venezia o in Piazza Dante, non in aree distanti dai negozi. Oltre a questo, c’è chi chiude perché si stufa e cambia attività, chi perché le spese e l’affitto sono troppo alte, le motivazioni sono tante. Un altro tema è che non ci sono grandi catene che vengono ad investire in città».
Qualcuna sì, come H&M, Dan John, Doppelgänger.
«Sì, quelle sì, mancano quelle di fascia medio alta. Quelle che ci sono fanno più fatica, con qualche eccezione, come ad esempio Intimissimi che funziona bene da quel che vedo. Mancano catene come Armani, Versace, Max&Co. In generale si va sempre di più verso il low cost, almeno nell’abbigliamento. Nelle calzature è diverso, le catene a basso costo fanno più fatica ad attecchire. Si preferisce ancora il made in Italy».
Nei suoi 50 anni carriera come ha visto cambiare il centro?
«È cambiato molto, prima eravamo tutti negozi a conduzione familiare e ci si conosceva, si parlava, ci si scambiavano opinioni, era come stare tra amici, con le catene non è così. Conosco le ragazze che ci lavorano ma purtroppo non possono decidere su nulla, nemmeno sull’aria condizionata».
E i clienti come sono cambiati?
«Oggi sono più attenti e vengono a fare acquisti mirati. Magari vengono una volta in meno ma comprano più cose e per fortuna è tornata l’attenzione sui prodotti italiani. Sono cambiati anche i turisti, che vengono più dall’Asia o dai Paesi Arabi e meno dalla Germania».
C’è qualche abitudine che è rimasta?
«Per fortuna ci sono ancora tante cerimonie, per cui la gente si deve vestire bene e viene in negozio a cercare i prodotti e i consigli giusti. Su questo ci da un mano anche l’università, con i ragazzi che vengono a provare le scarpe e spesso anche gli stessi docenti».
La concorrenza del commercio online si fa sentire?
«Sicuramente è un problema, non apprezzo la vendita online. Bisogna venire in negozio, sentire il profumo, toccare il prodotto, provarlo, ascoltare i consigli del negoziante. per quanto mi riguarda, però, continuo a lavorare bene. Ho tenuto aperto tutta l’estate perché avevo tanti clienti. Chiuderò solo un giorno, sabato 30 agosto, per un evento molto particolare».
Quale?
«Il mio matrimonio, mi sposo e officerà il sindaco».
Tanti auguri, allora.
«Grazie (ride)»
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