politica

lunedì 2 Giugno, 2025

«Vado a votare ma non ritiro la scheda»: ecco la strategia di Giorgia Meloni per i referendum dell’8-9 giugno

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Il voto della premier non verrà conteggiato ai fini del raggiungimento del quorum (50%+1 degli aventi diritto)

«Vado a votare, non ritiro la scheda. È una delle opzioni». Ha commentato così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, arrivando ai Fori Imperiali per la Rivista Militare in occasione della Festa della Repubblica, rispondendo a chi le chiedeva una posizione sul referendum dell’8 e 9 giugno.  La premier, in linea con i colleghi di Governo, che hanno optato per una strategia di astensionismo, sceglie una soluzione ad hoc per non sottrarsi ai seggi, ma sottraendosi comunque al voto.

 

Ma cosa significa in concreto?

 

La premier in questo modo non risulterà tra i votanti e non verrà quindi contata ai fini del raggiungimento del quorum (50%+1 degli aventi diritto) necessario affinché i referendum siano considerati validi.

Una circolare del ministero dell’Interno è chiara al proposito: «Per quanto attiene la rilevazione del numero degli elettori, appare utile rammentare che coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale». 

 

La reazione di Giuseppe Conte

 

«Indigna ma non stupisce che Meloni non ritirerà la scheda e quindi non voterà al referendum dell’8 e 9 giugno in cui si sceglie se aumentare i diritti e le tutele dei lavoratori contro precarietà, incidenti sul lavoro, licenziamenti. In fondo in quasi 30 anni di politica non ha fatto nulla per tutelare chi lavora e si spacca la schiena ogni giorno, i ragazzi precari che non hanno la fortuna di aver fatto carriera in politica. È vergognoso che questo messaggio di astensione rispetto a una scelta importante arrivi da un Presidente del Consiglio il 2 giugno, giorno simbolo di un Paese che sceglie la Repubblica, della prima volta per le donne ammesse a un voto nazionale». Lo scrive sui social il presidente del M5S, Giuseppe Conte. «Invito i nostri ragazzi a recuperare la storia di Teresa Mattei, che proprio in quel 2 giugno del 1946 fu la più giovane eletta all’assemblea Costituente e che si batté perché all’articolo 3 della Costituzione fosse inserita la libertà e l’uguaglianza ‘di fatto’ per i cittadini, non a chiacchiere. Non sono liberi e uguali ‘di fatto’ i lavoratori che non possono difendersi da licenziamenti, precariato, incidenti sul lavoro. Viva l’impegno e la partecipazione per migliorare le cose, viva il 2 giugno, viva la Repubblica» conclude.