L'indagine
giovedì 27 Luglio, 2023
Un trentino tra le vittime della gang che giustiziava presunti pedofili
di Benedetta Centin
Tre giovani adescavano uomini sul web, li vedevano e picchiavano
Giovani, anzi giovanissimi, uno non ancora maggiorenne, stando all’accusa si erano preposti di punire i pedofili, o almeno le persone che loro sospettavano come tali, gli uomini cioè che in Rete cercavano incontri a luci rosse con minorenni, per poi tendere loro una trappola, incontrarli di persona in un luogo isolato e picchiarli, peggio torturali, e anche rapinarli di soldi, bancomat e carta di credito e altri beni. Una gang di tre ragazzi veneti, trevigiani, che insomma si sarebbero autoeletti come giustizieri, come benefattori della società. Sette le vittime individuate finora dagli investigatori, e tra questi c’è anche un uomo di mezza età residente nella provincia di Trento. Convocato in caserma dai militari della compagnia di Castelfranco Veneto per essere sentito e per formalizzare denuncia. Anche lui, infatti, avrebbe subito lo stesso «trattamento» dai tre. Un’esperienza terribile.
I ragazzi che sono finiti nei guai con la giustizia, hanno 17, 18 e 20 anni. Il più grande, considerato il capo banda, e l’appena maggiorenne, si trovano agli arresti domiciliari. Sono stati individuati e fermati dai militari a febbraio, a Vedelago, Treviso, con l’accusa di sequestro di persona, rapina e lesioni nei confronti di un uomo che avevano contattato e sequestrato all’interno di un casolare in costruzione della zona, di Vedelago. Un impiegato di cinquant’anni che è stato seviziato dal terzetto e liberato solo grazie all’intervento dei militari che da giorni monitoravano la costruzione. Hanno rinvenuto il poveretto a terra, malconcio. Era stato minacciato con due coltelli, imbavagliato, legato con del nastro adesivo e tramortito con un taser, uno storditore elettrico. Costretto a consegnare il bancomat (tessera con cui uno dei ragazzi aveva tentato di prelevare allo sportello poco dopo) e derubato delle chiavi dell’auto. Ma, si scoprirà poi, non era un caso isolato. La gang, secondo le indagini scaturite e coordinate dalla Procura trevigiana, aveva colpito almeno altre sette volte. Anche ai danni di un trentino in trasferta nella Marca. Due vittime, una volta che si è diffusa la notizia del blitz e degli arresti, si sono presentate in caserma per formalizzare denuncia. I restanti cinque casi sono venuti a galla scandagliando il cellulare del ventenne, in cui sono stati trovati i contatti intercorsi con persone mature all’interno di varie chat gay, e i profili social, anche degli altri due. Da quanto emerso il terzetto era convinto, con il suo agire, di giustiziare dei presunti pedofili, di fermare chiunque proponesse rapporti sessuali con minorenni. A finire nella loro trappola anche un trentino appunto, cinque trevigiani e un vicentino.
Da quanto emerso ad organizzare le spedizioni punitive sarebbe stato il più grande dei ragazzi, affetto da una malattia, dalla sindrome di Crozon. Avrebbe trovato ispirazione da una serie tv e cercato un riscatto sociale nel ruolo di vendicatore, facendola pagare a omosessuali a caccia di minori.
La decisione
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