L'omelia

sabato 1 Novembre, 2025

Tutti i Santi, il vescovo Lauro Tisi: «Siamo diventati monadi, riscopriamo la forza del noi»

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Al cimitero di Trento, il vescovo Lauro Tisi invita a riscoprire la comunità e le Beatitudini come via di umanità. «La vita viene sempre prima delle idee», ha detto davanti ai fedeli

«Perso lo scudo della comunità, siamo diventati come monadi che si barcamenano per superare la giornata». Da questa citazione, tratta da un giornale locale, è partito il vescovo Lauro Tisi nella sua omelia pronunciata al cimitero di Trento in occasione della solennità di Tutti i Santi. «Con un simile clima risulta difficile accogliere l’invito dell’odierna liturgia a gioire per la possibilità di celebrare in un’unica festa collettiva la memoria di tutti i santi».

Il vescovo ha osservato come anche nella Chiesa e nelle comunità «la dimensione dell’essere insieme non sembra scaldare il cuore». E ha ammonito: «Il “noi” ecclesiale non pare arrecare gioia: prevale una ricerca dell’incontro con Dio solitaria, individuale. L’invocazione “Padre nostro” non raramente diviene “Padre mio”».

Tisi ha quindi invitato a «ritrovare la bellezza di essere comunità, la gioia di vivere con gli altri». La solennità di Tutti i Santi, ha detto, «può essere una provvidenziale occasione per respirare la forza dirompente del camminare insieme».

«Il gusto del sentirsi comunità è legato a filo doppio alla scoperta dell’altro come gioia e chance. Finché l’altro è competitor o addirittura il tuo avversario, è difficile immaginare comunità».

Il vescovo ha ricordato il dolore di chi ha perso una persona cara: «Quel dolore dice che il legame con l’altro è l’elemento decisivo e costitutivo della vita, al di là del nostro credere o meno». E ha aggiunto: «La vita viene sempre prima delle idee».

Per Tisi, «questo dolore che non s’acquieta porta a varcare il guado della morte nel desiderio di non lasciar svanire il volto di chi ti ha amato». Da qui il richiamo a «contemplare lo sguardo di Cristo, in cui abita il sogno di Dio sul mondo e sul creato». Uno sguardo concreto, «che ha la concretezza delle Beatitudini, in cui si manifesta la via verso un’umanità con i connotati di Dio».

«Nel suo ministero itinerante Gesù condivide la povertà, si china pieno di tenerezza sul volto degli ammalati, scoppia in lacrime, si batte per la giustizia, disarma chi voleva lapidare una donna, usa misericordia senza limiti e porta pace nei conflitti».

«Possiamo ricostruire comunità solo con uomini e donne abitati dalla vita dell’Uomo delle Beatitudini», ha ammonito il vescovo. E ha citato papa Francesco: «Poche volte mi sono sentito ispirare da un processo, ma mi sono sentito ispirare da persone che vivono con entusiasmo la fede».

Infine, l’invito a vivere la prima Beatitudine: «Chiediamo il dono di sentire la gioia di scomparire per far comparire l’altro». Da questa, ha detto, «scaturisce la capacità di non permettere alle lacrime e al dolore di avere l’ultima parola». La conclusione è un augurio: «La gioia della mitezza che si fa parola disarmata e disarmante, la passione per la giustizia, un cuore libero, l’amore più forte della morte».