L'esperto
venerdì 14 Novembre, 2025
«Troppi cani presi perché di moda»: l’allarme di Alain Satti, figlio di Bobby Solo, sul boom di adozioni sbagliate
di Giacomo Polli
Il cinofilo trentino, pioniere degli interventi assistiti, denuncia scarsa consapevolezza, errori nei canili e razze scelte per estetica: «Il cane non è un bambino, va rispettato per ciò che è».
«Spesso le persone prendono un cane solo perché va di moda». A dirlo è Alain Satti, esperto di cinofilia, tra i pionieri degli interventi assistiti con gli animali in Trentino e figlio del cantante Bobby Solo. Da anni lavora nelle Rsa, nelle scuole e in diverse strutture, utilizzando il cane come mediatore nelle situazioni di fragilità. Un settore che gli ha permesso di entrare a contatto con le caratteristiche specifiche di molte razze, imparando a conoscere le loro potenzialità ma anche i limiti. «Tra gli aspetti più rilevanti — spiega — è fondamentale scegliere il cane in base alla sua natura e alla sue necessità, sviluppando una solida consapevolezza senza osservare unicamente il lato estetico». Una consapevolezza che come sottolineato dal presidente del canile di Trento, Luca Lombardini, a volte manca e porta le persone a restituire il cane preso in affidamento (edizione de il T di ieri). Ad oggi sul territorio provinciale ci sono più di 134 mila cani, uno ogni quattro abitanti.
Satti, lei ha venti cani. Di cosa si occupa esattamente?
«Svolgo interventi assistiti con gli animali e consulenze di tipo cinofilo. Lavoro in diverse strutture, tra cui nelle rsa e nelle scuole. Con gli studenti facciamo didattica zooantropologica, la scienza che studia la relazione uomo–animale. È fondamentale perché l’incontro tra persone e cane deve essere consapevole, con basi etologiche e antropologiche. Nelle Rsa, invece, faccio interventi riabilitativi, psicomotori o di gruppo. Gli anziani hanno un vissuto rurale e il cane evoca ricordi e relazione. Poi lavoro anche con ragazzi autistici o con dipendenze. Anffas è stata la prima a darmi possibilità di sperimentare. All’inizio ero “quello del cane”, la gente non capiva che questi animali avessero determinate potenzialità. Nel tempo, con l’ordine dei veterinari abbiamo perfezionato servizi e consulenze, e realizzato eventi per sensibilizzare la collettività al corretto rapporto con l’animale. In Trentino abbiamo stilato linee guida sugli interventi assistiti. Le razze non sono però tute uguali, ognuna ha determinate caratteristiche. Io, ad esempio, lavoro molto con i golden retriever, che si prestano al tipo di lavoro che svolgo. Il cane va rispettato per le sue caratteristiche. Oggi rischiamo molto l’antropomorfizzazione».
Si spieghi.
«Nella società moderna il cane può diventare quasi un sostituto affettivo. Abbiamo calo delle nascite e aumento delle adozioni di cani. Il cane viene trattato come un bambino, ma non lo è. Ha esigenze proprie, e se queste non vengono rispettate emergono problemi di comportamento. L’uomo deve adeguarsi alle necessitò dell’animale».
In che modo?
«Se il cane sale sempre sul divano, quello diventa “il suo posto”. Se poi arrivano estranei che si siedono lì, può provare disagio o reagire. Molti problemi nascono da una cattiva interpretazione dei bisogni dell’animale e dalla poca consapevolezza nelle persone».
La difficoltà nella gestione spinge poi i vari proprietari a cedere i cani, così come confermato dal presidente del canile di Trento.
«Perché manca formazione nei canili, nonostante da noi siano molto meglio di quelli di altre zone. Per indicare il cane giusto alla famiglia serve un professionista, non solo un volontario. Senza formazione, si fanno errori: cani non adatti vengono affidati a persone non preparate. Così poi i cani vengono riconsegnati. In Trentino, ad esempio, non c’è fenomeno di randagismo. Molti cani arrivano dal sud: parliamo di randagi che non hanno sviluppato competenze sociali. Non sono abituati all’uomo. Questi cani non sono né lupi né pienamente cani: sono ibridi sociali, difficili da inserire. Spesso non possono essere adottati e rimangono istituzionalizzati a vita, obbligando i proprietari a restituirli. Non è però colpa delle persone. Se una famiglia vuole prendere un cane deve essere informata».
Crede che molte persone prendano un cane solo perché va di moda?
«Sì. Un lupo cecoslovacco è bellissimo, ma non ha i tempi evolutivi per adattarsi alla vita urbana. Sarà terrorizzato dalle macchine e dalle persone che passano. Lo stesso vale per gli husky e i cani da pastorizia lasciati nei giardini: quello, per me, è un maltrattamento. I veri allevatori dovrebbero essere eticamente onesti e sconsigliare un cane quando non è adatto alla persona. Spesso invece prevale il business. I cani costano molto, e gli allevatori pensano ai loro interessi, non a quelli dell’animale o della persona. Ma la gente non è stupida: se la informi bene, capisce. Il Barboncino, per esempio, non è un cane da compagnia: è un cane da riporto, estremamente attivo. Io ne ho uno per il lavoro, ma deve fare attività continua. Se lo lasci fermo, prende tutto: scarpe, ciabatte… È un cane da lavoro. Chiudere un border collie in appartamento è maltrattamento. Lasciare un golden retriever isolato in giardino è maltrattamento perché sono cani che vivono per le persone».
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