La sentenza
giovedì 6 Novembre, 2025
Trento, truffata e ricattata con foto intime: assolto il 60enne accusato di revenge porn contro una giovane trentina
di Benedetta Centin
La vittima, poco più che ventenne, era stata convinta online a inviare immagini senza veli e poi minacciata di diffusione. Il giudice assolve l’imputato torinese: «Mancano prove certe sull’identità». La Procura valuta l’appello
Agganciata sui social, una giovane trentina molto fragile viene convinta da uno sconosciuto dall’altra parte del telefono a inviargli scatti e filmati di lei senza veli. Richieste continue. Insistenti. Che la poco più che ventenne allora aveva assecondato, ignara di cosa l’aspettava. Sì perché di lì a poco erano iniziati i ricatti da parte di quella voce maschile di cui non ha mai saputo nemmeno il nome, di cui non ha mai visto il volto: «Paga o diffondo le tue foto intime ai tuoi parenti, a tutti quanti, le pubblico in Rete» la minaccia. E così è stato quando la vittima ha smesso di pagare le ricariche telefoniche per due sim (almeno tre da 10 euro ciascuna), non potendo contare su grandi disponibilità economiche.
Solo l’inizio dell’incubo visto che quelle minacce si erano concretizzate. Quelle foto e quei video senza veli erano stati infatti dati in pasto alla Rete, pubblicati su due profili Instagram e uno Facebook dall’account diffamatorio nei confronti della ventenne. Per giunta riconoscibilissima visto che compariva anche il suo volto. Immagini osé finite sotto gli occhi di tutti, e non solo trentini. La ragazza, disperata, quando lo aveva scoperto, aveva smesso anche di uscire di casa per la vergogna, troncando ogni rapporto con il mondo esterno. Allora era scattata la denuncia e le indagini avevano portato a due uomini finiti poi a processo. Uno di questi però nel frattempo è deceduto. Erano accusati dei reati di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn), di estorsione e di diffamazione in concorso nei confronti appunto della trentina che si era costituita parte civile per chiedere un risarcimento danni, quantificato nella somma di 15mila euro.
Ma il giudice Claudia Miori ieri mattina ha assolto con formula piena l’unico imputato rimasto, un torinese 60enne, assistito dall’avvocato Marco Fusaro. Questi ha insistito sul fatto che non c’erano prove che una delle due sim usate fosse effettivamente del suo cliente. L’utenza telefonica era sì intestata a lui ma a detta dell’imputato era stata attivata a sua insaputa, con la carta d’identità di cui in seguito aveva denunciato lo smarrimento. Così, in assenza di prove certe, si è arrivati alla sentenza di assoluzione per l’uomo.
Prove che per la Procura invece c’erano tanto che aveva sollecitato per il piemontese una condanna a sei anni di reclusione. E proprio per questo è possibile che, dopo aver letto le motivazioni del giudice, la Procura generale decida di impugnare la sentenza in Appello.