Tribunale
sabato 14 Giugno, 2025
«Treni rumorosi»: sette dirigenti Trentitalia e Rfi a processo
di Benedetta Centin
Tutto è cominciato nel 2019 con l’esposto di trecento privati. 55 residenti di Cristo Re si sono costituiti parte civile

È arrivato alle battute finali — con la richiesta di condanna dei sette imputati da parte della pubblica accusa — il processo, aperto nel 2019, sui treni merci rumorosi, «fracassoni». Quelli che viaggiano lungo la linea ferroviaria del Brennero e che da anni tolgono il sonno ai residenti di Cristo Re, costretti anche ad assumere sonniferi per dormire, disturbati pure nelle loro attività diurne. Così secondo quanto denunciano da tempo i cittadini di via Lavisotto e via Stoppani i quali, esasperati, nel 2017 avevano sottoscritto in oltre 300 un esposto. A questi si erano aggiunti poi altri abitanti di corso Buonarroti. Tra tutti sono 55 quelli che hanno chiesto e ottenuto di entrare come parte civile nel processo: assistiti dagli avvocati Sara Graziadei e Mario Giuliano, hanno anche quantificato una prima trance di risarcimento di 40mila euro l’uno.
Decine i testimoni che nel corso del processo hanno sfilato in aula a confermare il frastuono, la situazione diventata a loro dire intollerabile, tra l’altro peggiorata nel tempo.
Sul banco degli imputati ci sono sette dirigenti (quattro delle società ferroviarie Rfi e Trenitalia e i restanti di due società esterne). Ieri in aula il vice procuratore onorario ha chiesto la condanna a due mesi di reclusione ciascuno. L’accusa è di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone previsto dall’articolo 659 del codice penale. Contestazione che gli imputati respingono per il tramite dei loro avvocati che hanno portato in aula, davanti al giudice Massimo Rigon, anche due consulenti tecnici. La sentenza dovrebbe arrivare in autunno. «Un processo penale di cui in Italia non ci sono precedenti» fa sapere l’avvocata Graziadei.
Nel decreto di citazione a giudizio con cui l’allora pm Carmine Russo aveva mandato a processo i sette, viene citato anche il monitoraggio del 2015 di Appa, (Agenzia per la protezione dell’ambiente della Provincia) da cui era emerso che in orario notturno transitavano per Trento da un minimo di 33 a un massimo di 54 treni, con «limiti di rumorosità superati di 20,2 decibel» nella zona di via Lavisotto e «di 16,7 nel recettore posto in via Canestrini». E basta un aumento di soli 3 decibel per un raddoppio dell’intensità sonora. Per la Procura la rumorosità è dovuta a «locomotori e carri merce obsoleti» e alla «mancanza di misure di mitigazione sui binari e riduzione della velocità dei treni nel percorso cittadino».
«Siamo stati in 309, nel 2017, a sottoscrivere un esposto. A distanza di anni siamo ancora qui, con il rumore del traffico merci ferroviario, notturno e diurno, che è addirittura aumentato. È vergognoso — chiosa Emanuela Varisco, portavoce dei residenti di via Lavisotto e via Stoppani — Non si dorme, non si può stare al telefono, aprire le finestre: la situazione è intollerabile. Gli sforamenti del limite dei decibel previsti dalla norma sono stati rilevati da Appa. Le barriere fonoassorbenti? Non rientrano nei lavori del Bypass, quindi finanziati dal Pnrr (ora da fondi nazionali ndr), dovrà essere Rfi a provvedere». Per la portavoce «l’inquinamento acustico è sottovalutato, eppure ci sono studi europei che attestano che è il secondo tipo di inquinamento per gravità che mina la salute».