Cronaca
martedì 23 Dicembre, 2025
Tentata rapina alla gioielleria Obrelli, si indaga su auto usate e immagini delle telecamere. Il titolare: «I banditi hanno manomesso l’allarme»
di Patrizia Rapposelli
I sospetti: «Sopralluoghi prima del colpo, hanno studiato le nostre abitudini»
«Sono arrabbiato: quel colpo era studiato. L’allarme generale del negozio era stato manomesso. Coincidenza? Non credo». Gianfranco Obrelli non ha dubbi sulla tentata rapina subita sabato sera nella gioielleria che gestisce con i fratelli, nel centro storico di Lavis. «La guardia non c’era, abbiamo rafforzato la sicurezza, adesso siamo blindati con una guardia in più». Secondo i primi riscontri investigativi, oltre ai quattro uomini entrati in azione all’ingresso del negozio, potrebbe esserci stato anche un quinto complice e una seconda auto utilizzata per garantirsi la fuga. La Fiat Panda bianca, rubata e utilizzata dai malviventi per allontanarsi dopo il fallimento del colpo, è stata trovata dai carabinieri della compagnia di Trento ancora sabato sera, a Trento nord, nella zona di Spini di Gardolo.
Qui, secondo l’ipotesi investigativa, la banda sarebbe salita su un’altra macchina, più grande, una berlina. La Fiat abbandonata è stata sequestrata e sottoposta agli accertamenti scientifici; potrebbe fornire agli inquirenti indizi preziosi per stringere il cerchio intorno agli autori della rapina. Nel frattempo, le indagini del nucleo investigativo dei carabinieri di Trento sono in corso e procedono serrate: stanno esaminando le telecamere di videosorveglianza interne alla gioielleria e passando al setaccio le immagini delle telecamere presenti nella zona. «I carabinieri si stanno concentrando sui giorni che hanno preceduto la rapina— racconta Gianfranco Obrelli— Il sospetto è che la banda abbia fatto dei sopralluoghi preliminari studiando gli orari di apertura e le nostre abitudini».
C’è un dettaglio che continua a tornare alla mente del titolare e che potrebbero confermare la pianificazione del colpo. «Abitualmente abbassiamo le serrande verso le 19, ma sabato abbiamo ritardato— continua— L’impianto d’allarme generale del negozio non funzionava, potrebbe essere stato manomesso. Non credo alle coincidenze. Ci siamo attardati per questo motivo. Un ritardo che, col senno di poi, non è stato casuale. La banda voleva farci uscire a un’ora precisa, quando la piazzetta era vuota». E via Roma sabato sera era deserta: «Il bar a fianco era chiuso. I rapinatori sapevano che in quel momento ci saremmo stati solo noi e loro». Erano circa le 19.30 quando i quattro rapinatori, con il volto coperto – tre con passamontagna e uno con una maschera da Krampus – si sono presentati davanti alla gioielleria mentre i titolari stavano chiudendo. «Due di loro impugnavano delle pistole— ricorda ancora quei minuti interminabili— Non mi sono lasciato intimidire, ho opposto resistenza: li ho presi a calci. In quel momento sentivo solo la rabbia salire». Durante lo scontro sono stati esplosi uno o due colpi di arma da fuoco in aria. Una pallottola è stata successivamente rinvenuta conficcata nel soffitto del negozio. E gli spari hanno segnato la fine del tentativo di rapina.
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