Volti e territori

venerdì 6 Giugno, 2025

Slow Food ricorda Agnese Iobstraibizer: «La signora del Lagorai con 50 estati in malga e produttrice di un formaggio unico»

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Il 7 giugno ritrovo a malga Cagnon di Sopra, la stessa in cui arrivava a piedi dalla val dei Mocheni

Nei giorni scorsi ci ha lasciato Agnese Iobstraibizer, malghese sul Lagorai da oltre cinquanta estati. A Malga Cagnon di Sopra era possibile trovarla anche l’anno scorso, in quel «piccolo Tibet» come veniva chiamato per la bellezza dell’ampia conca che vi si staglia davanti nel cuore del Lagorai.
La malga era stata acquistata dal marito Giovanni Gozzer, di Fierozzo, nel 1968. Cinque anni dopo, rimasta vedova, Agnese diverrà unica erede della malga e dei quasi quattrocento ettari che la circondano. Nel ricordo dell’amica Laura Zanetti, fondatrice e per decenni presidente della Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai, il racconto di quei primi anni nelle memorie di Agnese: «Non avevo mai fatto il formaggio, avevo una calgiera colma di latte e non sapevo da che parte iniziare; andai a cercare un malghese della malga più in basso; questo venne su in casera e si mise a lavorare il latte senza dirmi niente; dovevo “rubare” ogni azione e fissarmela bene in testa. Poi non venne più ed io ho dovuto arrangiarmi; a giorni veniva bene, altre volte meno, ma poi ho imparato anche come curarlo e soprattutto non ho mai cambiato ricetta: solo latte, caglio, fuoco a legna e la salamoia; non ho mai voluto usare le bustine e se qualche pezza anche oggi non riesce nessun problema: lo taglio a pezzi e faccio formai rostì».

 

Il formaggio di Agnese viene subito apprezzato entro i confini della valle, ma anche molto lontano. Laura arriva fino in California dove viene apprezzato da Lawrence Ferlinghetti, l’ultimo grande esponente della Beat Generation. A cavallo del millennio Agnese aderirà alla Libera associazione, «diventando col tempo — ricorda Laura Zanetti — assieme a un altro grande casaro del Lagorai, Francesco Franzoi di malga Valpiana, la pioniera a tutela dell’Originale formaggio malghe del Lagorai». Sarà poi il tecnologo Giampaolo Gaiarin a occuparsi della nascita del Presidio Slow Food. E proprio Giampaolo ci ricorda la particolare bontà del formaggio di Agnese: «Conservo ancora vivido, dopo tanti anni, il sapore di preciso un suo formaggio. Era del pascolo di settembre, caratterizzato da poca erba e dalle vacche libere sotto i larici. Un formaggio con una particolare nota di resina e di conifera, sentori delicatissimi che potevano far comprendere anche a un palato non esperto che il formaggio si fa con quello che mangiano gli animali. Agnese aveva una vera passione per le sue vacche. Con loro saliva a piedi dalla Valle dei Mocheni all’inizio di ogni estate. Non più tardi di quattro o cinque anni fa ha investito per fare una bonifica e recuperare ulteriore terreno al pascolo. Mi ha colpito come una donna ormai in là con gli anni, e con tutti gli acciacchi conseguenti, si dedicasse a migliorare il pascolo per i suoi animali. Una cura che si poteva leggere anche nell’attenzione alle fasi di trasformazione. Era in grado di leggere e osservare i messaggi della natura, ascoltare quello che il latte trasmetteva e lavorarlo di conseguenza. La pulizia e l’ordine estremo che caratterizzavano il luogo sul retro della malga dove caseificava, i magazzini, le attrezzature, i formaggi stessi: erano la testimonianza di un amore per il proprio lavoro e rispetto del latte, del formaggio e di chi se ne sarebbe nutrito».

 

La scomparsa di Agnese ci obbliga ad interrogarci sul futuro del sistema malghe in Trentino. «Una donna che resta in montagna — ha scritto Franco de Battaglia nel suo commovente addio ad Agnese — la riempie di vita, di bontà e di speranza». Ci saranno altre Agnese sul Lagorai e sugli alpeggi trentini? Il richiamo in antico dialetto tedesco «geooo, geaaa» per ricondurre la mandria dal pascolo alla stalla per la mungitura serale riecheggerà ancora nei prossimi decenni? È una scelta di futuro, che spetta a ciascuno di noi indirizzare. Un destino che può ancora immaginare montagne abitate, vive, laboratori di pensiero alternativo e plurale, culle di biodiversità e stimoli al cambiamento. Oppure montagne spopolate, sapori e pensieri sterilizzati. Le conseguenze sarebbero drammatiche.
Dovremmo conoscere le storie di Agnese, e delle tante Agnesi di ieri e di oggi, per renderci conto di quanto abbiamo bisogno della montagna. Non per una gita domenicale. Non per un momento di pausa della calura estiva. Non solo per assaggiare sapori straordinari. Abbiamo bisogno della montagna perché la sicurezza del fondovalle e delle città è legata a doppio filo alle attività che qui si svolgono. Sfalciare un prato, curare un pascolo, mantenere un torrente pulito, salvaguardare i muretti a secco: sono tutte azioni che incidono direttamente sulla capacità dei territori a valle di reagire al dissesto idrogeologico e agli eventi estremi.

 

Abbiamo bisogno della montagna perché dalla montagna arrivano le energie per affrontare la crisi climatica e i cambiamenti in corso. A partire dalla biodiversità, custodita e migliorata da secoli da agricoltori e allevatori, in un lavoro paziente e in simbiosi con la natura. Le comunità montane conservano una moltitudine di risorse che sono saperi materiali e immateriali che non possono andare perduti, frutto di una cultura antichissima e proiettata nelle sfide del futuro. La montagna, oggi più che mai ferita, mostra le cicatrici più evidenti della crisi climatica. Eppure rimane una palestra di modalità altre di fare comunità e creare relazioni. Supportiamo i tanti giovani che in questi giorni stanno salendo negli alpeggi delle valli alpine. Andiamo a trovarli, rispettando il ritmo e i bisogni del lavoro che qui svolgono. Per questo domani la comunità di Slow Food si ritroverà a Cagnon di Sopra per salutare Agnese. Ma anche per augurare buon lavoro a tutti i ragazzi e le ragazze che ne raccolgono l’impegno e ne proseguono la testimonianza. Soprattutto al nipote di Agnese, Thomas, in cui lei ha visto la possibilità di continuare il suo progetto.

L’autore è il Presidente di Slow Food Trentino Alto Adige