L'intervista

domenica 24 Agosto, 2025

Scuola, la prof che da settembre sarà anche docente «Faber»: «Non siamo psicologi. Aiutiamo gli studenti a gestire le emozioni»

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Debora Sartori fa parte del gruppo dei 66 facilitatori del benessere emotivo e relazionale. «Tra i ragazzi fragilità crescenti. Il Covid il punto di non ritorno»

Debora Sartori insegna da 26 anni. Oggi è professoressa di Lettere al liceo Maffei di Riva del Garda. E da settembre sarà anche una docente «Faber». Fa parte del gruppo dei 66 «facilitatori del benessere emotivo e relazionale» (Faber appunto) previsti, a partire dal nuovo anno scolastico, alle scuole superiori. In primavera hanno seguito un «percorso» di formazione di 27 ore e adesso sono pronti a mettere in pratica ciò che hanno imparato.

 

Perché ha scelto di diventare una docente Faber?

«Insegno da 26 anni e, nel tempo, mi sono costruita una mia idea di scuola: per me è un percorso. Ho sempre sentito la mancanza di una formazione che integrasse la didattica con l’apprendimento socio-emotivo».

 

Una mancanza tangibile?

«Sì, mancava proprio un anello che unisse didattica e sviluppo delle competenze socio-emotive, necessario per creare un ambiente scolastico sano. Quando mi è stato proposto questo progetto dalla dirigente, ho letto attentamente la delibera della giunta provinciale per capirne l’intento. Credo sia un ambito su cui la scuola debba lavorare e rappresenti una grandissima opportunità per i docenti e, di riflesso, per tutto l’ecosistema scolastico».

 

In primavera sono state organizzate anche giornate di formazione residenziali, com’è andata?

«Sì, si svolgevano nei fine settimana, il sabato e la domenica. Una formazione intensiva, e anche intensa (ride). Abbiamo avuto la possibilità di condividere con i colleghi un percorso che ci ha avvicinati allo studio delle competenze socio-educative. Farlo insieme ha fatto davvero la differenza. In tutti questi anni ho seguito moltissimi corsi di formazione, ma questo è stato il primo vero “percorso” in cui siamo stati realmente accompagnati all’interno di questo mondo. E lo siamo tuttora: i formatori continueranno a monitorarci. A brevissimo ci incontreremo di nuovo per programmare le attività annuali».

 

Cosa si intende per competenze socio-emotive?

«Significa saper lavorare sull’autoconsapevolezza delle proprie emozioni. Se un insegnante non sta bene con se stesso, difficilmente riuscirà a stare bene con gli studenti. Si tratta di riconoscere le proprie emozioni e imparare a gestire l’intenzionalità delle nostre scelte. Comprendere quanto le emozioni, sia positive che negative, influenzino le nostre decisioni, e usare anche quelle negative come leva per una trasformazione positiva. È un lavoro che va fatto prima su noi stessi, per poi proiettarlo sugli studenti, che sono i veri protagonisti. Si tratta di accompagnare gli alunni in una transizione, ad esempio, dalla paura e dalla frustrazione verso emozioni che facilitano l’apprendimento: entusiasmo, coraggio, curiosità. Tutto questo va fatto in maniera professionale, non solo basandosi sull’empatia, che dovrebbe essere la conditio sine qua non di un insegnante».

 

Concretamente, cosa farete?

«Essendo un percorso, non possiamo pensare di vedere i primi risultati nel giro di un mese. L’obiettivo è disseminare buone pratiche, condividere con i colleghi ciò che abbiamo appreso, anche sotto forma di spunti per la preparazione delle lezioni. Già dalla prossima settimana, insieme alla mia collega (nella mia scuola ci sono due docenti Faber), ci incontreremo per programmare una serie di interventi che possano avere sin da subito ricadute sui nostri colleghi. In base a macro-aree, proporremo attività che integrino la didattica a questo tipo di attenzione verso le competenze socio-emotive. Abbiamo già raccolto materiali e spunti per attività di educazione civica, poi i colleghi declineranno il percorso in base alle diverse discipline».

 

Può fare un esempio di attività?

«Una delle attività che abbiamo pensato è appunto legata alla cittadinanza attiva, pensata per una classe prima del liceo. L’obiettivo è quello di far comprendere agli studenti le proprie emozioni, per spingerli a fissare obiettivi significativi, “eccellenti”. Si parte da domande “potenti” per far uscire gli studenti dagli schemi abituali e stimolare la condivisione di pensieri ed emozioni, ad esempio “noi come possiamo cambiare la storia?”. Si prosegue con uno stimolo, ad esempio un video sui diritti negati di una persona richiedente asilo, accompagnato da dati oggettivi, e poi si lavora sull’attivazione delle emozioni, anche negative: per prima cosa dobbiamo fare i conti con le nostre emozioni. Successivamente si potrebbero organizzare attività di gruppo sugli obiettivi dell’Agenda 2030, rimanendo sempre all’interno di una cornice normativa. La fase finale prevede una riflessione di gruppo per trasformare, ad esempio, la frustrazione (“non posso salvare il mondo”) in un’azione nobile, ad esempio fondare una cooperativa scolastica per raccogliere i fondi a sostegno di una situazione locale».

 

Le attività del Faber prevedono anche momenti individuali?

«La figura del Faber non va confusa con quella dello psicologo scolastico. Anche se, in presenza di situazioni di disagio, si possono condividere obiettivi con lo psicologo. Il Faber è un docente che facilita il benessere a scuola attraverso attività didattiche che comprendano attività sulle proprie emozioni. Siamo comunque docenti e come spesso avviene lavoriamo uno a uno con gli studenti per individuare un bisogno e riorientarlo allo psicologo. Il compito primario del Faber, però, è quello di disseminare attività didattiche sullo sviluppo di competenze socio-educative».

 

Negli ultimi anni si avverte un disagio emotivo maggiore tra gli studenti?

«Più che di disagio, parlerei di una crescente fragilità, anche perché non sono una psicologa. Però sicuramente c’è stata una crescente fragilità nelle relazioni e nella sfera affettiva. Il punto di non ritorno, secondo me, è stato il Covid. Da quel momento in poi ho notato un cambiamento nella società e quindi anche nella scuola. Oggi, tra gli studenti, è evidente una maggiore fragilità nelle relazioni, nel riconoscimento e nella gestione delle emozioni. Per questo ho sentito l’esigenza di incanalare la mia empatia in una cornice strutturata e scientifica».

 

Continuerà comunque a insegnare?

«Sì, certo, ma avrò delle ore di distacco. Per quest’anno ogni istituto avrà a disposizione sei ore di distacco alla settimana, da suddividere tra i docenti Faber. Nel nostro caso siamo in due, quindi avremo tre ore ciascuna da dedicare a queste attività».