Circonvallazione
domenica 29 Ottobre, 2023
Scalo Filzi, la bonifica a Webuild & C., alla fine pagherà Roma
di Francesco Terreri
L'operazione costerà dai 30 ai 50 milioni in base all’estensione dell’inquinamento. Col 70% di lavori fatti al 2026 Bruxelles potrebbe concedere un altro anno, altrimenti dovrebbe subentrare lo Stato

Le imprese a cui è stata affidata la realizzazione della circonvallazione ferroviaria, il Consorzio Tridentum composto da Webuild, Ghella e Collini Lavori, hanno ormai chiaro che avranno da svolgere anche un altro pezzo di lavoro: la bonifica di ampie parti di terreno al di fuori del sito inquinato di Trento nord, dove pure interventi sono previsti perché la nuova ferrovia passerà lì in mezzo. Ma ormai è a sud del ponte dei Caduti di Nassiriya che si concentrano le preoccupazioni maggiori. Inquinanti collegati a quelli dell’ex Carbochimica sono stati trovati nella parte più vicina al ponte, nell’area cioè sequestrata dalla Procura di Trento nell’ambito del procedimento per disastro ambientale. E idrocarburi di diversa origine sono stati individuati nella parte più a sud, all’ex Scalo Filzi (Il T del 24 e del 29 settembre), cioè nell’area che sarà attraversata dalla galleria artificiale che sarà scavata fino a 20-25 metri di profondità. L’estensione di queste diverse forme di inquinamento non è ancora chiara, tanto che il piano di analisi presentato da Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, e approvato da Appa, l’Agenzia provinciale per l’ambiente, a seguito del ritrovamento dell’idrocarburo pesante allo Scalo Filzi prevede 8 carotaggi, ma il piano complessivo ormai viaggia verso i 40 campionamenti.
I costi, la prospettiva dello slittamento dei tempi
Toccherà a loro, alle imprese dell’appalto da 1 miliardo di euro, bonificare l’area, più o meno estesa, dove verranno individuati gli inquinanti. Il costo sarà variabile a seconda dell’ampiezza e della profondità della contaminazione, ma si viaggia sulle decine di milioni di euro, da 30 a 50 milioni secondo le diverse stime. A quel punto Webuild & c., come è previsto in questi appalti «a misura», che cioè adattano la spesa agli sviluppi dei lavori, addebiteranno il costo della bonifica alla stazione appaltante, cioè a Rfi. Che è una società pubblica in mano allo Stato. Pagherà quindi Roma.
E i tempi? Il progetto esecutivo del bypass, l’altra componente dell’appalto integrato in mano alle società di ingegneria tra cui Sws, non è ancora pronto perché dovrà inglobare anche le procedure di bonifica ed eventuali modifiche al progetto di fattibilità tecnico economica (Pfte), in particolare nella sua versione chiamata Pfte+ arricchita di (alcune) prescrizioni degli enti locali. Ormai siamo già fuori di alcuni mesi rispetto alla previsione di conclusione lavori a metà 2026 per stare ai tempi del Pnrr, il Piano di ripresa e resilienza che utilizza i fondi europei, da cui arrivano oltre 900 milioni per l’opera. Ma se a quella data sarà stato effettuato almeno il 70% del lavoro complessivo, Bruxelles concederà un altro anno. Altrimenti, spiegano fonti a conoscenza del dossier, l’opera sarà finanziata dallo Stato invece che dai fondi europei. In sostanza, la stessa cosa che dovrebbe accadere ai progetti definanziati dal Pnrr e destinati ad avere altre fonti di finanziamento.
La prospettiva di far slittare i tempi, evocata dal vicepresidente uscente della Provincia Mario Tonina in Consiglio provinciale, è quindi realistica e, nelle ipotesi più ottimistiche, non dovrebbe portare ad uno stop dell’opera ma, semmai, a cambiare la fonte delle risorse finanziarie.
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