La storia
venerdì 27 Giugno, 2025
Sara Mosele, la designer che porta il Lago di Garda a New York: «Vivo nella Grande Mela ma Riva è casa»
di Anna Maria Eccli
Architetta, interior designer e docente alla New York School of Interior Design, Sara Mosele racconta il suo percorso dal Trentino agli Stati Uniti

Sorriso contagioso, due bellissimi figli, un portento di simpatia che scodinzola per casa (Bailey, incrocio beagle-labrador), tanti progetti in testa e il cuore sempre sulle rive del suo lago: Sara Mosele, architetto e interior designer laureatasi alla Iuav di Venezia, vive e lavora da oltre 25 anni a New York, ma è legata a doppio filo alla sua Riva del Garda. Classe 1971, spiritosa, estroversa, cordiale, su Facebook si presenta come «architetto, designer e mamma non necessariamente in questo ordine». La sua fortunata carriera è iniziata con le collaborazioni con studi internazionali come Gensler (leader dell’eccellenza, è la vincitrice del National Building Museum Honor Award 2025), approdando alla creazione di uno studio di progettazione proprio. Cofondatrice, nel 2005, di Matiz Architecture & Design, infatti, nel 2020 ha lanciato “Sara Mosele Interiors”, una “boutique firm” con sede a New York, specializzata nella realizzazione di interni per residenze di fascia alta, showroom, hotel, spazi commerciali raffinati. La sua firma stilistica, del resto, è davvero particolare, come documentano le fotografie in rete: poetica e audace, unisce all’eleganza europea e all’attenzione sartoriale per i dettagli la sensibilità tutta moderna per il design sostenibile. Nelle sue creazioni spaziali combina materiali naturali con l’artigianato italiano. Fino qui le qualità professionali, alle quali unisce empatia, capacità d’ascolto e di coinvolgimento del cliente… qualità molto rivane. Doti che sicuramente la avvantaggiano anche nel rapporto con gli studenti della New York School of Interior Design ai quali, da un anno, insegna Sustainable interior environments (interno ambientalmente sostenibili) e Tecniche di visualizzazione, con le quali tenere a bada lo stress ma anche potenziare il potere creativo, immaginifico, della mente.
Che infanzia ha trascorso a Riva?
«Per la verità io sono nata a Trento, il 30 gennaio 1971. Avevo 11 anni quando ci siamo trasferiti a Riva, ma devo dire che è stato proprio in questa cittadina che il mio cuore è cresciuto. Vi ho trascorso un’età meravigliosa, nella quale cominciate a scoprire le prime libertà. Ricordo le lunghe estati passate tra la spiaggia della Purfina e porto San Nicolò, i giri infiniti in bicicletta, i tuffi, i panini preparati al volo, le risate… Sparivamo la mattina e tornavamo la sera, senza cellulari in tasca o social media per la testa. C’era solo il nostro mondo, fatto di cose semplici e bellissime».
Dire che i rivani sono trentini spesso è fortemente approssimativo, perché il loro carattere è molto più aperto rispetto a quello dei tirolesi italiani. Mosele che origine ha?
«Veneta, papà è nato a Castelnuovo Bariano, in provincia di Rovigo. Mamma invece è milanese, ma io mi sento irrimediabilmente, e profondamente, rivana. Riva ha forgiato il mio modo di sentire, la mia sensibilità, è “casa” in ogni senso».
Trova che nel tempo sia cambiata?
«Sì, è cambiata tantissimo. In questi 27 anni in cui sono stata assente. Credo abbia perso un po’ di quella dimensione intima e spontanea che ricordo con gioia e che la rendeva unica. Però, resta una bellezza straziante, quella del lago, che nessuna trasformazione potrà mai scalfire. Mi manca ogni giorno e per questo vi faccio ritorno ad ogni estate. È un ritorno necessario».
Fa sorridere quanto ha scritto in Facebook: “Sono architetto, designer d’interno e mamma, non necessariamente in questo ordine”. È una descrizione spiritosa, verace.
«Io amo ridere, cerco sempre di alleggerire le cose, di non prendere la vita troppo sul serio. Secondo me questo è uno dei segreti per invecchiare con gioia. Mi dicono spesso che sono solare e penso sia vero. Ho imparato ad affrontare anche le sfide con un sorriso, sempre, anche quando dentro provi, magari, terrore».
Cosa ha significato laurearsi allo Iuav di Venezia e cosa l’ha portata, poi, a scegliere New York?
«Lo Iuav è stato una tappa fondamentale per il mio essere. Ho avuto il privilegio di studiare col professor Franco Rella, che ancora oggi rileggo provando un mix di affetto e di stima. Mi sono laureata col professor Purini in un momento in cui l’Università godeva di un grande fermento creativo e davvero ha plasmato il mio pensiero progettuale. A New York, poi, sono approdata per seguire l’uomo che sarebbe diventato mio marito. Oggi siamo divorziati da nove anni, ma questa città è ormai diventata la mia vita. Mi ha vista rivoluzionare ogni cosa, ricominciare tutto da capo, sia come architetto, sia come mamma. E dopo tanti tornanti, oggi posso dire di essere felice del percorso intrapreso».
Come definirebbe le modalità del suo essere interior design?
«Direi che lo stile di “Sara Mosele Interios” consiste nell’unione tra poesia e funzione. Mi piace creare ambienti che siano belli da vivere e non solo da fotografare. Amo i colori, le texture, i materiali autentici. Ma tutto deve alla fine avere un senso: servire alla vita di chi abiterà quegli spazi. La mia parola d’ordine è sicuramente “emozionare”. Ogni progetto deve toccare qualcosa che sta dentro, nell’intimo delle persone».
Che tipo di mamma è, più italiana o anglosassone?
«Ho due figli meravigliosi, Bianca e Lorenzo. Bianca ha ereditato la mia passione per il bello che, però, l’ha portata in cucina. Ha studiato all’Icif di Asti (Italian Culinary Institute for foreigners) e oggi frequenta la Culinary Institute of America. Lorenzo ha appena finito il Liceo e andrà all’università del Connecticut per studiare Economia. Che Mamma sono? Molto italiana direi. Protettiva, ma anche attenta a lasciare che i figli trovino la propria strada. Penso che “mammismo”, se intelligente, sia un altro modo per dire “amore».
Con un papà maestro di tennis, sarà questo il suo sport preferito.
«A tennis ho giocato tanto, fino ad arrivare a livello nazionale con la squadra femminile under 16. Poi ho continuato per mera passione. Ma quando torno a Riva per me non c’è niente di più bello che fare un doppio in famiglia, con papà, mio fratello Alessandro e, adesso, anche con Lorenzo. È uno di quei momenti in cui il tempo si ferma».
Orgogliosa di papà, che si è candidato con CampoBase?
«Molto, anche perché da pensionato ha saputo rimettersi in gioco con entusiasmo e generosità. Mi ha proprio toccato vederlo tanto coinvolto, pieno di idee e di voglia di fare».
Cosa ci dice del Bailey, che immaginiamo correre nella contea di Westchester?
«Bailey è un amore: un incrocio beagle-labrador adottato poco prima della pandemia. È un cane dolcissimo, intelligente, sempre pronto per una corsa nel prato o per ricevere coccole. Quando abbiamo lasciato Manhattan per vivere in una zona più verde, fuori città, lui è rinato e noi pure».
Oltre a creare Interni, lei è impegnata anche come docente.
«Sì, da un anno insegno nella New York School of Interior Design. La mia classe studia “progettazione sostenibile” per il master post-graduate (corso post-laurea di alta formazione, ndr). Tengo anche un corso di tecniche di visualizzazione. Adoro insegnare. Stare a contatto con gli studenti mi riempie di energia, perché condividere ciò che si ama, nel caso mio l’architettura, il disegno, la bellezza che sa parlare al cuore, è un grandissimo privilegio».
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