L'intervista
domenica 8 Giugno, 2025
Rovereto, affondo della sindaca Robol: «Provincia assente su molti temi. Ospedale, attendo ancora un incontro»
di Denise Rocca
Un anno fa diventava prima cittadina. «L'inceneritore? Non sarà da noi. Sicurezza, disponibile a valutare il Daspo»

Un anno fa Giulia Robol diventava sindaca di Rovereto, eletta al ballottaggio con il 57,3% delle preferenze e tutte le forze di centrosinistra unite attorno al suo nome, compresa Officina Comune che fino ad allora era stata una forza che gravitava nell’area valoriale del centrosinistra ma non si era mai sottoposta al giudizio delle urne o proposta come entità politico amministrativa. La sindaca di Rovereto, seconda città del trentino per popolosità, ma soprattutto per la sua posizione lungo l’asta dell’Adige, il suo ruolo economico di centro industriale del Trentino, di servizi con l’ospedale a cui fa riferimento tutta la bassa provincia e una vivacità culturale che l’ha spesso vista rivaleggiare (e anche prevalere) rispetto al capoluogo, non è solo la sindaca della città, ma ha un peso specifico nel quadro provinciale.
Sindaca, Rovereto seconda città del Trentino, quindi interlocutore privilegiato con Provincia e capoluogo, o no?
«I rapporti istituzionali sono corretti in tavoli nei quali abbiamo la possibilità di comprendere le strategie sul piano provinciale e Rovereto è seconda città non solo per popolazione ma per il sistema culturale, gli eventi, le industrie, il piano educativo. Questo non toglie che nelle partite che riguardano al città, e penso a bypass ferroviario, ma anche il nodo di Sant’Ilario, l’hub intermodale per dirne alcune, la Provincia è molto lenta. Sono tutte questioni enormi che passano sopra la testa della comunità lagarina e non abbiamo risposte nonostante le sollecitazioni da parte nostra ad avere un’interlocuzione ci siano state, per un confronto aperto e chiaro. L’impressione è che la concentrazione in Provincia sia su altri temi, si è parlato fin troppo del terzo mandato per esempio».
Terzo mandato, appunto. Che ne pensa lei?
«Come dicevo, se ne è parlato fin troppo e sta rubando fin troppe energie e attenzione questa questione».
Tornando alle partite cittadine che dipendono da piazza Dante, la più recente è la questione dell’ospedale Santa Maria del Carmine che ha perso 10 milioni di euro di lavori previsti e poi dirottati su Arco. Il piano di investimenti multimilionario annunciato all’indomani del cambio di programmi a che punto è?
«Questa è solo l’ultima delle risposte che non arrivano, nonostante abbia chiesto subito un incontro. Se c’è un piano così importante sul Santa Maria quando ne parliamo? La preoccupazione, come sulle altre questioni aperte, è che si arrivi all’ultimo con cose già decise o che si lascino lì nel limbo, congelate. Ma per far crescere il Trentino non ti puoi scordare di Rovereto».
Visto che parliamo di temi cruciali, lei l’impianto di chiusura del ciclo dei rifiuti – l’inceneritore – dove lo collocherebbe?
«A Rovereto proprio no. Marco, che è la zona che viene tirata in ballo, siamo già impegnati a salvaguardarla dal Bypass, la Valdastico poi, ancora lì andrebbe a incidere e non è una questione chiusa nonostante l’opposizione netta del territorio. Ora, non è accettabile che si proponga anche il termovalorizzatore. Io sono tra quelli che non capiscono perché ci debba proprio essere un termovalorizzatore anche in Trentino, perché non possiamo ampliare la riflessione su territori vicini. Non è in ogni caso corretto che il dibattito venga buttato ai sindaci che da soli dovrebbero decidere dove mettere il terzo incomodo, non è serio perché la partita è provinciale. Non mi è chiaro il disegno complessivo: nel piano industriale di Dolomiti Energia ci sono degli impianti di compattazione che raffinano ancora di più il rifiuto. Questa mi pare una cosa intelligente, per cui oggettivamente questi sistemi aiutano la raccolta differenziata. La mia idea è lavorare sulla raccolta con questi sistemi e quello che rimane, se non si può entrare su Bolzano ci si accordi con qualche altra realtà vicina. La Provincia deve guidare la discussione portando simulazioni, riflessioni, dati per decidere».
La visione di Rovereto città universitaria ha bisogno di uno studentato, dopo un po’ di fermento un paio di anni fa che fine ha fatto questo progetto?
«Direi che l’idea originaria è naufragata, ma al Cal ho proposto l’uso delle strutture alberghiere dismesse per questi utilizzi, pensando per Rovereto all’Hotel Flora il cui nuovo proprietario che lo ha acquistato all’asta sarebbe disponibile a ragionare su quei fondi Pnrr legati alle partnership pubblico-privato. Non ho percepito alla nostra proposta di ragionarci con gli uffici provinciali né velocità di risposta né particolare interesse, tutto è molto macchinoso, torniamo un po’ al discorso di prima. Eppure immaginare assieme un modello di recupero dei tanti immobili vuoti sarebbe importantissimo, fortemente strategico».
Come Comune non è pensabile intervenire da soli su una struttura come lo studentato?
«È quello che abbiamo fatto per mandare avanti la questione della mensa all’ex Peterlini: ipotizzato e messa in atto la cessione dell’immobile che era fra quelli sui quali la Provincia non aveva interessi ad operare, abbiamo stanziato dei fondi nostri, ragionato con la Comunità della Vallagarina che, vista la valenza sovracomunale dell’opera, ne ha finanziato una parte e ora andiamo avanti. Lo svantaggio, però, è che un Comune non può impegnare certe cifre tutte assieme, quindi deve spalmare su diversi bilanci e anni gli investimenti e i tempi si allungano in maniera significativa».
Sempre parlando di università, le Scienze della Vita sono un progetto di grande visione per la città e si recupera l’ex Merloni. Ci sono dei tempi definiti per l’arrivo del polo?
«Al tema tengo tantissimo, il respiro che darebbe alla città sarebbe davvero importante come già vediamo nelle esperienze universitarie che sono già stabilite a Rovereto e stanno raccogliendo successi internazionali. Ma anche qui si sono perse le tracce da parecchio. In maniera simile a quanto vorrei accadesse anche per Manifattura, credo serva una presenza del comune di Rovereto nelle decisioni, per inserire meglio nella città queste realtà nel caso di Manifattura, e per pianificarne l’arrivo e l’interazione con la città, dalla viabilità alla capacità di accogliere questi studenti. C’è una grande attività in corso a livello dirigenziale, di tecnici, ma mi aspetto che la Provincia batta un colpo sulla visione del progetto».
Questione sicurezza: Daspo, aumento della presenza di forze dell’ordine, controllo di vicinato sono strumenti sul tavolo?
«La sicurezza, intanto, non è una stretta prerogativa di sindaci e corpi di polizia locale e le loro competenze non sono quelle delle forze di polizia e carabinieri. Per la sicurezza servono più fondi per il personale in modo da lavorare in maniera più mirata su alcune situazioni come la gestione dei furti o i casi di disagio psichico. Per una collaborazione con le istituzioni deputate alla sicurezza il Comune è presente, vale per i nuovi strumenti come il Daspo. Se si sostiene che possa essere utile si può considerare la sua attivazione alla stregua di altri provvedimenti. Il controllo di vicinato sta funzionando bene a Rovereto: per esempio, i cittadini sono stati di grande aiuto in diverse occasioni».
Il tema della sicurezza, a volte, si intreccia con quello dell’accoglienza. Il sindaco di Trento Franco Ianeselli ha espresso preoccupazione per la concentrazione nel capoluogo di tutti i richiedenti asilo. Lei che ne pensa?
«Posso comprendere la preoccupazione del sindaco di Trento: è chiaro che la concentrazione in un luogo può portare a una situazione esplosiva. C’è un tema umanitario evidente che va gestito: non rispondere porta a ulteriore insicurezza, trasformando l’accoglienza in buonismo. La gestione è necessaria, non si possono lasciare a sé stesse le persone, questo è imprescindibile, siamo l’amministrazione e il tema va affrontato. Dire “rimangano a casa propria” non serve a nulla, non impedisci che le persone arrivino. La mancata gestione aumenta l’insicurezza perché i cittadini hanno la sensazione che non si faccia nulla e che quindi queste persone in povertà finiscano poi per delinquere. Sicurezza e coesione sociale, che significa anche accoglienza, vanno di pari passo. Il Trentino con l’accoglienza diffusa ha già dimostrato di rispondere bene, le realtà che si occupano del tema vanno però coinvolte, non penalizzate. Rovereto in un sistema condiviso, ragionato e costruito la responsabilità dell’accoglienza può prendersela, ma ciascuno deve fare la sua parte».
Il Mart è in cerca di direttore e la presidenza è un tema che desta qualche preoccupazione. Se doveste proporre un nome?
«Nomi no, ma il Comune vuole essere protagonista del Mart e il museo sta dialogando molto con noi: veniamo da un maggio particolarmente ricco di eventi e il Mart è strategico per la vitalità culturale di Rovereto. Non solo con l’idea dell’esibire, oggi i musei sono molto altro: per le attività educative, i progetti sul territorio, le relazioni internazionali ma anche quelle locali. Nella mia visione è interessante lavorare sull’aspetto culturale della città perché diventi elemento non solo di attrattività dall’esterno ma anche di approfondimento e crescita per chi vive a Rovereto».
Consultazione popolare
Referendum, il primo giorno di voto si chiude con un'affluenza al 22,7%. In Trentino al 21,8%. Oggi urne aperte dalle 7 alle 15
di Redazione
In provincia percentuale identica per tutti e cinque i quesiti. A Castel Condino la più alta partecipazione, a Molveno la più bassa. In Alto Adige record negativo