La rubrica

martedì 30 Settembre, 2025

Quando l’arte ci aiuta a liberare le emozioni. L’esperta: «Un foglio bianco è spazio di sperimentazione, senza giudizi e paure»

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La nuova puntata di PsicoT con l'arte-terapeuta Eleonora Buselli cge spiega come l'arte sia veicolo di espressione

Care ragazze, cari ragazzi, c’è un linguaggio che non ha bisogno di parole, che nasce dal gesto, dal colore, dalla materia che prende forma tra le mani. È il linguaggio dell’arte, capace di accogliere emozioni e restituirle trasformate, in un dialogo silenzioso ma potente con sé stessi e con il mondo. Sempre più persone scoprono come l’arte sia una pratica che cura, che accompagna, che permette di riconoscere e attraversare le proprie fragilità. Ne abbiamo parlato con Eleonora Buselli, arteterapeuta, che oggi ci guida a comprendere come la creatività possa diventare un mezzo per stare bene.

Eleonora, in che modo l’arte può aiutarci a stare meglio?
«L’arte è rifugio, specchio e guida: un foglio bianco diventa spazio di gioco e sperimentazione, libero da giudizi e paure di sbagliare. Attraverso il gesto creativo possiamo esprimere emozioni, riconoscere sentimenti, dare forma a pensieri e scelte, fino a contestualizzare le nostre esperienze. L’arteterapia si fonda sull’idea che l’immagine sappia comunicare in modo più diretto e autentico delle parole, liberandoci dai filtri del pensiero. Dare forma alle emozioni significa non esserne sopraffatti, ma incontrarle e accoglierle. Così l’arte riconcilia: mette insieme luce e ombra, caos e armonia, restituendoci un’immagine più integra e connessa di noi stessi».

Ci racconta la tecnica del collage, quindi il lasciare e tagliare connessi al nostro stato d’animo?
«Il collage, come avevano intuito dadaisti e surrealisti, non rappresenta soltanto: trasforma, reinventa, libera. Staccare un’immagine dal suo contesto e inserirla in un nuovo sfondo significa aprirla a possibilità inedite, a narrazioni che mescolano reale e immaginario. È un atto semplice ma sovversivo: sposta i confini, intreccia passato e presente, desideri e mancanze, creando una grammatica simbolica tutta personale. Attraverso ciò che scegliamo di conservare o di tagliare via, il collage ci invita a prendere posizione e a lasciare andare ciò che non serve più. Ogni gesto compositivo diventa anche un gesto emotivo: racconta di legami e distanze, di equilibri interiori. Ricomponendo frammenti di mondo, impariamo a intravedere la possibilità di ricomporre anche noi stessi».

E rispetto al corpo, l’arte può creare consapevolezza?
«Il corpo custodisce memorie silenziose: tensioni, blocchi, posture difensive che raccontano strategie apprese nel tempo per adattarsi all’ambiente. L’arteterapia offre uno spazio protetto in cui osservarle e trasformarle, passando dal fare automatico al sentire consapevole. Attraverso il gesto artistico possiamo distinguere ciò che è autentico da ciò che è imposto, ciò che appartiene a noi da ciò che è dell’altro, imparando a riconoscere confini e a scegliere con maggiore libertà. È un allenamento alla presenza, un esercizio di ascolto profondo che rafforza la fiducia nelle proprie percezioni e permette di integrare ciò che è rimasto scisso o inespresso. L’arte diventa così un luogo privilegiato in cui fare esperienza di sé: uno spazio intermedio dove rivivere situazioni, rielaborarle, e dare forma nuova a emozioni e vissuti. È una pratica che insegna a padroneggiare il mondo interno per muoversi con più consapevolezza in quello esterno. In una società che spesso ci vuole allineati, conformi, performativi, l’arte ci invita invece a osare: a trasgredire, a dare voce ai desideri segreti, ai pensieri scomodi, alle emozioni disordinate. È un cammino verso il riconoscersi, verso un’immagine di sé più autentica. Perché, come dice Agrado nel film “Tutto su mia madre”, “uno è più autentico quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stesso”».