l'esodo

venerdì 6 Ottobre, 2023

Pazienti di psichiatria in «fuga» verso il Veneto. In due anni cento trentini hanno preferito le cliniche private veronesi

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Un fenomeno in crescita: nel 2022 sono state curate e dimesse 26 persone provenienti dalla provincia di Trento di cui sette adolescenti

Se mancano i posti nei centri di salute mentale si finisce nelle «ville venete». Non quelle palladiane, tutelate dall’Unesco, ma in strutture private, accreditate con il servizio sanitario regionale, immerse nel verde delle colline appena sopra Verona, o dei colli Berici ed Euganei. Il fenomeno è stato notato dagli addetti ai lavori ed è confermato dalle strutture stesse: un aumento di pazienti provenienti dal Trentino, già a partire dal 2021 e accentuatosi l’anno successivo e nei primi nove mesi del 2023. Si parla di diverse decine all’anno in almeno quattro strutture, per un totale che potrebbe sfiorare il centinaio. È una cifra di tutto rispetto dato che si parla di un servizio che, per quanto essenziale, riguarda un numero ridotto di persone. Tra le strutture interessate dal fenomeno ce ne sono due a Verona: la casa di cura Santa Giuliana e villa Santa Chiara. Si trovano a pochi chilometri di distanza, la prima è specializzata soprattutto nella presa in carico dei giovani adulti, la seconda nei gravi casi di depressione e di disturbi alimentari. E di giovani adulti si occupa anche villa Santa Margherita, ad Arcugnano, a pochi passi da Vicenza, mentre il parco dei Tigli, a Teolo (Padova) è specializzato in dipendenze. In tutti i casi sono già stati diverse decine i pazienti trentini accolti dall’inizio dell’anno. A Santa Giuliana, nel 2022 sono state curate e dimesse 26 persone provenienti dalla provincia di Trento: sette erano adolescenti. Nel 2023, solo fino a settembre, i pazienti sono già risultati essere 19, di cui cinque adolescenti. Anche villa Santa Chiara, il cui personale è stato contattato al telefono, conferma «un importante aumento di pazienti trentini», in particolare negli ultimi mesi.
Si tratta di un segnale su come sta funzionando la presa in carico di questi delicatissimi pazienti. La psichiatria trentina, infatti, è stata al centro di un cambio organizzativo, con l’istituzione di un nuovo dipartimento transmurale. E a breve arriverà la chiusura del servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Arco, che dovrebbe essere sostituito dall’attivazione del servizio «h24» al centro le Palme che, proprio in questi giorni è stato oggetto di una determina di ricalcolo delle spese (ne servono 18 mila euro in più), e i tempi dei lavori potrebbero allungarsi. Ma il fatto che tanti trentini «in fuga» ci siano già con il servizio ancora funzionante significa che, anche con il centro di Arco aperto, assieme a quello di Borgo e di Trento, la presa in carico, per molti sia difficile. E si chiede oltre confine: a Salorno, in Alto Adige, dove molto spesso si riceve un diniego, e nelle strutture venete. Che, benché di natura privata, sono accreditate: e la Provincia di Trento rimborsa Venezia per le cure erogate. Alla fine, sono sempre soldi dei contribuenti. In Veneto, le strutture psichiatriche fanno a gara a offrire servizi extra: a Santa Giuliana, ad esempio, si punta anche sull’ippoterapia e il kite surfing. «Dopo il Covid — spiega il direttore generale della casa di cura, Tiziano Zenere — abbiamo avuto un aumento di richieste. A giugno abbiamo raddoppiato i posti per la riabilitazione degli adolescenti diversificando così gli interventi per fasce d’età. Possiamo arrivare fino a 38 posti». Da soli, pesano quasi come quelli di tutto il servizio pubblico in Trentino (51 quelli per acuti). A spingere le famiglie «verso sud», ci sono anche le attese per la presa in carico. Il privato ci mette una toppa. Ma non sarà mai obbligato a prendere in carico le persone con le difficoltà più impegnative, magari con episodi, anche sporadici, di violenza, oltre che di depressione acuta. Una questione di cui si è già parlato, a lungo, quest’estate, dopo il delitto di Rovereto. E che rischia di acuirsi ulteriormente.