La vicenda

venerdì 15 Settembre, 2023

Chi era Sara Pedri, la ginecologa di Forlì scomparsa nel nulla il 4 marzo 2021

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La sua auto è stata ritrovata a Mostizzolo, al confine con il comune di Cles, dove la 31enne lavorava. Al Santa Chiara prese servizio il 16 novembre 2020

Tre anni senza risposte. Sara Pedri, ginecologa originaria di Forlì, è scomparsa il 4 marzo 2021 all’età di 31 anni e da allora non se ne hanno più notizie. La sua auto è stata ritrovata a Mostizzolo, in val di Non, al confine con il comune di Cles, dove la giovane professionista lavorava. Sara Pedri si era infatti trasferita in Trentino dopo aver conseguito la specializzazione a Catanzaro e dopo aver vinto un concorso all’ospedale di Cles. Pochi giorni prima di iniziare il nuovo lavoro, il reparto di ostetricia e ginecologia di Cles viene chiuso e riorganizzato come reparto Covid. Da quel momento Sara Pedri viene trasferita all’ospedale Santa Chiara di Trento.

All’ospedale del capoluogo prende servizio il 16 novembre 2020 e fin da subito manifesta disagio. Pedri infatti aveva accettato l’incarico in Trentino perché a Cles le era stato assicurato che avrebbe potuto dedicarsi alla procreazione medicalmente assistita, ossia la specializzazione che aveva scelto. L’ospedale Santa Chiara invece si occupa principalmente di ginecologia oncologica. Dagli appunti ritrovati in casa, dai messaggi inviati su WhatsApp e dalle parole affidate ai familiari, al compagno e agli amici, emerge un dolore estremo che, nella sua mente, era diventato intollerabile, insopportabile, inaccettabile che, si legge perizia psicologica condotta dalla dottoressa Gabriella Marano e depositata dall’avvocato della famiglia Pedri, «lascia presagire, con tasso di probabilità purtroppo prossimo alla certezza, che Sara Pedri si sia tolta la vita».

In poco più di tre mesi, infatti, Sara si ammala, dimagrisce molto, inizia ad avere tremori, si isola, non è più sicura di sé e si sente terrorizzata e incapace. A febbraio la sua famiglia la convince a tornare a casa per un po’ e il medico le prescrive 15 giorni di malattia a causa di un «calo ponderale e stress lavorativo» che vengono però ridotti a sette perché Sara voleva rientrare a lavoro.

Secondo la perizia psicologica condotta dalla dottoressa Gabriella Marano e depositata dall’avvocato della famiglia Pedri, Sara è stata vittima di «mobbing, nella sua variante del ‘quick mobbing’, ovvero di comportamenti vessatori frequenti e costanti, posti in essere con lo scopo, quand’anche inconsapevole, e l’effetto di violare la sua dignità di donna e lavoratrice, e di creare, intorno a lei, un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo” che le ha provocato un “disturbo post traumatico da stress, con sintomi ricorrenti riconducibili anche al criterio della depersonalizzazione».

A giugno 2021, dopo la scomparsa della ginecologa, la procura di Trento apre un fascicolo e l’azienda sanitaria trentina avvia un’indagine interna che però inizialmente non riscontra collegamenti tra la scomparsa di Sara Pedri e “i fatti accaduti nel contesto lavorativo”. A luglio 2021 il Ministro Roberto Speranza invia degli ispettori ministeriali al reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara. Circa dieci giorni dopo, Pier Paolo Benetollo, direttore dell’azienda sanitaria, si dimette. Dopo aver ascoltato circa 110 testimonianze, la commissione interna conclude i lavori e nella relazione finale stabilisce che “dalla documentazione emergono fatti oggettivi e una situazione di reparto critica che rendono necessario, a partire da lunedì 12 luglio, il trasferimento” del primario, a cui era intanto stato imposto un periodo di ferie forzate, e della viceprimaria.

Nel novembre 2021 l’allora primario Saverio Tateo, che insieme alla viceprimaria Liliana Mereu si è sempre dichiarato estraneo alle accuse, viene licenziato.

Tateo e Mereu vengono indagati per «maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione e disciplina» e la Procura di Trento individua 21 parti offese, tra cui la stessa Sara Pedri, e richiede l’incidente probatorio per nove testimoni.

Oggi la chiusura della vicenda, almeno in primo grado. Saverio Tateo sarà reintegrato nel suo incarico precedente all’Azienda provinciale per i servizi sanitari: tornerà a dirigere l’unità di ginecologia. Lo dispone una sentenza del tribunale di Trento, che ha dichiarato illegittimo il licenziamento arrivato due anni fa.