in tribunale
giovedì 11 Settembre, 2025
Nuovi guai per Domenico Morello: dopo Perfido a processo per bancarotta
di Ubaldo Cordellini
L'imprenditore, re della logistica, coinvolto nell'inchiesta era già stato condannato a 10 anni: secondo i giudici «promotore e organizzatore di una locale di 'ndrangheta operante in Trentino»

Nuovi guai per Domenico Morello, il re della logistica coinvolto nell’inchiesta Perfido. Oggi nei suoi confronti si aprirà il processo davanti al tribunale collegiale per bancarotta fraudolenta per il fallimento della Selit scarl, una società di trasporti attiva nella consegna porta a porta delle spedizioni di vendite telematiche tra il 2015 e il 2022. A Morello il pubblico ministero Maria Colpani contesta l’accusa di bancarotta fraudolenta contabile e per distrazione di beni per un totale di circa un milione di euro.
Secondo l’accusa, la società aveva una sede fittizia a Roma, ma operava in Trentino e veniva amministrata a gestita da Morello dal suo ufficio di via Zambra. La Selit è una delle tante società della galassia che fa capo a Morello che è andata incontro a un destino infausto. Da qui una pioggia di guai per l’imprenditore che è già stato condannato in via definitiva per la vicenda Perfido, ossia l’inchiesta su una sezione «locale» dell’Ndrangheta, una sorta di succursale, che si era impiantata in Trentino, nei territori del porfido. Non solo accusa di associazione di stampo mafioso nei suoi confronti, ma anche reati come la bancarotta fraudolenta derivanti dal suo modo spregiudicato di fare affari.
Il meccanismo
Secondo l’accusa Morello aveva ideato un meccanismo basato su un giro vorticoso di società operative nel mondo della logistica. Ne apriva una, non teneva i libri contabili, poi, quando queste accumulavano debiti milionari, trasferiva armi e bagagli, ovvero furgoni e personale, a un’altra società lasciando i creditori con un pugno di mosche in mano, senza neanche uno straccio di contabilità da cui partire per ricostruire il giro d’affari e la consistenza patrimoniale.
La precedente condanna
Il caso della Selit è di scuola. Morello ne aveva costituite due, di Selit, una con sede a Roma e una con sede a Trento. Quest’ultima chiuse già nel 2018 e il suo personale era stato trasferito a un’altra società dal nome diverso, «Quidam rentalis». In eredità lasciò un debito di 1,8 milioni, quasi tutti nei confronti dello Stato. Il tribunale di Trento ne dichiarò il fallimento nel 2022. Per questo fallimento l’imprenditore è stato già condannato con giudizio abbreviato dal giudice Marco Tamburrino a 3 anni di reclusione
La condanna per mafia
Morello, 55 anni, sta scontando la condanna a 10 anni di reclusione che gli è stata comminata da ultima dalla Corte d’appello di Trento, e poi confermata dalla Corte di Cassazione nel giugno scorso. L’imprenditore del settore dei trasporti e della logistica è stato ritenuto dai giudici «promotore e organizzatore di una locale di ‘ndrangheta operante in Trentino», radicata nello specifico in Val di Cembra, in particolare intorno al settore del porfido.
Morello aveva presentato ben due ricorsi in Cassazione, ma i giudici del palazzaccio, però, hanno affermato che non vi fosse invece alcun errore materiale o di fatto nella sentenza di Corte d’appello di Trento. L’imprenditore non è neanche riuscito ad ottenere dalla Cassazione le circostanze attenuanti generiche, quelle che la Corte d’Appello di Trento gli aveva negato «in considerazione della gravità del fatto e dell’estrema disinvoltura con cui ha agito, desunta dalla piena condivisione delle logiche sottese all’azione criminale della cosca, alla spregiudicatezza dimostrata nel cooperare alla conduzione della stessa, e dalla propensione, più volte manifesta, a condotte intimidatorie e violente, anche attraverso l’utilizzo di armi, unitamente alla mancanza di qualsiasi forma di resipiscenza», avevano sostenuto i giudici di secondo grado di Trento, in oltre duecento pagine. Nel ricorso in Cassazione, l’avvocato di Morello aveva sostenuto, poi, che i giudici della Corte d’appello non avevano fornito motivazioni sufficienti e adeguate per la qualificazione del sodalizio come associazione di stampo mafioso. Ma anche su questo l’imprenditore ha dovuto incassare un no secco che gli ha spalancato la porta del carcere di Sassari. Insomma, dopo l’impugnazione in Appello della sentenza di primo grado e dopo ben due ricorsi alla Corte di Cassazione, la sentenza a dieci anni nei confronti di Domenico Morello è diventata definitiva.
Perfido 2. Ma non è finita qui. Infatti l’imprenditore dovrà rispondere anche dell’accusa di voto di scambio nell’ambito dell’inchiesta Perfido bis per i suoi rapporti con l’ex sindaco di Lona Lases Roberto Dalmonego.