Ricerca
sabato 14 Giugno, 2025
Nuova collaborazione tra l’Università di Trento e un’azienda israeliana: scoppia la polemica
di Simone Casciano
Il progetto finanziato con 6,5 milioni dall'Unione Europea. Coinvolta Israel Ibm: raccorta firme per fermare la partnership

Una ricerca in partenza dell’Università di Trento è al centro della discussione interna all’ateneo. Si tratta di un progetto finanziato con 6,5 milioni di euro dall’Unione europea e ha come oggetto intelligenza artificiale e privacy. Oltre alla partecipazione dell’ateneo e di altri centri di ricerca, vede il coinvolgimento anche di Ibm Israel, la divisione israeliana del colosso dell’informatica americano e proprio questo è l’oggetto della protesta.
La ricerca
Il progetto di ricerca è stato denominato «Truman», l’abstract pubblicato sul sito dell’Università di Trento e sul portale dell’Unione europea spiega che il suo obiettivo è quello di «progettare e sviluppare tecnologie e metodologie per migliorare la resilienza dei sistemi di Ai contro gli attacchi alla sicurezza, alla privacy e alla correttezza, nonché per aumentare la fiducia degli utenti in questi sistemi, a partire dalla raccolta dei dati fino all’addestramento e alla distribuzione». Il progetto «comprenderà tre principali architetture di Ai: la rappresentazione e l’apprendimento dei grafi di conoscenza, l’apprendimento continuo e i modelli linguistici di grandi dimensioni». Truman «svilupperà soluzioni per gli attacchi alla privacy, agli avversari e alla correttezza. Il progetto prenderà in considerazione anche l’impatto di queste soluzioni sugli esseri umani, e come impiegare il loro aiuto nel miglioramento di questi modelli». «Truman» è finanziato per 6,5 milioni di euro, capofila è il centro di ricerca francese Eurecom, l’Università di Trento beneficerà di un contributo di circa 700mila euro, mentre 723mila, la quota più alta, sono destinati a Ibm Israel per il suo ruolo nel progetto.
Cos’è Ibm Israel
Proprio la presenza di Ibm Israel è al centro della discussione. La divisione israeliana della corporazione americana dell’informatica ha una storia di collaborazioni problematiche con Israele. Collaborazioni documentate da portali di indagine come «Whoprofits» e «The Interceptor». Ibm Israel ha contratti per centinaia di milioni di euro con lo stato di Israele. In particolare ha un contratto attivo con l’Autorità israeliana per la popolazione, l’immigrazione e le frontiere. Tra i progetti principali che ha contribuito a sviluppare c’è il sistema Eitan. Si tratta di un sistema informatico, in utilizzo dal 2021, per la gestione del registro della popolazione. Attraverso il sistema Israele tiene sotto controllo l’identità delle persone, i dati biometrici e il controllo facciale, i permessi di lavoro e di spostamento per i palestinesi. Un sistema con cui sono stati collezionati i dati sui residenti palestinesi di Gerusalemme, della Cisgiordania e di Gaza. Una tecnologia che, secondo whoprofits, Israele utilizza «per mantenere il controllo della popolazione palestinese ed è stato usato a scopo di pressione politica o estorsione». La sussidiaria Red Hat poi ha altri contratti con l’esercito israeliano. Ci sono poi ulteriori contratti firmati dalla compagnia principale, Ibm con il ministero della difesa israeliano.
La raccolta firme
Queste informazioni devono aver iniziato a circolare anche all’interno dell’ateneo di Trento.
Tanto che, negli ultimi giorni, ha iniziato a circolare una raccolta firme, tra i dipendenti dell’università, per chiedere l’interruzione di questa collaborazione.
«Siamo convinti che il collega incluso nel progetto sia estraneo alle politiche vessatorie ma rimane il dato politico ed etico: la collaborazione attiva nelle attività di ricerca con il gestore informatico dei processi di apartheid ai danni del popolo palestinese – scrivono nella lettera i professori – L’adesione alla campagna “Un sudario per Gaza” è stato un atto di consapevolezza e di condanna. Rettore, lei ha dichiarato che noi “abbiamo il potere di non contribuire al sistema di apartheid”. Questo ci sembra il momento in cui questo potere possa e debba essere concretamente esercitato. Come dipendenti abbiamo il dovere di dichiararci obiettori ed obiettrici di coscienza a questa collaborazione. Per questo le chiediamo con urgenza di interrompere la collaborazione con Ibm Israel uscendo dal progetto prima che vengano presi dall’ateneo impegni finanziari che renderebbero difficile tale interruzione».