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sabato 31 Dicembre, 2022

«Nasce sulle Dolomiti un’altra generazione di giovani fenomeni». Lucchetta: «Trento alleva talenti»

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Lo sportivo: «L’Itas è un’incubatrice di giovani talenti. La pallavolo del futuro passa anche da qui»

Vista da lui, che è stato tra i protagonisti di quella pagina di storia sportiva che a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 ha consacrato al mondo la pallavolo italiana, la Trentino Itas potrebbe avere le carte in regola per consegnare altri nuovi attori ad un’altra scena del volley azzurro.
L’ex centrale di Treviso, della Panini, di Milano, Cuneo Roma e Daytona oltre che della Nazionale e oggi cronista sportivo è un fiume in piena appena gli chiediamo di parlare di Itas: «Ammirazione su tutti i fronti. Sul fronte societario Trento ha imparato bene e ora non esito a dire che si è inserita, con merito, nel ranking dei club del volley italiano più strutturati. Sul piano tecnico numeri e nomi sono sotto gli occhi di tutti. Aver portato in Italia giocatori come Juantorena e Kaziyski è stato un lavoro sopraffino e lanciare nel panorama europeo e mondiale talenti come Giannelli e oggi Michieletto non è cosa da poco».
Quindi possiamo dire che la Trentino Volley ha arricchito e sta arricchendo questa parte di mondo sportivo?
«L’Itas è un veicolo importante per la pallavolo italiana, così come lo sono Perugia, Modena e altri club. Il concetto è capire come tenere alti i giri del motore di questi veicoli. Mi spiego: serve costanza e la capacità di cercare, individuare e affidare il lavoro a tecnici davvero preparati e Angelo Lorenzetti è fra questi».
Più Lorenzetti o più Stoytchev? Tanto per rimanere sugli ultimi due allenatori di Trento.
«Due persone e due personalità completamente differenti ma entrambe efficaci. Radostin è più affinatore per l’ultimo miglio, quello che ti fa avere lo scatto finale per il risultato, Lorenzetti credo invece sia più didattico. È l’uomo giusto per amalgamare un gruppo e per far crescere i più giovani di un roster».
Dove può arrivare questa Trento, secondo lei?
«Dove non saprei dirlo ma posso dirle cosa, secondo me, potrà fare per imboccare la strada giusta nei prossimi anni. Io insisto molto sul teorema, che in ben altri settori è fonte di vita e di energia, dei così detti vasi comunicanti. Ecco, penso che a Trento ci siano tutte le condizioni affinché chi ha più esperienza possa trasmettere ad altri l’ossigeno utile ad una crescita perfetta dei pallavolisti italiani».
Qualche nome allora? Tanto per capirci.
«I nomi possono essere Kaziyski, Sbertoli e Michieletto ma vorrei evitare il rischio di non nominarne altri. Lavia non è da meno. Nel momento in cui si perfezionerà il feeling fra di loro, con Matej a trasmettere per primo competenza, strategia e visione agli altri sarà completata una fase di crescita che potrà consacrare altri nuovi punti di riferimento per la pallavolo italiana».
Michieletto, in chiave futura, potrebbe essere il prossimo Giannelli?
«Beh, di strada ce n’è ancora molta da fare, per entrambi s’intende.
Simone oggi è esploso ed è l’ago della bilancia del volley azzurro ancora piuttosto giovane.
Alessandro è ancora in fase di rodaggio, direi. Dovrà essere bravo a lavorare per osmosi e assorbire soprattutto il carisma di Matej Kaziyski, considerando che tecnicamente i numeri li ha. Se saprà “rubare l’arte” di chi gli sta davanti allora tutto potrà diventare possibile. Per lui, per Trento, per il volley azzurro».
Cos’ha quest’Itas Volley, secondo lei, che l’ha resa così importante?
«Viene da una bella storia, nata dal basso – penso a Mezzolombardo, penso ai talenti di allora che le si sono dedicati come Massimo Dalfovo che ha portato la giusta esperienza -, ha alle spalle un territorio che le ha permesso di crescere e consolidarsi societariamente e poi sul parquet. Rivendico il copyright di “muro dolomitico” che ho più volte utilizzato raccontando le prestazioni in campo e ora me lo rigioco parlando anche del club. Trento e Perugia hanno lanciato un modo nuovo di gestione aziendale fatto di soci, di tanti sponsor che condividono anziché di pochi se non di un uomo solo al comando. Anche quest’aspetto, credo, possa essere un modo efficace per garantire crescita, ricambio e continuità».
Tutta questa «graniticità dolomitica» alimenta anche il settore giovanile?
«Senza alcun dubbio. Siete mai stati sul vostro monte Bondone a seguire uno dei camp estivi che organizza ogni anno la Trentino Volley? Sono partecipatissimi, questo perché la Società è ambita e ritenuta di livello. Assieme a Monza e a Modena Trento è fra i maggiori incubatori».
Dell’ambiente trentino che ne pensa?
«Il palazzetto di Trento è sempre uno spettacolo e la tifoseria è fra le più attive, colorate e positive che abbia conosciuto e apprezzato. Sono sempre molto vicini alla squadra e poi proprio a Trento si è dato vita a quel bellissimo modo di consentire al pubblico di avvicinare i giocatori ad ogni fine gara. Ora si fa un po’ ovunque ma all’inizio non era così».
Possiamo chiederle come finirà questo campionato di Superlega?
«Ah beh… Se il pallone da pallavolo si trasformasse, anche solo per un istante, in una sfera di cristallo forse potrei dirle come finirà. Quello che posso immaginare, invece, è la griglia delle squadre che avranno qualcosa da dire in chiave play off: su tutte Perugia, subito sotto Civitanova e poi se la giocano soprattutto per il terzo posto Trento, Modena e Piacenza. In questo ordine».
E come sarà il futuro di Trento, allora?
«Trento deve riflettere, proseguire così ma per il prossimo anno deve riflettere e decidere cosa vorrà fare nella prossima stagione. Lanciare bei giovani è ottimo, dare spazio a giocatori rimasti sempre un po’ lì sull’incerto come Laurenzano – che oggi è fra i più bei liberi in circolazione – è vitale ma fra poco dovrà decidere se intraprendere la strada per tornare ad essere una fra le grandi o confermare il ruolo di incubatrice».
Lei è di quelli passati alla storia come «la generazione di fenomeni della pallavolo». Ma è l’unica?
«No; ne stanno crescendo altri. Le Dolomiti stanno facendo da culla a quello che sarà il prossimo patrimonio italiano della pallavolo».