Il lutto
martedì 24 Giugno, 2025
Morte di Simone Navarini, il dolore della sorellina Sara: «Fratellone mio, eri la roccia della mia vita»
di Patrizia Rapposelli
Il ricordo intriso di rimpianto: «Sapeva consigliarmi, mi guidava nelle scelte»

«Non ce la faccio: non fatemi raccontare di mio figlio». Un dolore insopportabile che fa da contrappunto a un amore grande, sconfinato. Quello di mamma Roberta. Simone Navarini è morto sabato sera precipitando dalla parete, sul Sasso San Giovanni. Aveva solo 29 anni. Sabato aveva appena ultimato assieme a un amico una via d’arrampicata ai piedi delle Dolomiti di Brenta, nel comune di Spormaggiore, quando ha perso l’equilibrio mentre si apprestava a prepararsi alla discesa, precipitando nel vuoto. È morto sul colpo. Un dramma che ha trasformato
casa Navarini in un luogo di lacrime e di sconforto: le emozioni non trovano voce.
casa Navarini in un luogo di lacrime e di sconforto: le emozioni non trovano voce.
«Fratellone, fa male»
Ma Sara, la piccola di casa. La sorella minore di Simone è un fiume in piena: «Perla rara, lo so che non ti rivedrò, ma quel mai più fa male da morire». Il dolore prende il sopravvento, gli occhi diventano fontane. Lo sfogo amaro: «Era la mia roccia. Un modello da seguire, il mio punto di riferimento. Il mio fratellone non era uno da tanti abbracci, ma c’era. Sempre presente mi spronava, consigliava. Mi guidava nelle scelte. Lui diceva che “i sogni non vanno soffocati”».
Ma Sara, la piccola di casa. La sorella minore di Simone è un fiume in piena: «Perla rara, lo so che non ti rivedrò, ma quel mai più fa male da morire». Il dolore prende il sopravvento, gli occhi diventano fontane. Lo sfogo amaro: «Era la mia roccia. Un modello da seguire, il mio punto di riferimento. Il mio fratellone non era uno da tanti abbracci, ma c’era. Sempre presente mi spronava, consigliava. Mi guidava nelle scelte. Lui diceva che “i sogni non vanno soffocati”».
«Respirava montagna»
Simone non si fermava davanti a nulla. Determinato, entusiasta e appassionato non si tirava mai indietro. D’altra parte aveva trovato nell’arrampicata la sua dimensione, rivela Andrea, il fratello maggiore: «Un amore quello della montagna che non conosceva stagione: d’estate con camminate, escursioni, ascese. D’inverno con le scialpinistiche». E con il passare degli anni questa passione in lui si era tradotta anche in impegno. Infatti, oltre a essere esperto di montagna e alpinista, era presidente della sezione Sat di Ravina dove abitava. «Fin da piccoli abbiamo respirato montagna. Un’amore nato da mamma e papà. Ricordo una notte in un rifugio, lui fuori, sotto le stelle, che non riusciva a prendere sonno dalla felicità». Negli occhi di Andrea scorrono con sofferenza le immagini di una vita insieme: «Simone a nove anni ha raggiunto il Monte Rosa con mamma e papà, ma nessuno in famiglia arrampicava, quella era una sua indole innata». La montagna era la chiave di tutto: «Era la sua filosofia di vita che si traduceva in un modo di vivere sano. Andava a lavorare in bici, era diventato vegano, rispettava l’ambiente in tutto e per tutto». Come lo era la sua famiglia: «Non aveva mai lasciato l’azienda di familiare, né durante gli studi né dopo averli conclusi e ora affiancava all’attività di insegnamento quella di consulenza per la nostra attività. Preciso e razionale riusciva a trovare la leggerezza in ogni cosa», racconta con la voce strozzata dal dolore Andrea.
Simone non si fermava davanti a nulla. Determinato, entusiasta e appassionato non si tirava mai indietro. D’altra parte aveva trovato nell’arrampicata la sua dimensione, rivela Andrea, il fratello maggiore: «Un amore quello della montagna che non conosceva stagione: d’estate con camminate, escursioni, ascese. D’inverno con le scialpinistiche». E con il passare degli anni questa passione in lui si era tradotta anche in impegno. Infatti, oltre a essere esperto di montagna e alpinista, era presidente della sezione Sat di Ravina dove abitava. «Fin da piccoli abbiamo respirato montagna. Un’amore nato da mamma e papà. Ricordo una notte in un rifugio, lui fuori, sotto le stelle, che non riusciva a prendere sonno dalla felicità». Negli occhi di Andrea scorrono con sofferenza le immagini di una vita insieme: «Simone a nove anni ha raggiunto il Monte Rosa con mamma e papà, ma nessuno in famiglia arrampicava, quella era una sua indole innata». La montagna era la chiave di tutto: «Era la sua filosofia di vita che si traduceva in un modo di vivere sano. Andava a lavorare in bici, era diventato vegano, rispettava l’ambiente in tutto e per tutto». Come lo era la sua famiglia: «Non aveva mai lasciato l’azienda di familiare, né durante gli studi né dopo averli conclusi e ora affiancava all’attività di insegnamento quella di consulenza per la nostra attività. Preciso e razionale riusciva a trovare la leggerezza in ogni cosa», racconta con la voce strozzata dal dolore Andrea.
Il funerale
Il funerale si terrà mercoledì, 25 giugno alle 10, si terrà il funerale di nella chiesa parrocchiale di Ravina. Oggi la camera ardente è allestita nell’azienda di famiglia in via Gola.
Il funerale si terrà mercoledì, 25 giugno alle 10, si terrà il funerale di nella chiesa parrocchiale di Ravina. Oggi la camera ardente è allestita nell’azienda di famiglia in via Gola.
L'intervista
Giovanni Impastato e la memoria (sempre attuale) di Peppino: «La mafia non è invincibile, ma negli ultimi anni è cresciuta. Oggi è parte della borghesia»
di Francesca Botteon, Tobia Lorenzini, Davide Zanlucchi
Lo scrittore ricorda il contributo del fratello ucciso il 9 maggio 1978. «Dopo mezzo secolo il suo contributo resta intonso: il suo è un messaggio educativo per le nuove generazioni. La criminalità organizzata? Da Nord a Sud non c'è più differenza»