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martedì 5 Agosto, 2025

Martalar «scende» sulle colline del Prosecco: ecco il Leone alato di Vaia

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Dopo otto grandi sculture in Trentino, la prima grande opera dello scultore di Roana in terra Serenissima non poteva essere che l'emblema del Veneto

«Eccolo finalmente ! dopo mesi di lavoro e tanta fatica ‘Il leone alato di Martalar’, situato sulle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, è un simbolo storico dell’identità veneta».  Dopo otto grandi sculture in Trentino, l’artista altopianese (di Roana) Marco Martalar approda nel suo Veneto, scendendo, se non in pianura… in collina. Più precisamente sulle colline del Prosecco, a Tarzo (Treviso), su commissione dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene. E l’opera, realizzata come sempre con gli scarti del legno abbattuto dalla tempesta Vaia, non poteva che essere il Leone di San Marco, «anticipato» per certi versi dal grifone del Tesino, posto al confine con la provincia di Belluno e volutamente «metà aquila» (a rappresentare il Trentino) e «metà leone» (il Veneto, per l’appunto).

 

Il leone è stato realizzato con oltre 3.000 pezzi di radici di alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, è il leone in legno più grande al mondo, con un’altezza di oltre 7 metri e una lunghezza di 10.

 

«L’opera – spiega Martalar – incarna i valori di forza, protezione e giustizia della Serenissima Repubblica. Da sempre emblema identitario della città lagunare e dell’intero Veneto, il leone alato è legato non solo alla figura di San Marco, patrono di Venezia, ma anche alla tradizione culturale della regione. Non a caso, è l’elemento centrale della bandiera, prima della Serenissima e oggi del Veneto. La tempesta Vaia del 2018, che ha colpito le Alpi e vaste aree del Nord Italia, ha lasciato una profonda ferita nel paesaggio e nelle comunità locali. L’artista Marco Martalar ha scelto di recuperare i legni schiantati, trasformandoli in un’opera che crea un ponte tra passato e presente: ciò che era distrutto rinasce come simbolo di resilienza e speranza. Per rafforzare il legame con il territorio, l’artista ha utilizzato legname di scarto proveniente dalle vigne delle Colline Patrimonio dell’Umanità per realizzare la criniera del leone, generando così una fusione simbolica tra natura e cultura locale».

 

Per Martalar «una riflessione sulla fragilità della natura e sulla necessità di proteggerla. L’uso di materiali provenienti dalla devastazione richiama l’idea che anche dalla distruzione possa nascere qualcosa di straordinario e potente. La scultura attiva un dialogo tra antico e contemporaneo, ridando vita a un simbolo tradizionale in un contesto di forte rilevanza ambientale e sociale. In questo senso, il leone alato diventa emblema di adattamento, capace di affrontare le sfide del presente, tra cui i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità. La sua presenza richiama la forza rigeneratrice della natura e del paesaggio».