Il caso

venerdì 28 Aprile, 2023

L’ombra della mafia dei pascoli. Giudicarie nel mirino

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Secondo la Dia, a Bleggio Superiore e Stenico aziende abruzzesi colpite da interdittive antimafia avrebbero ottenuto indebitamente contributi europei per l’alpeggio del bestiame

Giudicarie esteriori Le indagini sulla mafia dei pascoli lambiscono anche il Trentino e in particolare le Giudicarie Esteriori. È quanto emerge dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) riferita alle indagini svolte nel primo semestre 2022. In quel periodo tre aziende zootecniche con sede legale a L’Aquila sono state colpite da interdittive antimafia per collegamenti con organizzazioni mafiose campane e foggiane. Queste aziende, mediante raggiri sui cosiddetti «pascoli fantasma», avrebbero frodato l’Agenzia erogazioni in agricoltura (Agea) al fine di ottenere indebitamente l’erogazione di contributi comunitari e aiuti pubblici per l’alpeggio e la monticazione dei capi di bestiame in aree montane dislocate in vari territori, tra cui quelli dei Comuni di Bleggio Superiore e Stenico.
Cos’è la mafia dei pascoli
Il tema è quello delle truffe ai fondi dell’Unione europea, erogati nell’ambito della Politica agricola comune (Pac) in base agli ettari di superficie posseduti, al di là della produzione reale. La truffa si verifica quando società fittizie, che sui pascoli non allevano né producono alcunché, diventano destinatarie dei fondi europei. Negli anni vari gruppi criminali hanno fatto a gara per accaparrarsi le risorse economiche destinate alla valorizzazione di pascoli, terreni agricoli e boschi lasciati incolti, soprattutto in montagna, facendo lievitare i costi per i piccoli allevatori locali.
La situazione in Trentino
Il tema in Trentino non è nuovo. Per Giannandrea Mencini, autore di «Pascoli di carta. Le mani sulla montagna» (2021), «in Trentino alcune grandi imprese con allevamenti intensivi in pianura hanno iniziato a procacciare terreni in zone montane innescando un forte incremento dei costi dell’affitto dei pascoli a scapito degli allevatori e malgari locali. Altre aziende, invece, raggiravano la legge facendo passare costoni di roccia, dirupi, sentieri di montagna come terreni di pascolo con cui ottenere i finanziamenti comunitari». Il problema è stato attenzionato anche dalla Commissione parlamentare antimafia della precedente legislatura, recatasi lo scorso maggio in regione per una due giorni di audizioni. Tra le persone sentite, la Commissione ha avuto due colloqui con Lina Calandra, docente dell’università degli studi de L’Aquila che sul tema ha intervistato 1.077 allevatori, per lo più abruzzesi, e Mauro Povinelli, allevatore della Val Rendena. Quest’ultimo ha parlato di «accaparramento dei pascoli da parte di soggetti diversi dagli allevatori locali» e di «società fittizie, non collegate a un’azienda agricola insistente sul territorio» che partecipano alle aste pubbliche per l’affidamento delle malghe. Secondo Povinelli negli ultimi anni si è registrato «un notevole aumento dei canoni di assegnazione delle malghe, a discapito delle piccole aziende zootecniche locali che non possono competere con grandi società agricole, amministrate da soggetti sconosciuti, assistiti da professionisti esperti».
Il «grido di allarme» dell’Unione allevatori Val Rendena
Povinelli non è l’unico allevatore della Val Rendena ad aver sollevato il problema. A giugno 2021 l’Unione allevatori Val Rendena decise in assemblea di non partecipare alla tradizionale festa delle giovenche di razza rendena denunciando «un inedito accentramento di un considerevole numero di malghe nelle mani di pochi soggetti, accentramento accompagnato dall’aumento spropositato dei canoni di affitto. Se fino a qualche anno fa questi fenomeni erano per lo più riconducibili ad aziende di fuori Provincia – scriveva l’Unione in un comunicato – oggi molti di questi episodi portano la firma di persone (talvolta organizzate in plurime società fittizie di prestanome) residenti e attive a livello locale». Il «grido di allarme» degli allevatori restituiva un’immagine drammatica della situazione in valle: «Siamo veramente esasperati e diciamo a gran voce basta».
L’interrogazione di Alex Marini
Alla relazione della Dia ha fatto seguito un’interrogazione depositata mercoledì dal consigliere provinciale di minoranza Alex Marini. In particolare, il pentastellato interroga il presidente della Provincia Maurizio Fugatti «per sapere quali siano gli elementi informativi in possesso in ordine ai provvedimenti interdittivi adottati dal prefetto de L’Aquila nei confronti di soggetti economici che hanno beneficiato di contributi comunitari e aiuti pubblici per l’alpeggio/monticazione dei capi di bestiame in aree montane dislocate tra i Comuni di Bleggio Superiore e di Stenico». Il consigliere chiede inoltre «quali siano i controlli effettuati dalla Provincia per accertare i prerequisiti necessari all’ottenimento del riconoscimento di contributi comunitari e aiuti pubblici per l’alpeggio/monticazione dei capi di bestiame nelle aree montane trentine».