Economia
giovedì 16 Ottobre, 2025
L’Inps fotografa la disparità di genere: una donna su due lavora part time. Il gap con gli uomini? Del 30%
di Gabriele Stanga
E per quanto riguarda la pensione il divario aumenta ancora di più

Cresce la popolazione residente, soprattutto grazie all’immigrazione e cala la disoccupazione. Restano bassi, però i salari e troppo ampio il gender gap. Questa la fotografia del territorio provinciale e regionale scattata dal rendiconto sociale Inps, presentato ieri al Palazzo della Regione di Trento. L’andamento del mercato del lavoro in Trentino è positivo ma sono ancora troppe le differenze di genere: dallo stipendio medio – le lavoratrici, in media, prendono 32 euro al giorno in meno degli uomini, il 30% di differenza – alle pensioni, più basse del 37% per le contribuenti donne nel confronto con quelle degli uomini, fino alla tipologia di contratti. Un dato su tutti: il 47,6% delle lavoratrici dipendenti in provincia di Trento è assunta con contratti part time, ossia circa 31mila donne su 65mila. Praticamente una donna su due è part time, una percentuale anche superiore rispetto alla media regionale e nazionale, rispettivamente del 46,8 e del 44,2%. Al contrario per gli uomini il ricorso al part time si ferma al 9,8%. Una differenza che si ripercuote poi anche su aspettative di carriera e importo pensionistico.
La popolazione
Il primo dato presentato nel report Inps è quello relativo alla popolazione residente: a livello regionale i residenti sono 1819 in più rispetto allo scorso anno. Ciò, però, soprattutto grazie all’afflusso immigrati da paesi esteri, di poco superiore rispetto alla media nazionale. Infatti il saldo naturale (la differenza tra nascita e decessi) è negativo (-1034) ma è ampiamente compensato dal saldo migratorio (+ 2.853), ossia la differenza tra emigrati e immigrati. In provincia di Trento il segno meno è più marcato per quanto riguarda il saldo naturale (-1286), con un saldo migratorio in positivo di 1830 unità (dati relativi al 2023). In questo contesto le entrate contributive sono aumentate del 3,4% a livello regionale e del 3,8% in Trentino, raggiungendo quota 1 miliardo e 365 milioni. Il pil regionale, aggiornato al 2023, è di 57 miliardi, 26 dei quali trentini e 31 altoatesini.
L’occupazione
In lieve calo le assunzioni che su base regionale sono circa 250.956 contro le 251.374 dell’anno scorso Calano soprattutto le assunzioni a tempo indeterminato, mentre aumenta il ricorso a tempo determinato, stagionale e parziale. Diminuisce la disoccupazione che passa dal 2,8 al 2,3% su base regionale, mentre in provincia di Trento si attesta sul 2,7%. Si è ridotta dall’8,8 al 7,7% anche la quota dei Neet, ossia i giovnai tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano.
La retribuzione media è molto più alta a Bolzano che a Trento. In Alto Adige si parla di 117,4 euro al giorno per gli uomini e di 82,7 per le donne, in Trentino di 108,6 e 76,3.
Il divario di genere
Lo spunto di riflessione principale riguarda le differenza di genere: «Anche in Trentino le donne si dividono tra lavoro e compiti di cura – osserva la presidente del Comitato Inps di Trento, Elisabetta Pecoraro – gli stipendi e le pensioni sono più basse, senza contare che viene raggiunta in età più avanzata rispetto ai colleghi uomini per via della discontinuità lavorativa. Inoltre è maggiore l’occupazione part time, che si assesta su livelli alti». «Il part time è molto utilizzato dalle donne – concorda il direttore provinciale Claudio Floriddia – in Provincia di Trento parliamo del 47,6%, quindi una donna su due, mentre per gli uomini il dato è di uno su 10. Il trentino ha poi un divario pensionistico tra i due generi del 37% più alto rispetto al 32,5 di media nazionale. Il 51% delle pensioni sono erogate a donne ma le pensioni femminili rappresentano solo il 44% del reddito pensionistico provinciale».
«Su questo influiscono oltre alla minor presenza di donne in posizioni apicali anche l’interruzione del lavoro, e il part time non volontario che non consentono alle donne di avere una continuità lavorativa tale da avere avanzamenti di carriera e costruirsi una pensione paragonabile a quella dei colleghi uomini. Inoltre, tra le donne oltre al part time, sono più diffusi anche lavori stagionali e a tempo determinato. I compiti di cura, infine influiscono anche sulla disoccupazione: il 61% delle domande arrivate nell’ultimo anno erano femminili».