l'editoriale
martedì 9 Dicembre, 2025
Le prospettive delle stablecoin
di Andrea Fracasso
A differenza delle criptovalute le stablecoin non sono emesse in quantità predeterminate e il loro prezzo non varia con le fluttuazioni della domanda (piuttosto, eventualmente, con il valore delle riserve).
In questi giorni è stata annunciata la costituzione del consorzio Qivalis, una joint venture di dieci banche europee (tra cui Unicredit e Sella) impegnata a lanciare nella seconda metà del 2026 una stablecoin bancaria europea denominata in euro. Il quadro normativo di riferimento, si veda il Regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-Assets) del 2023, è piuttosto avanzato e sostanzialmente completo per quanto concerne le emissioni di stablecoin al pubblico. La costituzione di Qivalis mostra l’interesse e gli investimenti di molti attori europei in questo settore. Verosimilmente, altre iniziative seguiranno presto.
Sebbene le stablecoin siano disciplinate in modo diverso nelle varie giurisdizioni, alcuni tratti le accomunano e le distinguono dalle criptovalute. Le emissioni di stablecoin devono avere una piena copertura (in depositi bancari e/o titoli altamente liquidi) per garantirne la rapida conversione in moneta con corso legale. Gli emittenti privati di stablecoin, quindi, devono investire la liquidità ricevuta in depositi o titoli sicuri e facilmente vendibili sul mercato, denominati nella stessa valuta della liquidità ricevuta. Al contempo, possono trattenere, entro i limiti regolamentari, gli interessi sui titoli acquistati.
A differenza delle criptovalute, le stablecoin non sono strumenti di investimento per cercare un guadagno finanziario. Il valore delle stablecoin, lo dice il nome, deve essere stabile e ancorato al valore dei titoli sottostanti comprati con la liquidità fornita dai risparmiatori. A differenza delle criptovalute, infatti, le stablecoin non sono emesse in quantità predeterminate e il loro prezzo non varia con le fluttuazioni della domanda (piuttosto, eventualmente, con il valore delle riserve).
Chi acquista stablecoin non percepisce interessi e non può sperare in guadagni in conto capitale. L’uso di una stablecoin, quindi, è motivato dalla convinzione che questo strumento di pagamento sia più adatto o economico per svolgere attività transazionali rispetto ai bonifici tra conti correnti, alle carte prepagate o ai circuiti di pagamento digitali connessi a carte di credito e conti correnti. Questo è possibile perché le stablecoin sfruttano la tecnologia blockchain che consente lo sviluppo di sistemi di finanza decentralizzata, più economici e rapidi da utilizzare per il trasferimento di risorse (anche a livello internazionale), per le transazioni che coinvolgono altri investimenti digitali (come criptovalute o token), per la mobilizzazione anonima di risorse finanziarie (e, per gli Stati, per lo stoccaggio di riserve in valuta estera senza detenere titoli di Stato o banconote).
I rischi connessi alle stablecoin sono più limitati delle criptovalute, ma non sono assenti, al contrario di quanto il loro nome suggerisca. In primo luogo, come sempre avviene quando dei privati sono coinvolti nell’emissione di mezzi di pagamento privati, ci sono rischi legati alla solidità patrimoniale e alla corretta condotta da parte degli emittenti. Negli ultimi due anni, per esempio, alcuni osservatori hanno eccepito in merito all’adeguatezza della condotta e alla scarsa trasparenza di alcuni importanti emittenti americani di stablecoin. In generale, la storia secolare delle valute private è costellata da emittenti che si rivelano meno affidabili del previsto.
La Federal Reserve americana è stata creata a inizio del Novecento, anche in risposta all’instabilità legata all’emissione di valute private da parte delle banche collocate nei diversi Stati americani e in assenza di una banca centrale federale.
Regolamentazione, supervisione e reputazione possono alleviare i rischi derivanti da una cattiva condotta da parte di singoli emittenti di stablecoin. Ma anche in assenza di quest’ultima, alcune problematiche esistono. In primis, il valore dei titoli tenuti a garanzia non è stabile. In presenza di rapide e ampie variazioni dei tassi di interesse, infatti, il prezzo dei titoli di Stato (anche a breve termine) può scendere rapidamente. Questo è quanto accaduto prima della Crisi finanziaria globale del 2007 e anche all’inizio del 2023 (si ricordino le difficoltà delle banche della Silicon Valley). Se gli emittenti di stablecoin dovessero tutti insieme cercare di vendere i titoli per recuperare la liquidità necessaria a rimborsare la valuta emessa, essi potrebbero accusare delle perdite e, se da questo iniziasse una crisi sistemica, non essere in grado di garantire la conversione. Dato che gli emittenti di stablecoin non sono soggetti a vigilanza bancaria e, a differenza delle banche commerciali, non possono accedere ai prestiti della Banca centrale, i rischi di illiquidità sono maggiori e più simili a quelli dei fondi e delle banche di investimento. Dal punto di vista sistemico, inoltre, si sa ancora poco su come si comporteranno acquirenti ed emittenti di stablecoin nei periodi difficili, di deflazione, alta inflazione, bassa liquidità, alta tensione nei pagamenti internazionali, eccetera. Né si sa come funzioneranno le piattaforme digitali in periodi di grande stress. È poco noto anche l’impatto delle stablecoin sui depositi nei conti correnti, e quindi sul funzionamento del sistema bancario tradizionale e sulla trasmissione degli stimoli della politica monetaria.
Due gli insegnamenti. Le stablecoin offrono opportunità, ma comportano rischi, sia individuali sia sistemici. Una consapevolezza necessaria al legislatore nel definire regolamentazione e monitoraggio, ma anche ai singoli risparmiatori che potrebbero essere confusi dal termine «stable» nel nome di queste valute digitali.
Il quadro normativo europeo è stringente (anche se non del tutto completo per gli usi all’ingrosso), ma è diverso da quello americano e in competizione con esso. Gli americani puntano ad ampliare l’emissione di stablecoin in dollari per aumentare la domanda internazionale di debito pubblico americano (detenuto a riserva e garanzia delle stablecoin in dollari) e per estendere l’influenza del dollaro sui sistemi di pagamento digitali nel mondo. Questo spinge l’Europa ad attivarsi in questo ambito, nonostante le perplessità sui rischi derivanti dall’uso inappropriato di questi strumenti (riciclaggio, transazioni irregolari, eccetera) e sui loro effetti sistemici, in particolare sul settore bancario tradizionale, di cui si è detto.
L’attesa emissione da parte della Bce di un euro digitale con corso legale si colloca in questo quadro. L’euro digitale non presenta i rischi di credito e liquidità delle stablecoin, ma non consente alcuni tipi di operazioni, né sembra destinato a essere usato per pagamenti e trasferimenti di elevato importo (al fine di non fare pressione sui conti correnti nelle banche). Il quadro a venire sembra, quindi, prevedere la circolazione di più valute digitali, con o senza corso legale, con cui è utile iniziare a prendere confidenza.
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