L'intervista
domenica 9 Novembre, 2025
«L’affitto turistico è un motore economico, servono regole»: il fondatore di Holidu difende il settore
di Simone Casciano
Il fondatore del portale, Johannes Siebers: «Il settore è molto criticato ma portiamo molta ricchezza sul territorio»
Da Steve Jobs e Steve Wozniak che progettano il primo Apple in un garage, a Zuckerberg che programma Facebook dalla sua camera nel dormitorio di Harvard, sembra che ogni start up di successo abbia un inizio a metà tra la realtà e la leggenda. Anche Holidu non fa eccezione. Tutto è iniziato con una semplice esigenza: andare in vacanza senza complicazioni. Per i fratelli Johannes e Michael Siebers, trovare la casa perfetta sembrava un’impresa: offerte sparse su decine di siti, prezzi difficili da confrontare, informazioni incomplete. Da quell’idea nata davanti a un computer, nel 2014 a Monaco di Baviera, è nato Holidu: oggi uno dei principali portali di case vacanze al mondo, capace di aggregare milioni di annunci e di registrare quasi 150 milioni di ricavi nel 2024. Un piccolo sogno familiare trasformato in un colosso dell’intermediazione turistica. Se la crescita del mercato dell’affitto turistico è stata una buona notizia per Holidu, per le città e le località turistiche è stata una bomba capace di far esplodere i ricavi per i proprietari, ma anche di generare un’emergenza casa a cui ancora non si trova risposta per i residenti. Un difficile equilibrio, che il fondatore di Holidu Johannes Siebers dice è «fondamentale trovare».
Siebers quanto è grande per voi il mercato italiano? Quanto il Trentino-Alto Adige?
«Il mercato italiano è il nostro secondo più grande dopo la Spagna e rappresenta probabilmente circa il 25% del nostro giro d’affari. All’interno dell’Italia, il Trentino Alto Adige è la nostra area principale: siamo partiti proprio da qui sei anni fa e, soprattutto, è una delle poche zone con stagioni turistiche molto lunghe. I turisti arrivano in estate, in inverno, in autunno, e stiamo ricevendo prenotazioni anche a novembre. Per questo motivo, il Trentino Alto Adige rappresenta circa il 30% del nostro mercato italiano».
Che anno è stato per Holidu?
«È stato un anno di transizione, innanzitutto per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Ci stiamo chiedendo come possiamo utilizzarla per migliorare i nostri processi interni e, allo stesso tempo, come possiamo metterla a disposizione dei nostri host. Credo che non si debba avere paura della tecnologia, ma saperne cogliere le opportunità. Nonostante ciò, è stato comunque un anno di successo, anche in Italia, dove il Cin ha causato un calo temporaneo degli appartamenti disponibili. Quelli che sono rimasti online hanno performato molto bene e abbiamo registrato una crescita a doppia cifra dei ricavi, anche senza un corrispettivo aumento del numero totale degli host».
In che modo state integrando l’intelligenza artificiale nel mondo dell’affitto turistico?
«A livello aziendale, l’intelligenza artificiale ci aiuta a programmare meglio i nostri sistemi informatici e a farlo in modo più veloce ed efficiente. Per quanto riguarda gli host, stiamo lavorando su più fronti. La prima applicazione è un assistente virtuale, un chatbot, a cui il proprietario può chiedere tutte le informazioni relative alla sua proprietà: le statistiche, come sta andando, suggerimenti per migliorare e aumentare le prenotazioni, e anche i dati del mercato circostante. La seconda applicazione, su cui abbiamo investito molto, serve per gestire i ricavi e applicare il prezzo dinamico, in modo che sia preciso e automatico. Infine, stiamo investendo nella comunicazione con il cliente, per automatizzare contatti, proposte e risposte a domande degli ospiti».
Il 2025 è stato forse l’anno in cui la critica all’affitto turistico si è fatta più forte. Cosa ne pensate?
«Quando gli ospiti vengono a trascorrere una vacanza in un affitto turistico, spendono una quota equivalente a quella che spenderebbero per il pernottamento in altri servizi della città: bar, ristoranti, supermercati, trasporti. Questa spesa genera una ricchezza diffusa, mantenendo tante professionalità, non solo quelle direttamente coinvolte nell’affitto turistico. Questo aspetto spesso non viene considerato, ma secondo me è importante sottolinearlo. È diverso dalla vacanza in hotel: chi sceglie un albergo trova servizi concentrati nella struttura, mentre la ricchezza generata da chi sceglie un affitto turistico si diffonde sul territorio. In Alto Adige, ad esempio, ci sono circa 8.000 appartamenti in affitto turistico, di cui 3.500 in fattorie o zone rurali, completamente fuori dalle zone di pressione abitativa. Comprendiamo le problematiche e le critiche mosse nelle città, e per questo abbiamo sempre voluto essere presenti sul territorio. Abbiamo uffici a Bolzano e Verona, con professionisti del posto, e siamo molto attenti a rispettare le regole. Un esempio concreto: quando il Cin è diventato obbligatorio, abbiamo tolto dai portali tutti gli appartamenti non ancora a norma fino a quando non hanno ottenuto il certificato. In Trentino Alto Adige non è stato un problema perché eravamo già pronti con il Cipat, ma in altre regioni come Toscana, Sicilia e Puglia abbiamo dovuto rimuovere il 20-30% degli appartamenti. Ci siamo messi in regola prima di riattivare le strutture. Così intendiamo il nostro lavoro».
Vi preoccupano di più le tasse o la burocrazia?
«Credo che il 99,9% dei nostri host siano persone corrette che vogliono fare un po’ di ricavi ed essere in regola. Sono più preoccupati dai continui cambiamenti delle regole, perché non sono esperti e questo può generare stress. Certo, fa parte del nostro lavoro aiutarli e guidarli in questi cambiamenti, che negli ultimi tempi sono stati numerosi. Per quanto riguarda la tassazione, non so se aumentare il carico fiscale porti a risultati migliori, non sono sicuro. Penso che serva una fiscalità equilibrata, giusta sia nei confronti degli host sia delle altre aziende, ma non spetta a me decidere quale sia l’aliquota corretta».
L’assessore al turismo del Trentino ha detto che per molte famiglie l’affitto turistico è ormai un lavoro: i vostri dati lo confermano? È sostenibile come professione?
«Per molti dei nostri host, l’affitto turistico rappresenta una parte importante dei loro guadagni, ma non l’unica fonte di reddito. Molti hanno un altro lavoro o un’attività imprenditoriale. Ci sono ovviamente quelli per cui è una vera e propria professione: magari in una coppia un partner lavora e l’altro gestisce le proprietà. In media, ogni host qui ha tre appartamenti, e questo dato ha un significato importante. Guardando al futuro, credo che tra 10-15 anni l’intelligenza artificiale semplificherà molti aspetti della nostra vita e del nostro lavoro, permettendoci di avere più tempo libero. Ciò che però non ci toglierà mai è il desiderio di viaggiare e scoprire posti nuovi. La crescita del settore continuerà, rendendo l’affitto turistico un buon mercato e, di conseguenza, un’opportunità valida per chi vuole farne la propria professione».