Università

martedì 17 Ottobre, 2023

La ministra Bernini a Trento gela l’università: «Ateneo in rosso? Non ci saranno risorse aggiuntive»

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La senatrice di Forza Italia e ministra in visita a Rovereto: «Il Trentino già soddisfatto con il Pnrr. Medicina? Amplieremo i posti. Specializzazioni mediche, bisogna creare un nesso con l’ultimo periodo del corso di laurea».

In visita a Rovereto a sostegno della campagna elettorale di Forza Italia, ieri pomeriggio la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini non si è sottratta a uno dei nodi più delicati del Trentino: il bilancio in rosso dell’ateneo. E nell’affrontarlo, di certo non ha peccato di sincerità. Avrebbe potuto promettere risorse e invece ha detto chiaramente che non sono previsti soldi in più da parte dello Stato. Anzi, «l’Università è stata già soddisfatta con i fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza)», ha spiegato a margine dell’incontro, alla Stube Viennese, con i candidati, fra cui il coordinatore trentino del partito Giorgio Leonardi, e l’assessore provinciale all’università Mirko Bisesti. Questa mattina la ministra farà visita prima alla Libera Università di Bolzano (Lub) e poi all’Università di Trento. «Vedremo cosa ci dicono», ha concluso Bernini, vice coordinatrice di Forza Italia.
Su Rovereto, tra l’altro, l’Opera universitaria — ente strumentale della Provincia — è in attesa di una risposta per la richiesta di finanziamento del nuovo studentato all’ex Asilo della Manifattura Tabacchi: 21,6 milioni sui 31,6 totali previsti per la realizzazione di 208 posti letto. Ma su questo fronte non sono arrivati aggiornamenti rilevanti: si è ancora in una fase di stallo.
La ministra punta molto, invece, sui 67mila posti «virtuali» censiti tramite le manifestazioni di interesse raccolte negli ultimi mesi. Nei prossimi mesi uscirà il bando per le domande di finanziamento. In Trentino sono risultati «idonei» 1.181 posti letto, fra strutture private e pubbliche (il T del 13 ottobre).
Ma in Trentino la partita più delicata, o quantomeno la più urgente, è quella del bilancio dell’Università. L’ateneo ha già chiuso il 2022 con un buco di 4 milioni di euro. Non era mai successo in sessant’anni di storia. E per il 2023 si stima una perdita di 15-20 milioni.
In Trentino, per effetto dell’autonomia speciale, non è lo Stato, ma è la Provincia che, dal 2012, finanzia le spese di funzionamento ordinario dell’università: 111 milioni l’anno. L’ateneo chiede più risorse perché negli ultimi dieci anni le altre università italiane hanno visto un incremento degli omologhi fondi statali. La Provincia, a sua volta, è intenzionata a chiedere un aumento del «rimborso» che riceve ogni anno da Roma per l’esercizio della delega.
Ma ieri, appunto, non sono arrivate buone notizie. «Rinegoziazione delle risorse? Al momento non è in vista. Immagino che tutti siano interessati a rinegoziare perché significa che paghiamo noi», ha dichiarato la ministra, che poi ha aggiunto: «Io ho già dato 50 milioni come Pnrr all’Università di Trento. Domani (oggi, ndr) li andrò a trovare e sentiamo che cosa mi dicono. Però sono stati soddisfatti nelle loro richieste e nelle loro aspettative. Per carità, ognuno può legittimamente chiedere di più, ma lo dovranno motivare», ha concluso. Per ora, dunque, non sembra che ci siano spiragli.
Nel suo dialogo con i candidati di Forza Italia la ministra si è soffermata anche sui temi legati al corso di laurea in Medicina e Chirurgia. «In Trentino abbiamo la Scuola di Medicina grazie al centrodestra», ha ricordato Leonardi. «Noi siamo per un’apertura progressiva dei posti — ha spiegato Bernini — Nei prossimi 6 anni vogliamo arrivare a 33mila nuovi posti. Dopodiché stiamo lavorando sulle specializzazioni. Stiamo cercando di creare un vincolo tra l’ultimo periodo del corso di laurea e la scuola di specializzazione per dare continuità al percorso formativo».
Sollecitata sull’importanza di atenei diffusi sul territorio, a Rovereto nel caso specifico, la ministra ha spiegato che «il più delle volte tendo a disincentivare questo iter. Dipende — ha spiegato — da quanto il territorio è in grado di reggere la delocalizzazione: se è solo una questione politica suggerisco di non farlo, se invece ci sono delle specificità di settore e ci sono abbastanza studenti, va bene».