La storia

venerdì 19 Dicembre, 2025

La maestra Nelli in pensione dopo quasi 40 anni di scuola: «Ho iniziato a lavorare in banca, ma non mi piaceva. I bambini? Sono attentissimi, notano tutto, anche se cambi il rossetto»

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Originaria di Roma, Maggio ha iniziato a Grumes per poi concludere all'asilo di Maso Ginocchio di Trento: «Quando l'ho detto sono rimasti sorpresi. Mi hanno risposto "non sei una nonna"»

«Ho sempre desiderato fare la maestra». Contenta, ma con un pizzico di dispiacere, la maestra Nelli Maggio della scuola dell’infanzia Maso Ginocchio-Collodi, sezione verde, dopo diciannove anni di servizio lascia i suoi bambini per andare in pensione. Lo fa con la serenità di chi ha dato molto e con l’emozione di chi lascia un pezzetto di sé in aula. Originaria di Roma, trentina adottata, diplomata alla scuola magistrale, una laurea in giurisprudenza mai diventata professione, Nelli ha attraversato scuole e generazioni di bambini. Da Grumes nel 1999 a Maso Ginocchio dal 2006 a oggi, passando per molte realtà diverse, ha sempre portato in ogni scuola lo stesso modo di stare in classe: passione, ascolto, creatività. «È difficile contare quanti bimbi ho avuto, ma i nomi li ricordo tutti».

Maestra Nelli, cosa prova andando in pensione?
«Sono contenta per me e per la mia famiglia, allo stesso tempo è difficile lasciare i bambini. È la parte più faticosa di questo momento».

Ha sempre voluto insegnare nella vita?
«Sì, ho sempre desiderato fare la maestra. Sono figlia di insegnanti, in qualche modo il mio percorso era già segnato. Anche quando ho preso la laurea in giurisprudenza, sapevo che non era quello che volevo fare davvero. Da piccola giocavo con mia sorella a fare la maestra».

Ha avuto altre opportunità professionali.
«Sì, ho lavorato anche in banca, ma non era la mia strada. Il fatto è che mi sono sempre piaciuti i bambini, la loro spontaneità».

Cosa significa per lei essere maestra?
«Preparare i bambini alla vita di domani, renderli capaci di sopportare i no, di sognare, di stare insieme, di essere creativi».

Il suo percorso professionale è iniziato ventisei anni fa in Trentino.
«Quando mi sono trasferita da Roma. Ho girato diverse scuole, a Grumes ho vissuto un periodo importante. Poi Maso Ginocchio».

In base alla sua lunga esperienza, cosa rende davvero bella una scuola?
«È bella quando si lavora bene con le colleghe, quando c’è confronto. A Maso Ginocchio con la collega di sezione è stato così. Lo stare insieme, sperimentare, giocare. Negli anni Settanta era molto diverso, ma certi valori restano».

Un ricordo che porterà con sé di questi diciannove anni?
«L’immagine dei bambini che ti abbracciano e quasi ti buttano per terra. La loro capacità di attenzione, si accorgono di tutto: se metti il rossetto, se sei diversa. Ma ce ne sono tanti».

Tipo?
«L’attenzione che mi prestavano quando raccontavo le storie. Racconti semplici, ma veri della mia infanzia».

E con un libro ha salutato i suoi bambini.
«Sì, ho regalato loro “Per te vorrei”. L’ho letto per fargli capire che sarei andata via. Ho detto loro: “sono vecchietta”. E loro rispondevano: “Non sei una nonna”. Mi hanno regalato un libricino pieno di disegni per salutarmi».

E adesso?
«Dedicherò del tempo alla mia famiglia e alle mie passioni come dipingere e andare in palestra. Ma Maso Ginocchio rimarrà con me».