Il processo
domenica 2 Novembre, 2025
La figlia 20enne dei suoi amici lo denuncia per abusi sessuali ma si contraddice: 60enne assolto
di Benedetta Centin
Il gup ha assolto l'uomo «perché il fatto non sussiste»
È tra i peggiori incubi di chiunque essere accusati di gravi reati dalle persone che consideriamo amiche e a cui teniamo. Lo sa bene un 60enne trentino. Lui quell’incubo lo ha dovuto affrontare per due anni, da quando cioè si è trovato indagato dalla Procura di Trento con la pesante ipotesi di violenza sessuale aggravata nei confronti della figlia di amici. Una ragazza che ha visto crescere e che lo chiamava «zio», che lo considerava quindi uno di famiglia. Era il 2023 quando lo ha accusato di averla molestata sessualmente, in modo esplicito. Allora la ragazza aveva denunciato ai carabinieri un unico episodio, a suo dire avvenuto quando lei e il sessantenne erano scesi in cantina a prendere il vino durante una cena tra amici che i genitori di lei avevano organizzato a casa. Solo in un secondo momento aveva integrato la denuncia riferendo di precedenti episodi di toccamenti e abusi, secondo la sua versione avvenuti quando lei era minorenne e quello «zio» acquisito si incontrava con i suoi genitori per un pranzo o una cena, a casa o altrove. Accuse pesantissime che secondo la Procura dovevano valere una condanna a sei anni di reclusione. Ma invece l’imputato è uscito a testa alta dal processo con rito abbreviato in cui la giovane si era costituita parte civile per ottenere un risarcimento danni. Il giudice per l’udienza preliminare ha infatti assolto il trentino «perché il fatto non sussiste». Non c’era infatti prova della sua colpevolezza «oltre ogni ragionevole dubbio». La ragazza — presunta parte offesa — si era infatti contraddetta nelle sue dichiarazioni ed erano emerse incoerenze nella versione che aveva fornito. E poi non sono stati trovati indizi o prove logiche che confermassero la sua denuncia, quelle accuse rimaste comunque nel generico. Ancora non sono emersi riscontri, nemmeno esterni, ai suoi racconti. Tra l’altro l’unico testimone citato dalla giovane che avrebbe dovuto confermare le sue dichiarazioni l’ha invece smentita. Altro aspetto determinante il comportamento assunto dalla denunciante: incompatibile con quello di chi avrebbe subito abusi sessuali. Abbastanza, questo, per mandare in frantumi l’impianto accusatorio. Se è vero infatti che quello «zio» aveva cercato con lei un approccio sessuale, un contatto fisico, con tanto di baci, quando erano scesi in cantina, tra l’altro su invito della stessa, perché allora andarsi a sedere nuovamente vicino a lui a tavola una volta tornati in soggiorno dagli altri? E perché stampargli un bacio sulla guancia al momento dei saluti? Appare alquanto anomalo anche il fatto che lo abbia confessato al padre una volta tornata a tavola, eppure la cena è proseguita come se nulla fosse. Quanto poi agli abusi denunciati in un secondo momento, se è vero che sono avvenuti quando era ancora un’adolescente, perché continuare negli anni a frequentare quell’amico di famiglia, tenere i contatti con lui, farsi foto assieme abbracciati e appunto andarsi a sedere vicino a lui? Tutte circostanze, queste, che hanno determinato l’assoluzione del sessantenne. La fine di un incubo. Una vicenda processuale ma anche umana che ha portato a una rottura tra lui e i suoi amici, i genitori della ragazza, e questa stessa, con cui aveva un rapporto di affetto, ma quello che potrebbe esserci tra zio e nipote, si è sempre difeso. Aveva anche mostrato delle foto in cui era abbracciato alla giovane. Foto scattate dalla stessa che gli aveva anche confessato che lui era stato il suo primo amore quando era piccola. Per l’uomo c’era affetto sì, come risulta anche da alcuni messaggi che le aveva inviato, ma nessun comportamento o atteggiamento di natura sessuale. Quello l’ha sempre negato.