L'editoriale

martedì 16 Dicembre, 2025

La classifica delle scuole e il risultato (inaspettato) dei licei «di provincia»

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Eduscopio non classifica le «scuole migliori», spiega Maria Prodi, ma semma le scuole «con studenti migliori»

Eduscopio non classifica le scuole migliori, ma semmai le scuole con gli studenti migliori. La famosa indagine della Fondazione Agnelli compara i licei in base agli esiti universitari dei suoi ex studenti, sia in base alla quantità dei crediti che ai voti ottenuti negli esami universitari successivamente al diploma.
Una buona parte del successo di una scuola è dato dall’autoselezione in partenza, legata alle prevedibili difficoltà ma anche agli stereotipi proiettati sui singoli indirizzi e singoli istituti. Se i giocatori di basket sono mediamente alti non è perché crescano in altezza a causa del gioco, ma perché si concentrano nella pratica della pallacanestro i ragazzi alti.

L’utenza di una scuola fornisce sostanzialmente il livello medio di abilità, conoscenze e motivazione allo studio su cui i docenti possono lavorare. E i docenti non contano nulla? Certo che contano tantissimo, ma non è l’istituzione scolastica a chiamarli: si distribuiscono nelle scuole in base alle disponibilità di posti e in base alle proprie scelte logistiche e professionali. Un dirigente scolastico, per quanto efficace, non ha alcun potere di attrarre insegnanti in gamba; semmai può respingere altrove insegnanti bravi, se non fa bene il suo mestiere (bisognerebbe chiedersi il perché di certe fughe di massa…). Fornire un contesto in cui chi insegna possa esercitare la propria sapienza e creatività didattica in buona armonia coi colleghi è già molto, nella struttura della scuola italiana.

Tornando a Eduscopio: l’indagine permette di confrontare gli esiti universitari e quelli lavorativi, ma il discorso sui secondi è troppo complesso e per adesso lo accantoniamo. Limitandoci alla prima indagine lo scopo sarebbe quello di calcolare quale è la scuola, appartenente allo stesso territorio, in cui è meglio iscrivere i figli, pensando al livello della preparazione necessaria per proseguire gli studi nel segmento universitario. Il presupposto è che la scuola con esiti migliori sia la migliore, il che non è detto: nella scuola conta il risultato incrementale, il valore aggiunto, cioè quanto riesca a far crescere i suoi studenti, non tanto quanto siano bravi all’inizio. E se anche fosse la migliore, nel senso della più selettiva, non è detto sia anche la più adatta. Una competizione accesa, come capita in alcuni licei elitari, può far bene a chi è un po’ pigro e ha bisogno di scuotersi dalla faciloneria, ma può fare molto male a chi per sviluppare le sue potenzialità ha bisogno di vivere un clima sereno, collaborativo e poco ansiogeno. La concentrazione di studenti molto dotati può essere stimolante, ma può anche fornire una percezione umiliante e fallimentare delle proprie capacità. Percezione che distoglie dal lavoro efficace, soprattutto se focalizzata dai docenti su target nozionistici e non di sostanza.
Un altro limite è che, pur prevedendo coefficienti relativi al grado di difficoltà dei corsi di laurea, non si tiene conto della forte variabilità fra sedi universitarie, anche restando sullo stesso tipo di corso. Come accade per le scuole, lo stesso voto ha un significato molto diverso fra università più rigorose e altre con standard di valutazione più alti. Portare a casa un trenta a un esame, nello stesso corso di laurea, in alcuni atenei è più difficile che in altri. Quindi il punteggio assegnato è influenzato dalla larghezza dei voti degli atenei del territorio, se le iscrizioni si concentrano almeno in parte localmente.

Eduscopio confronta fra di loro scuole con gli stessi indirizzi, cosa che può alimentare in ogni provincia divertenti chiacchiere da sala insegnanti sugli scivoloni degli istituti più pretenziosi, o l’ascesa dei meno considerati. È interessante comunque il fatto che gli istituti di piccole cittadine di provincia spesso battano i licei blasonati del centro di grandi città. Bisognerebbe studiare questo fenomeno, magari utilizzando anche i dati Invalsi: come mai in contesti più decentrati, dove l’utenza non si distribuisce fra più istituti e dove spesso si carica di pendolarismi, si ottengano risultati migliori che nei licei selezionatissimi dei grandi centri urbani.
Ma è certo che lo strumento Eduscopio, confrontando solo indirizzi analoghi, non aiuta ragazzi e famiglie a scegliere l’indirizzo giusto.

E quindi, tornando alla realtà, le fatiche dei ragazzi in uscita dalla terza media e delle loro famiglie devono restare concentrate su una considerazione dei talenti, dei gusti e delle propensioni dell’alunna o alunno, per capire prima di tutto a quale tipo di scuola rivolgersi. Non si può fare scuola controvoglia, e soprattutto quando la scuola avvia al lavoro, non si può sforzarsi di fare un lavoro sgradito per tutta la vita. Quindi è importante per lo studente capire chi è davvero, al di là delle influenze familiari e degli amici. Però è altrettanto fondamentale capire come è fatto il mondo del lavoro: ci sono lavori che nascono e lavori che scompaiono a una velocità mai vista. La tecnologia sta sostituendo intere filiere e settori (pensiamo al mondo della traduzione, travolto dal ciclone della IA).

Fondamentale è anche capire il proprio funzionamento: esistono percorsi formativi più astratti e altri più laboratoriali, più lunghi e più brevi, più centrati sull’esattezza o sulla sensibilità artistica.
Non ci sono percorsi facili o difficili, ma percorsi adatti o non adatti. Il compito di ciascun percorso è di essere abbastanza difficile da spingere a dare il meglio di sé e abbastanza facile perché con l’impegno si possa raccogliere soddisfazione e fiducia nel futuro.

*Dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo del Primiero